Una reflex sovietica Zenit, la sua chitarra. La scomparsa di Majorana di Sciascia, un paio di romanzi dell’esistenzialismo francese, vinili di annata. De Andrè, Rino Gaetano, Joan Baez, insieme ai meno famosi come Rocchi o Pietrangeli. Il tempo dei cantautori impegnati. Questa la camera di Peppino Impastato.
Letto singolo, in un tempo in cui il “francese” non era previsto. “Amore non ne avremo” avrebbe scritto un giorno. Eppure le sue scelte tutte rigorosamente “su un piano più emozionale che politico”. E anche se qualcuno ha cantato che “gli eroi sono sempre giovani e belli”, non credo avrebbe inteso essere ricordato così, per la sua pur breve esistenza.
Letto singolo, in un tempo in cui il “francese” non era previsto. “Amore non ne avremo” avrebbe scritto un giorno. Eppure le sue scelte tutte rigorosamente “su un piano più emozionale che politico”. E anche se qualcuno ha cantato che “gli eroi sono sempre giovani e belli”, non credo avrebbe inteso essere ricordato così, per la sua pur breve esistenza.
Questo era il mondo privato di Peppino Impastato, dentro quella stanza. O almeno così, l’ho letta e sentita in quei pochi minuti. Conosciamo tutto, o quasi, del suo impegno, della sua passione civile, del suo coraggio di vivere e, purtroppo, di morire. Indefinito, agli occhi comuni. Ma mi è piaciuto pensare al ragazzo Peppino, anche con le sue debolezze e i suoi fragili innamoramenti, a volte incomprensibili se non addirittura kafkiani, come ha lasciato scritto in un appunto.
La sua solitudine, come quella di ogni ragazzo di fronte alla società che non gli piace, stordito da una violenza verso la verità. Di un ragazzo qualsiasi, senza età e senza epoca.
La sua solitudine, come quella di ogni ragazzo di fronte alla società che non gli piace, stordito da una violenza verso la verità. Di un ragazzo qualsiasi, senza età e senza epoca.
Grazie, Peppino
ALESSANDRO ROMANO