Paolo Borsellino interroga Messina Leonardo – Il verbale

30 giugno 1992.
Il dr Borsellino si reca a Roma per interrogare Leonardo Messina che ha deciso di collaborare con la giustizia.
Sarà il primo di una serie di interrogatori che effettuerà il giudice tra giugno e luglio 92.

Interrogatorio nella sede dello SCO, a Roma.

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO

DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA –

L’anno millenovecentonovantadue il giorno trenta del mese di Giugno, alle ore 12.40, in Roma nei locali del Servizio Cen­trale Operativo davanti ai Procuratori della Repubblica Ag­giunti, Dr. Vittorio ALIQUO’ e Dr. Paolo BORSELLINO, assisti­ti dal V. Ispettore LAPI Enrico e con la presenza per esi­genze investigative dal Primo Dirigente Dr. Antonio MANGA­NELLI e Commissario Capo Dr. Gilberto CALDAROZZI, e’ compar­so MESSINA Leonardo, quale persona informata dei fatti per cui si procede. Avvertito dell’obbligo di dire la verita’ lo stesso risponde: “Sono MESSINA Leonardo di MESSINA Salvatore, e di RAIMONDI Rosaria, nato a S. Cataldo (CL) 22.09.55, re­sidente in S.Cataldo (CL) via Piave nr. 74 in atto detenuto, ho la veste di indagato per il reato di cui art. 416 bis presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta. In ef­fetti sono un Uomo d’Onore della famiglia di San Cataldo ed intendo rendere dichiarazioni concernenti l’esistenza e la struttura dell’organizzazione che conosco perche’ facente parte di essa. Nella mia qualita’ di Uomo d’Onore sono a co­noscenza di fatti riconducibili alla attivita’ dell’organiz­zazione anche con riferimento alle famiglie di Palermo, Tra­pani, Agrigento ed Enna”. Prima di rendere le mie dichiara­zioni voglio manifestare alle SS.LL la mia intenzione di re­vocare i difensori di fiducia che mi assistono nel procedi­mento pendente a Caltanissetta, e cioe’ gli avvocati MONTANA Salvatore e DANIELE Salvatore del foro di Caltanissetta. A questo punto i Pubblici Ministeri rilevato che il MESSINA e’ nella veste di indagato di reato collegato e che pertanto Egli deve essere assistito da un difensore, lo invitano a nominare altro difensore di fiducia. Il MESSINA risponde che allo stato non intende nominarlo. I Pubblici Ministeri gli nominano difensore d’ufficio l’Avv. LI GOTTI Luigi del foro di Roma che viene seduta stante avvertito ed interviene nei locali dell’Ufficio e contestualmente all’indagato dichiara che puo’ immediatamente procedersi all’esame del MESSINA ri­nunziando a qualsiasi termine di legge. Lo stesso dichiara: “Ho deciso di che mi assistono nel procedi­mento pendente a Caltanissetta, e cioe’ gli avvocati MONTANA Salvatore e DANIELE Salvatore del foro di Caltanissetta. A questo punto i Pubblici Ministeri rilevato che il MESSINA e’ nella veste di indagato di reato collegato e che pertanto Egli deve essere assistito da un difensore, lo invitano a nominare altro difensore di fiducia. Il MESSINA risponde che allo stato non intende nominarlo. I Pubblici Ministeri gli nominano difensore d’ufficio l’Avv. LI GOTTI Luigi del foro di Roma che viene seduta stante avvertito ed interviene nei locali dell’Ufficio e contestualmente all’indagato dichiara che puo’ immediatamente procedersi all’esame del MESSINA ri­nunziando a qualsiasi termine di legge. Lo stesso dichiara: “Ho deciso di rendere le odierne dichiarazioni a seguito di una lunga crisi giacche’ da tempo cercavo in tut­ti i modi di sfuggire alla ferrea logica dell’Organizzazione al punto da comportarmi in modo che speravo sarebbe stato giudicato male e io cosi’ sarei stato quantomeno messo da conto.

