5 giugno 1992
… durante una cena a Terrasini, organizzata dai carabinieri, il calore delle gente raggiunge Paolo Borsellino in pieno. «Si parlava di Falcone, delle indagini su Capaci, dei nuovi equilibri dentro Cosa Nostra.
Terminiamo di cenare, ed il proprietario del locale si avvicina a Paolo, gli sussurra in un orecchio che il cuoco vorrebbe conoscerlo, nulla di più.
Paolo mi sembra imbarazzato dalla insolita richiesta, ma dice di sì.
Si alza, va incontro al cuoco, un uomo anziano, dal viso buono. Appena gli stringe la mano, questi si mette a piangere come un bambino.
Paolo resta pietrificato per pochi secondi. Poi, commosso, lo abbraccia. I due escono dal ristorante, cominciano a passeggiare parlando fitto fitto, come vecchi amici, in palermitano stretto.
“Sai Antonio”, mi racconta in auto mentre rientriamo a Palermo, “stavo per mettermi a piangere anch’io. Ha voluto dirmi che i palermitani onesti, i padri di famiglia, sono al nostro fianco”. Quella cena con i carabinieri, Borsellino, la ricorderà per sempre. La chiamerà “la cena degli onesti”.
(Da Capaci a via D’Amelio ricordando i 57 giorni – dal racconto di Antonio Ingroia.