- TANO BADALAMENTI – PROCESSO PER L’OMICIDIO DI PEPPINO IMPASTATO
- Al processo
- Dispezzo mio zio il boss
- Quello che ho fatto in vita mia lo rifarei
Gaetano Badalamenti, soprannominato don Tano (Cinisi, 14 settembre 1923 – Ayer, 29 aprile 2004), legato a Cosa nostra.
Fu il capo della cosca mafiosa di Cinisi in provincia di Palermo e ha diretto la “Commissione” dal 1974 al 1978. Nel 1987 fu condannato negli Stati Uniti a 45 anni di reclusione in una prigione federale per essere stato uno dei leader della cosiddetta “Pizza connection“, un traffico di droga del valore di 1,65 miliardi di dollari che, dal 1975 al 1984, aveva utilizzato pizzerie come punto di distribuzione[1][2]. Badalamenti è stato inoltre condannato all’ergastolo per aver ordinato l’omicidio di Giuseppe Impastato, attivista di Democrazia Proletaria che attraverso il suo programma radiofonico, Radio Aut, aveva denunciato le attività illecite del boss[3].
Gaetano Badalamenti nacque in una famiglia povera, ultimo di cinque figli e quattro figlie. Frequentò per breve tempo la scuola prima di iniziare a lavorare come allevatore di bovini all’età di soli dieci anni. Arruolato nel regio esercito italiano nel 1941, disertò prima che gli alleati effettuassero lo sbarco in Sicilia, nel luglio 1943. Nel 1941, prima della chiamata alle armi, Badalamenti venne denunciato per abigeato; successivamente nel 1946 venne colpito da mandato di cattura per associazione a delinquere e concorso in sequestro di persona, ma l’anno successivo, in seguito alle accuse di omicidiopluriaggravato e tentato omicidio con lesioni, fuggì negli Stati Uniti d’America, dove suo fratello maggiore Emanuele aveva avviato un supermercato e un distributore di benzina nella contea di Monroe, nel Michigan. Nel 1950 Badalamenti venne arrestato dalla poliziastatunitense come immigrato irregolare ed estradato in Italia, dove venne assolto per insufficienza di prove dalle precedenti imputazioni e divenne il vicecapo della cosca di Cinisi, guidata dal boss Cesare Manzella[4]. Nel 1953 però venne arrestato dalla Guardia di finanza di Palermo per contrabbando di sigarette estere e resistenza, a mano armata, a pubblico ufficiale; fu in questo periodo che Badalamenti si legò ai boss Angelo La Barbera, Rosario Mancino e Salvatore “Cicchiteddu” Greco, insieme a Tommaso Buscetta, Antonino Sorci e Pietro Davì, con cui si occupò del contrabbando di sigarette e stupefacenti, venendo però coinvolto in numerosi furti di bestiame nella zona di Cinisi[5]. Nel 1957 Badalamenti divenne socio di Luciano Liggio, con il quale creò un servizio di autotrasporti per la costruzione dell’Aeroporto di Punta Raisi di Palermo, caduto nella sfera di influenza della cosca di Cinisi[6]. Nel 1963 Badalamenti divenne il capo della cosca di Cinisi in seguito all’assassinio di Cesare Manzella[7] nel quadro della cosiddetta “prima guerra di mafia“. Nello stesso periodo però Badalamenti si diede alla latitanza per non dover comparire dinanzi alle forze dell’ordine, che lo volevano interrogare sull’omicidio di Manzella e altri fatti di sangue. Denunciato più volte per associazione a delinquere, nel dicembre 1968Badalamenti venne assolto per insufficienza di prove nel processo svoltosi a Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia[5]. Per queste ragioni tornò a Cinisi dopo sei anni di latitanza ma venne inviato al soggiorno obbligato presso Macherio, in provincia di Milano, continuando però a mantenere contatti con altri mafiosi siciliani residenti a Milano, con cui organizzò un traffico di stupefacenti, in collegamento con lo zio Emanuele