L’antimafia dorme in Parlamento, le mafie no. Il bilancio dell’operazione “Eureka” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ieri ha restituito le dimensioni della potenza della ‘ndrangheta: quattro ordinanze di custodia cautelare, 108 arrestati di cui 85 in carcere, milioni di euro di beni sequestrati in mezza Europa.
Mentre in Parlamento la Commissione Antimafia è al palo l’ennesima inchiesta contro la ‘ndrangheta prova che i clan sono più attivi che mai
L’attacco sferrato dagli investigatori coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, (oggi confermato dal Csm capo dell’ufficio), dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dai pm Diego Capece Minutolo e Giovanni Calamita, punta alle cosche Nirta-Strangio di San Luca e ai Morabito di Africo, uscendo dai confini calabresi, fino alle provincie di Pescara, Milano, Salerno, Catania, Savona, Bologna, Vicenza, L’Aquila, Ancona, Roma e Cagliari. Le perquisizioni hanno interessato pure otto Paesi europei.
“Si tratta senza dubbio della più grande operazione mai realizzata contro la mafia calabrese in Europa”, dicono i portavoce della procura federale belga. Dalle indagini si apprende che sei tonnellate di cocaina sono state movimentate tra il maggio 2020 e il gennaio 2022 dalle cosche di ‘ndrangheta, tre delle quali sono state sequestrate dagli investigatori. Nel corso delle indagini sono stati registrati i contatti tra le cosche più rilevanti del mandamento ionico reggino con esponenti del clan del Golfo, l’organizzazione paramilitare colombiana impegnata nel narcotraffico internazionale.
I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, infatti, hanno ricostruito numerosi episodi di importazione della droga che arrivava, via mare, nei porti Gioia Tauro, Anversa e Colon. Accertati anche i flussi dei soldi riconducibili alle compravendite dello stupefacente che venivano gestiti da organizzazioni composte da soggetti di nazionalità straniere, specializzati nel pick-up money, o da spalloni che spostavano denaro contante sul territorio europeo. Le movimentazioni hanno interessato Panama, Colombia, Brasile, Ecuador, Belgio e Olanda.
Complessivamente sono circa 22 milioni e 300mila euro le somme spostate con queste modalità. Soldi che in parte sarebbero stati reimpiegati nell’acquisto di auto e beni di lusso, nonché utilizzati per avviare e finanziare attività commerciali in Francia, Portogallo e Germania, ove venivano anche riciclati sfruttando attività di autolavaggio. Sequestri di società e beni e arresti sono stati eseguiti anche in Germania. L’inchiesta ha anche fatto luce sulla latitanza del boss Rocco Morabito, detto “Tamunga”, già latitante di massima pericolosità inserito nel programma speciale di ricerca del Viminale, arrestato dai carabinieri in Brasile nel 2021 dopo un’evasione nel 2019 dal carcere di Montevideo mentre attendeva di essere estradato in Italia.
Morabito, secondo l’accusa, avrebbe anche offerto un container di armi da guerra a un’organizzazione paramilitare brasiliana in cambio di ingenti quantità di droga verso il porto di Gioia Tauro. “Nel corso dell’indagine – scrive il gip nell’ordinanza – è stata documentata l’organizzazione da parte di Morabito di una spedizione in Brasile di un container carico di armi da guerra, provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica, fornite che da un’organizzazione criminale operante in Italia e Pakistan”.
“Un’operazione senza precedenti – ha detto il Procuratore capo della Procura di Reggio Calabria, Bombardieri, nel corso della conferenza stampa – che ha registrato la più ampia cooperazione tra autorità investigative, un risultato che rende il sistema giudiziario italiano partner affidabile a livello mondiale”. Chissà quando arriverà anche la politica.