Luciano Belmonte
dalla RELAZIONE al CONGRESSO FILCA CALABRIA
(..) La mafia (o le mafie),sono il braccio armato di questa nuova borghesia che ha ormai un controllo di enormi flussi di capitali in tutto il mondo. Le cosche sono impegnate in ogni forma di criminalità comune, attive altresì nel narcotraffico, nella prostituzione, nel caporalato di manodopera, nei servizi alle imprese edili e alle attività commerciali in genere e in particolari casi nello smaltimento illecito di rifiuti tossici.
Le nuove figure di supporto e di favoreggiamento delle cosche spesso si manifestano con “stile” soffice, professionisti inappuntabili, assidui frequentatori degli studi più in vista e disponibili a recepire le necessità di un ceto medio sempre più povero e di imprenditori oggi davvero a rischio fallimento.
La “zona grigia” è la mafiosità, ovvero la pigrizia civile e la disponibilità attiva di tutti coloro che non essendo mafiosi aiutano la mafia.
Il mafioso si riconosce sia nel metodo che nel fine delle proprie attività e non è mai occulto, anzi ha tutto l’interesse di suggerire “scorciatoie”, elusioni, omissioni, evasioni, al fine di garantire più facili guadagni e più consenso per la propria organizzazione, nei confronti di tutti coloro che siano per vocazione o per necessità disponibili a collaborare.
Per questo e per la nostra vocazione sociale, per l’indispensabile ruolo delle proposte condivise a sostegno dello sviluppo, abbiamo iniziato un percorso di ampliamento della bilateralità.
Da tre anni siamo parte del Progetto San Francesco, oltre ad essere nel Consiglio Direttivo Nazionale siamo presenti in ogni iniziativa nazionale per diffondere la cultura della legalità.
Con Domenico Pesenti, e siamo certi da ora in poi anche con il Dipartimento Legalità della Filca Cisl Nazionale guidato da Totò Scelfo, abbiamo voluto rafforzare lo strumento della bilateralità allargandone i confini tanto da comprendere il lavoro con i magistrati e con gli altri protagonisti sociali.
Magistrati del valore del Procuratore Capo Giuseppe Pignatone e del Procuratore Aggiunto Michele Prestipino, della DDA di Reggio Calabria, che hanno saputo indirizzare la nostra volontà contro le mafie verso una dimensione di consapevolezza che ha arricchito moltissimo il nostro sindacato.
Un percorso appunto, un calendario di proposte e un menu di strategie che vede al primo posto le relazioni con la società del lavoro e della conoscenza, coi lavoratori e coi giovani studenti calabresi e con le altre Federazioni sindacali disponibili, mescolando con umiltà la nostra esperienza con le sfide ineludibili del domani.
Tra queste ultime, la più grave: resistere al ricatto mafioso che passa dalla stanchezza e dalla sfiducia nei confronti della politica, indebolendo il mondo del lavoro e la partecipazione alla società.
Noi risponderemo ai boss “nossignore! Non ci stiamo a chinar la testa” e per farlo abbiamo bisogno di tantissima Europa, di un welfare della legalità che unisca i popoli e i lavoratori delle costruzioni, di un nuovo sentire comune di responsabilità sociale.
Infine, vorrei fare una proposta concreta su questo piano: il 35 per cento dei beni confiscati alle mafie venga destinato per legge al sostegno dei soggetti più deboli e colpiti dalla crisi.