Badalamenti, residente a Detroit e legato alla locale Famiglia mafiosa[5]. Nel 1970 Badalamenti parteciperà a un incontro a Milano insieme ad altri boss per discutere sull’implicazione dei mafiosi siciliani nel Golpe Borghese[8][9] e, durante l’incontro, costituì un “triumvirato” provvisorio insieme a Stefano Bontate e Luciano Liggio per ricostruire la “Commissione“, sciolta in seguito alla prima guerra di mafia[10]. Nel 1971 Badalamenti venne arrestato per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti insieme a Stefano Bontate e rinchiuso per un breve periodo nel carcere dell’Ucciardone, tornando poi a Cinisi[5][8]. Giovanni Impastato, fratello di Giuseppe Impastato[11], dichiarò:«Sembrava che Badalamenti fosse ben voluto dai carabinieri, in presenza dei quali era calmo, sicuro, e con i quali parlava volentieri. Sembrava quasi facesse loro un favore non facendo accadere nulla, rendendo sicura e calma la cittadina di Cinisi. […] Spesso si potevano vedere camminare insieme a Badalamenti e ai suoi guardaspalle. Non si può avere fiducia nelle istituzioni quando si vedono braccio a braccio con i mafiosi»(Dichiarazione resa prima dell’istituzione della commissione parlamentare antimafia.[12 Nel gennaio 1978, Badalamenti, insieme ai bossGiuseppe Di Cristina e Giuseppe Calderone, incontrò Salvatore “Cicchiteddu” Greco, giunto dal Venezuela dove risiedeva, per discutere sull’eliminazione di Francesco Madonia, capo della cosca di Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta, il quale era sospettato di aver ordinato un fallito agguato ai danni di Di Cristina su istigazione di Totò Riina, a cui era strettamente legato; Greco però consigliò di rimandare ogni decisione a data successiva ma, ripartito per Caracas, vi morì prematuramente per cause naturali, il 7 marzo 1978. In seguito alla morte di Greco, Madonia venne ucciso il 16 marzo da Giuseppe di Cristina e da Salvatore Pillera, inviato da Giuseppe Calderone. Riina invece accusò Badalamenti di aver ordinato l’omicidio di Madonia senza autorizzazione e lo mise in minoranza, facendolo espellere dalla “Commissione” e facendolo sostituire con Michele Greco, un suo socio[15]; Badalamenti venne anche sospeso come capo della famiglia mafiosa di Cinisi, che venne affidata a suo cugino Antonio Badalamenti. Nei primi anni settanta Badalamenti diventò il principale trafficante di stupefacenti: infatti il collaboratore di giustizia Antonino Calderonedichiarò che in quel periodo «il punto di collegamento negli Stati Uniti di Gaetano Badalamenti per il traffico di stupefacenti era Domenico Coppola, uomo d’onore di Partinico […]. Ho appreso da Totò Riina che aveva avuto un lungo colloquio con Domenico Coppola e che quest’ultimo gli aveva riferito tutto sul traffico di stupefacenti in cui era coinvolto Badalamenti. Riina testualmente mi disse che, mentre essi morivano di fame, Badalamenti si arricchiva con la droga»[8][14].Nel 1974 la “Commissione” fu ricostruita e Badalamenti venne incaricato di dirigerla[13]. Nel 1975 però Totò Riina, reggente della cosca di Corleone in sostituzione di Luciano Liggio, fece sequestrare e uccidere Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo, ricco e famoso esattore affiliato alla cosca di Salemi; il sequestro venne attuato per dare un duro colpo al prestigio di Badalamenti e del suo socio Stefano Bontate, i quali erano legati a Salvo e non riusciranno a ottenere né la liberazione dell’ostaggio, né la restituzione del corpo, anche se Riina negò con forza ogni coinvolgimento nel sequestro[8][13]. Badalamenti fuggì in Brasile per timore di essere