di Lionello Mancini
Tanto tuonò che piovve. Da queste righe è stato più volte denunciato l’affanno in cui versa la normativa sulle white list. Finché l’Ance di Modena, l’epicentro della ricostruzione, denuncia: in provincia risultano ammesse solo un centinaio di imprese, mentre 3.300 sono in lista d’attesa e non possono lavorare. Macchina inceppata, accesso ostruito. L’allarme dell’Associazione costruttori del “cratere”, cita i dati della locale Cassa edili: «Nel primo trimestre 2013 si registra un modesto accenno di ripresa dell’attività del settore e, contemporaneamente, un incremento del 40% del ricorso alla cassa integrazione per le aziende edili modenesi. A lavorare quindi, sono perlopiù le aziende fuori provincia». Un deprimente paradosso, frutto della classica morsa creata da ottime intenzioni e mezzi insufficienti. Da una parte è stato giustamente introdotto l’obbligo delle white list per i lavori pubblici o dei privati quando utilizzano fondi pubblici (leggi: ricostruzione); dall’altro le forze insufficienti delle Prefetture deputate a valutare l’enorme numero di domande di iscrizione alle white list.
Nessuno incolpa l’organizzazione o il personale dell’Utg modenese. Il fatto è che, alla prevedibilissima impennata di lavoro, non è corrisposto alcun rinforzo agli uffici i quali intanto non possono mollare la normale amministrazione. Ma i meccanismi di controllo per garantire che nella white list entrino solo aziende meritevoli sono minuziosi, lenti, complessi, non sempre adeguatamente informatizzati, gestiti da personale numericamente insufficiente e, peraltro, frustrato e demotivato dalle solite promesse non mantenute: poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili del fuoco, personale tecnico – ad esempio – sono in attesa di vedere un euro per gli straordinari prestati dal maggio di un anno fa («Avremmo lavorato lo stesso e gratis – dicono – ma qui si è aggiunto lo sberleffo alla fatica»). E se Modena è sotto stress, per le imprese con sede in altre province le cose filano via lisce, fino all’effetto della Cig in provincia, mentre le ingessature del pubblico impiego impediscono di fatto l’arrivo di rinforzi nel “cratere”.
Per la verità, l’allarme nell’area non è del tutto fondato, perché la legge prevede che possano lavorare anche le 3.300 imprese in attesa dell’ok prefettizio. Ma il timore (quasi sempre teorico) che l’iter possa concludersi negativamente con il conseguente blocco dei fondi pubblici, non fa aprire nemmeno i cantieri che sarebbe possibile avviare. Lo stesso vale per i lavori dei privati che pagano di tasca propria e che perciò non hanno obblighi di usare ditte iscritte alle white list. Ma ormai la voce si è diffusa e il danno è sotto gli occhi di tutti.
Certo, è paradossale che dopo il giusto sforzo di qualificazione del mondo delle costruzioni, i committenti debbano essere “rassicurati” al ribasso. Ma stavolta le responsabilità del garbuglio sono palesi. E se anche Modena una soluzione la troverà – l’intenzione di farlo e la buona volontà di tutti non mancano – l’empasse creatasi in pochi mesi è emblematica di come nel nostro Paese sia troppo facile allestire tagliole burocratiche che puntualmente scattano e azzoppano le imprese, già carponi sotto il fardello della crisi.
Sole 24 Ore 22.7.2013