Giovanni Falcone alla viglia dell’anniversario della morte nella strage di Capaci viene ricordato a “Maestri”, il programma di Rai Cultura condotto da Edoardo Camurri e trasmesso venerdì 22 maggio alle ore 15.20 su Rai3. Un ricordo a due voci: da un lato quella di Maria Falcone, la sorella del magistrato, e dall’altro Federico Cafiero De Raho, Procuratore nazionale antimafia. L’eredità e l’esempio di Falcone sono ancora tra noi: il magistrato ucciso dalla mafia il 23 maggio del 1992 nei pressi dell’uscita autostradale di Capaci da 500 chili di tritolo nascosti in un tunnel dell’autostrada A29 ci ha lasciato un insegnamento senza tempo. A ricordarlo e a sottolinearlo a gran voce è la sorella Maria Falcone, docente e attivista italiana, fondatrice della Fondazione Falcone che in un’intervista rilasciata a OnuItalia ha dichiarato: “Giovanni è stato profondamente siciliano, un uomo che ha sempre mantenuto un legame particolare con la sua terra”. Proprio così, nato e cresciuto a Palermo nel quartiere Kalsa, Giovanni ha conosciuto da vicino il mondo della mafia.
A raccontarlo proprio la sorella: “la nostra famiglia aveva sempre vissuto in uno storico quartiere palermitano, quello della Kalsa, in cui, come lo stesso Giovanni più volte disse, vivevamo anche tanti mafiosi.
È proprio in un contesto del genere che Giovanni cresce, forma il suo carattere e inizia a conoscere altri ragazzini giocando a calcio nel campetto della parrocchia”.
Giovanni Falcone conosce da vicino alcuni degli uomini che avrebbero poi segnato, nel bene e nel male, la storia della città di Palermo e della lunga lotta alla mafia. A raccontarlo è sempre la sorella Maria Falcone: “durante gli anni dell’adolescenza e proprio nel quartiere Kalsa avviene il suo primo incontro con Paolo Borsellino, così come con altri ragazzini, destinati in futuro a divenire i noti personaggi della malavita, come il boss Tommaso Spadaro, conosciuto in occasione di un torneo di ping pong organizzato in oratorio”. La morte di Falcone non ha significato la vittoria della mafia, anzi semmai il primo passo verso la sconfitta considerando anche le parole della sorella Maria: “Giovanni non ha mai pensato che la mafia non si poteva sconfiggere. Anzi al contrario mio fratello sosteneva che la mafia sarebbe stata certamente sconfitta”. A distanza di 28 anni dalla strage di Capaci e da quel terribile incidente che causò la morte del magistrato Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, oggi più che mai risuona la sua frase: “fare il proprio dovere. È in ciò che sta l’essenza stessa della dignità umana”.