eliminato, soggiornando a San Paolo[16], da dove continuò a inviare negli Stati Uniti eroinada Palermo e cocaina dal Sudamerica[17][18], in stretto collegamento con Salvatore Catalano, esponente della Famiglia Bonanno di Brooklynche utilizzava pizzerie e ristoranti italiani come punti di spaccio degli stupefacenti[19][20]. Nel corso di un’indagine sul traffico di droga, gli agenti dell’FBI riuscirono a intercettare le conversazioni di Badalamenti in Brasile, il quale parlava in codice con un suo associato negli Stati Uniti, riferendosi a spedizioni di cocaina ed eroina[21]. Durante la seconda guerra di mafia 11 familiari di Badalamenti furono uccisi dai corleonesi[senza fonte]. Nel 1984, sempre attraverso intercettazioni telefoniche, l’FBI scoprì che Badalamenti aveva programmato un incontro a Madrid con il nipote Pietro “Pete” Alfano, proprietario di una pizzeria a Oregon, in Illinois, e considerato il “punto di contatto principale negli Stati Uniti” per il traffico di eroina[22]. L’8 aprile 1984 a Madrid gli agenti dell’FBI e quelli delle polizie italiana e spagnola arrestarono Badalamenti e il figlio Vitoinsieme a Pietro Alfano[23]; il 15 novembre gli arrestati furono estradati negli Stati Uniti[24]. Nel 1985 Badalamenti e altri diciotto imputati finirono sotto processo a New York[25], in quello che divenne noto come il caso “Pizza Connection“[26]. Il processo durò quasi due anni ed è stato il più lungo nella storia giudiziaria degli Stati Uniti[25], concludendosi il 22 giugno 1987[24] con un verdetto di colpevolezza per Badalamenti e Salvatore Catalano, che vennero condannati a 45 anni di carcere ciascuno[27]. Negli anni novanta, Badalamenti rifiutò di tornare in Italia per il confronto con Tommaso Buscetta, ma comunque lo attaccò pubblicamente negando la veridicità delle dichiarazioni del pentito[28][29]. La corte di Cassazione nell’ottobre 2004 ha decretato che l’ex presidente del consiglio Giulio Andreotti ebbe contatti “amichevoli e talvolta anche diretti” con Badalamenti e Stefano Bontate, favoriti da Salvo Lima attraverso i cugini Salvo. Secondo una ipotesi di alcuni magistrati e investigatori, Andreotti potrebbe aver commissionato l’uccisione del giornalista Mino Pecorelli, direttore del giornale Osservatorio Politico (OP). Pecorelli che sembra utilizzasse il giornale per ricattare personalità importanti, accettò di fermare la pubblicazione del giornale ma l’uccisione avvenne ugualmente il 20 marzo 1979. Sempre secondo l’ipotesi accusatoria, Andreotti aveva paura che Pecorelli pubblicasse informazioni che avrebbero potuto infangare la sua onorabilità. Queste informazioni avrebbero riguardato finanziamenti illegali al partito della Democrazia Cristiana e segreti riguardo al rapimento e l’uccisione dell’ex presidente del consiglio Aldo Moro per opera delle Brigate Rosse. Il pentito mafioso Tommaso Buscetta dichiarò che stando a quanto gli aveva raccontato Gaetano Badalamenti, a commissionare l’omicidio Pecorelli fossero stati i cugini Salvo probabilmente per conto di Giulio Andreotti.«La tesi accusatoria nel processo prospettava che il delitto sarebbe stato deciso dal senatore Andreotti il quale, attraverso l’on. Vitalone, avrebbe chiesto ai cugini Salvo l’eliminazione di Pecorelli. I Salvo avrebbero attivato Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, i quali, attraverso la mediazione di Giuseppe Calò, avrebbero incaricato Danilo Abbruciati e Franco Giuseppucci di organizzare il delitto che sarebbe stato eseguito da Massimo Carminati e da Michelangelo La Barbera.»