Il duro attacco della figlia del giudice ucciso nel 1992: “Magistrati hanno sbagliato a Caltanissetta con comportamenti contro la legge che ad oggi non sono mai stati perseguiti”. La replica: “A vergognarsi devono essere altri, non io…”
Da una parte Fiammetta Borsellino. Dall’altra il pm Nino Di Matteo. Sullo sfondo la relazione della Commissione regionale antimafia dell’Ars in merito al depistaggio relativo alle indagini sulla strage di via D’Amelio. “”Mio padre è stato lasciato solo, sia
da vivo che da morto. C’è stata una responsabilità collettiva da parte di magistrati che nei primi anni dopo la strage – ha detto Fiammetta Borsellino – hanno sbagliato a Caltanissetta con comportamenti contra legem e che ad oggi non sono mai stati perseguiti né da un punto di vista giudiziario né disciplinare”.
La Commissione Antimafia: “Depistaggi dei servizi segreti”
E’ durissimo l’attacco di Fiammetta Borsellino ai magistrati che indagarono per primi sulla strage di via D’Amelio. “Chi ha lavorato nel periodo del depistaggio non ha capito nulla di mio padre. Non è accettabile che magistrati come Ilda Boccassini, Nino Di Matteo e la signora Palma, si siano sottratti alle audizioni della Commissione regionale antimafia. E’ una vergogna”.
Un attacco che ha scatenato la forte reazione del pm della Direzione nazionale antimafia Antonino Di Matteo: “A vergognarsi devono essere altri, non io… Io non ho ritenuto di accettare l’invito per l’audizione innanzi a una Commissione regionale antimafia che non ha i poteri e le competenze per potersi occupare di un argomento così delicato e complesso – spiega il pm Di Matteo all’Adnkronos -. Sulle inchieste per le stragi del ’92, sulle quali la Commissione regionale antimafia all’Ars mi voleva sentire, ero già stato audito, su mia richiesta, per due lunghe sedute, dalla Commissione nazionale antimafia, della quale, a quel tempo, faceva parte anche l’onorevole Fava”.
E Di Matteo poi aggiunge: “Ero stato sentito, in altre occasioni, dalle Corte d’assise di Caltanissetta e dal Consiglio superiore della magistratura. In tutte quelle sedi – dice il magistrato – ho sempre fornito ogni contributo di conoscenza e di esperienza”. Poi, il pm Di Matteo, che rappresentava l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia a Palermo, sottolinea: “Gran parte della mia vita è stata, ed è, dedicata alla ricerca della verità sulle stragi. A vergognarsi devono essere altri…”.
Oggi Fiammetta Borsellino aveva anche parlato del diniego di potere incontrare boss mafiosi in carcere, come i Graviano: “Mi viene negato anche il percorso che ho fatto con i detenuti e questo lo vivo come una lesione di un mio diritto, al di là di tutte le giustificazioni che mi vengono date e che non mi convincono. Di questi argomenti non si parla il 19 luglio alla figlia di un giudice ucciso dalla mafia solo perché si è in passerella a Palermo in occasione delle commemorazioni. Se ne parla in altre sedi. Invece, il 19 luglio mi è stato detto dal ministro della Giustizia che dovevo stare calma e di pensare alla mia sicurezza. E quel giorno mi è stato anche detto che sarebbero stati aperti gli archivi del Sisde. Il ministro mi aveva assicurato che si potesse fare luce – ha aggiunto – mi aveva detto che si sarebbe impegnato ma ad oggi non ho alcuna risposta in nessun senso, ma siamo abituati”.
“Cosa provo oggi? Quello che può provare una figlia che ha perso il padre in questo modo. Si cerca di dare un senso che va al di là delle risposte giudiziarie”, dice Fiammetta. “Le mie domande sulla strage di via D’Amelio sono ancora tutte senza risposte. E le risposte non cadono dal cielo. Si danno nelle sedi opportune, nelle aule giudiziarie. Ci sono state e ci sono oggi le occasioni per farlo. Si fa un appello corale rispetto al fatto che ciascuno senta il bisogno di dare un contributo”. “Per avere la verità non ho bisogno di un Graviano o di un magistrato, ne abbiamo la piena consapevolezza – dice – se qualcuno sa parli per liberarsi la coscienza”. PALERMO TODAY