Arrestato il camorrista di underworld. Il padrino-fantasma che si era illuso di poter sfuggire alle manette vivendo nel sottosuolo è stato costretto a venire alla luce. Ha abbandonato il bunker mimetizzato dietro il box doccia di un anonimo appartamentino di Francolise (Caserta), ha consegnato i polsi alla polizia e si è fatto ammanettare. È finita così la fuga dell’ultimo dei Casalesi, Massimo Di Caterino, braccio destro di Michele Zagaria e reggente di quell’armata in sfacelo che si chiama mafia casertana. Il blitz all’alba, la passione per i bunker sotterranei Sapevano, gli investigatori che gli davano la caccia dal 31 marzo 2010, che l’uomo era furbo e spregiudicato. Inseguito da un mandato di cattura per associazione camorristica, estorsione e favoreggiamento personale, Di Caterino si è sempre mosso con grande circospezione in questi mesi, evitando contatti telefonici «scottanti» e incontri con affiliati noti alle forze dell’ordine. Non è un caso, infatti, che nell’abitazione siano stati trovati un’avanzatissima strumentazione anti-intercettazioni e un imponente impianto di videosorveglianza per il controllo del rione. Strumenti di difesa che non sono stati sufficienti a impedire l’irruzione all’alba degli agenti della Mobile di Caserta nella palazzina di via Roma. Che a lui sono arrivati pedinando la moglie, Marianna Zara. Sapevano come cercarlo (scavando sottoterra), ma non dove. A ottobre, gli investigatori c’erano andati vicini con la scoperta di un rifugio di «prima accoglienza» a San Cipriano d’Aversa, uno dei «feudi» del boss Zagaria. Al covo, che si trovava nell’appartamento di proprietà del fratello di un ergastolano dei casalesi, si accedeva attraverso un blocco di cemento piastrellato, posto su binari scorrevoli, aderente al muro grazie a potenti calamite. Una tana di fortuna, come quella rinvenuta un mese dopo nel garage di un imprenditore. Una buca nel terreno occultata sotto la pavimentazione con sistema di aerazione e illuminazione. I costruttori di tunnel a libro paga dei clan, il pizzino del boss D’altronde, anche il suo capo Michele Zagaria è stato arrestato dalla polizia il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza in un monolocale sotterraneo, dotato di ogni tipo di comfort, che per sfondarlo dovette arrivare una ruspa da un cantiere di Napoli. Di Caterino si è accontentato di molto meno: al momento della cattura aveva in tasca 10mila euro e una pistola calibro 7.65. Nient’altro. Il bunker è stato perquisito dagli agenti sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Federico Cafiero De Raho e del pm Catello Maresca. Un nascondiglio abbastanza semplice, nella sua struttura, eppure particolarmente efficace. D’altronde, le informative dell’Antimafia raccontano che i gruppi criminali più potenti e ricchi della Campania hanno deciso di stipendiare esperti di costruzioni sotterranee per poter avere sempre a disposizione invisibili vie di fuga. Dispositivi di difesa particolarmente frequenti nel Casertano e tra Secondigliano e Scampia, i quartieri-ghetto dei trafficanti. Dove i carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna ritrovarono un pizzino con cui un capo camorra dettava ai suoi «picciotti» gli ordini per la costruzione del bunker perfetto: «Aggiustare scantinato, mettere al posto della botola il pavimento scorrevole vecchio, completo di binari e motore e ricoprire il lato del sottoscala dove sta il motore con gittata di cemento armato». E ancora: «Fare lavori di ristrutturazione, abbassare il livello del corridoio, fare una camera in più e allungare il bagno, fare cucina a muratura con piano cottura e forno, fare divano, mobili e letto, insomma tutto dal falegname su misura… fare sistema di areazione (sic) in tutte le camere mettere aria condizionata e cambiare telecamera all’interno, fissare altro monitor con telecamera nel tunnel… mettere parquet in tutte le stanze (e qui il capoclan specifica, a scanso di equivoci: cioè, pavimenti in legno, ndr) e fare anche discesa scale». Il tutto per soli 30mila euro.