(Documento del Senato della Repubblica[30]) Nel 1999 la corte di Perugia dopo attenta valutazione delle carte processuali prosciolse Giulio Andreotti[31], il suo stretto collaboratore Claudio Vitalone, Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calò, il presunto killer Massimo Carminati (uno dei fondatori del gruppo di estrema destra NAR – Nuclei Armati Rivoluzionari) e Michelangelo La Barbera[32]. Il 17 novembre 2002 la Corte d’appello ribaltò le sentenze di Badalamenti e Andreotti. Furono entrambi condannati a 24 anni di carcere come mandanti dell’omicidio Pecorelli[33]. Infine nel 2003, Giulio Andreotti è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa (per alcune accuse è stata pronunciata l’assoluzione, per altre la prescrizione del reato)[34] e successivamente fu assolto assieme a Badalamenti anche dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista[35]. Nel 2002 la giustizia italiana ha condannato Badalamenti all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Giuseppe Impastato, avvenuto il 9 maggio 1978; Impastato venne ucciso in modo da simulare un suicidio o un errato attentato, dopo che questi aveva pubblicamente attaccato Badalamenti e i suoi uomini. Nella sua famosa trasmissione radiofonica “Onda pazza” a Radio Aut derise sia politici sia mafiosi e denunciava quotidianamente i crimini e gli affari dei mafiosi di “Mafiopoli” (Cinisi) e le attività di “Tano Seduto”, soprannome sarcastico e dispregiativo dato a Gaetano Badalamenti[36]. Prima di giungere alla condanna, il caso di Giuseppe Impastato fu archiviato due volte, nel 1984 e nel 1992[37]. Gaetano Badalamenti, affetto da un tumore che aveva provocato gravi conseguenze renali e una epatite, morì per arresto cardiaco il 29 aprile 2004 all’età di 80 anni nel centro medico federale del penitenziario di Devens nel Massachusetts[38][39]. Tre anni dopo la morte, si è chiuso il procedimento iniziato nel 1982 per la confisca dei beni del boss, passati totalmente allo Stato[40].
- Leonardo Badalamenti: Il figlio di Gaetano Badalamenti, Leonardo è stato arrestato insieme a 16 persone il 22 maggio 2009 a San Paolodel Brasile nel corso dell’Operazione centopassi dei carabinieri del ROS per associazione mafiosa, corruzione e truffa. Sono stati sequestrati beni per un valore di 5 milioni di euro. Nelle loro attività criminali, sono arrivati a gestire titoli di credito e hanno tentato truffe ai danni di alcune banche[41] quali Lehman Brothers, e HSBC[42]. Nel giugno del 2009, Leonardo Badalamenti è stato scarcerato dal Tribunale del Riesame di Palermo[43]. La Cassazione ha però annullato la scarcerazione nel febbraio del 2010, ordinando il nuovo arresto del figlio del boss, datosi però alla fuga e resosi latitante da tale data[44].
- Vito Badalamenti: condannato a 6 anni di carcere per associazione mafiosa, è stato inserito nell’Elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia, ma fu rimosso dalla lista il 2 aprile 2012 per revoca del mandato d’arresto.
- ^Family Affairs, Time Magazine, October 14, 1985
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- ^ Peppino Impastato La verità uccisa due volte
- ^ Articolo in inglese della BBC sulla morte di Gaetano Badalamenti, Necrologio BBC News, sabato 1º maggio 2004
- ^ Mafia, è morto il boss Gaetano Badalamenti
- ^ Tano Badalamenti, lo Stato gli confisca i beni
- ^ La ‘mafioimpresa’ di Badalamenti jr La Repubblica 25 maggio 2009
- ^ Mafia, nuovo colpo ai Badalamenti sgominato il clan del figlio di don Tano, in Repubblica.it.
- ^ Scarcerato il figlio del boss Gaetano Badalamenti
- ^ Mafia, Leonardo Badalamenti è in fuga Il giornale di Cinisi