Invece nonostante lo facessi da circa cinque anni, la mia spavalderia con le donne, il mio avvicinare talvolta le forze di Polizia e’ stato interpretato in modo positivo tan­to che man mano sono salito all’interno dell’organizzazione della quale in atto sono “capo decina” della famiglia di SAN CATALDO e qualche tempo fa’ ero addirittura Sotto Capo nel momento in cui essendo capo famiglia Lorenzo NARO, ul­tra ottantenne, di fatto comandavo io la famiglia nel senso che curavo io gli interessi della famiglia. La mia crisi, che e’ anche di tipo morale, nonostante gia’ mio nonno e molti parenti fossero Uomini d’Onore; io ormai non mi rico­nosco piu’ nell’organizzazione e quando ho sentito in tele­visione la vedova dell’Agente SCHIFANI parlare e pregare gli uomini della Mafia le sue parole mi hanno colpito come maci­gni e ho deciso di uscire da questa organizzazione nell’uni­co modo che e’ possibile cioe’ collaborando con la Giusti­zia. Fin da ragazzo io fui tenuto sotto osservazione da mio zio CALI’ Luigi primo cugino di mia nonna materna. Costui mi portava sempre con se’ e man mano mi informava circa l’e­sistenza e le attivita’ di Cosa Nostra in previsione della mia iniziazione formale. Naturalmente tutto cio’ che io ap­prendevo era oggetto soltanto di colloqui fra me e il CALI’ Luigi ed io non dovevo riferire nulla a nessuno, anche se appartenente a Cosa Nostra, non si dovevano affrontare con me questi argomenti. Naturalmente altri Uomini d’Onore ave­vano delle persone che si accompagnavano a loro in previsio­ne della loro iniziazione ma il rapporto era sempre ed e­sclusivamente fra il futuro adepto e la persona che ne cura­va la preparazione all’entrata in Cosa Nostra. In tale qua­lita’ intervenni ad una riunione della  provincia di Caltanissetta quando avevo appena 16 anni, in quella occasione ac­compagnai il CALI’ Luigi presso la casa di campagna in un feudo tra San Cataldo e Marianopoli appartenente (la casa) a LI VECCHI Pasquale che era rappresentante della famiglia di MARIANOPOLI. In questa casa era alloggiato un vecchio del paese di San Cataldo che cola’ era nascosto. Io rimasi in compagnia di costui mentre i partecipanti alla riunione si appartarono. Fra essi ricordo DI CRISTINA Giuseppe, GRIZ­ZANTI Salvatore Di Sutera, MONTAGNA Giovanni di Marianopoli, ed altri che non ricordo, ma erano numerosi. Costoro al mio arrivo col CALI’ Luigi si limitarono a guardarmi studiando­mi. Dopo la riunione che duro’ circa due ore e alla quale come ho detto non partecipai, i partecipanti vennero fuori, mi abbracciarono e baciarono e mi misero addirittura dei soldi in tasca. Poi seppi che il CALI’ Luigi aveva loro spiegato chi ero e loro manifestato che ero destinato ad essere affiliato all’organizzazione. Fui effettivamente affiliato all’eta’ di venticinque anni, dopo aver scontato circa quattro anni di detenzione per rapina ed altro periodo di soggiorno ob­bligato inflittomi dopo l’omicidio di TEMPORALE Giuseppe verificatosi nel giorno successivo alla mia entrata in carce­re. L’iniziazione avvenne presso gli Uffici dell’industria vetraria “VE.ME” sita al bivio di San Cataldo dello scorri­mento veloce Caltanissetta – Agrigento. L’occasione della mia iniziazione fu la riunione della Provincia di Caltanissetta cui parteciparono l’allora rappresentante Provinciale SORCE Giuseppe detto ” NASCA di Mussomeli”, suo nipote SORCE Sal­vatore, LA MATTINA Antonino di Campofranco, MADONIA Giuseppe di Vallelunga, POLARA Salvatore di Gela, PATERNO’ Angelo di Niscemi, ARCERITO Salvatore di Niscemi, BURCHERI Vincenzo di San Cataldo, RINALDI Calogero di San Cataldo, PELONERO Rosa­rio di San Cataldo, CALI’ Salvatore di San Cataldo, RIGGI Giuseppe, di San Cataldo, ed MANGIONE Angelo di San Cataldo e NARO Lorenzo pure San Cataldese. Quel giorno fummo affi­liati in quattro e precisamente CALI’ Salvatore, RINALDI Ca­logero, PELONERO Rosario ed io.

La mia affiliazione avvenne dopo quella degli altri tre e mi fece da padrino (noi in dialetto San Cataldese diciamo “pi­pino”) BURCHERI Vincenzo, fu lui a pungermi un dito e col sangue macchio’ una immagine della Madonna Annunziata alla quale fu poi dato fuoco mentre io la passavo da una mano all’altra, mi fu suggerito di pronunciare la formula “come carta ti brucio, come santa di adoro, come brucia questa carta deve bruciare la mia carne se tradisco Cosa Nostra” anche questa in dialetto siciliano. Voglio precisare che non mi fu padrino il CNARO Lorenzo pure San Cataldese. Quel giorno fummo affi­liati in quattro e precisamente CALI’ Salvatore, RINALDI Ca­logero, PELONERO Rosario ed io.

Preciso che mi fu punto un dito della mano sinistra che io mostrai a caso, non mi venne richiesto di mostrare un dito particolare, io so che in altre famiglie la cerimonia puo’ essere un po’ diversa, piu’ complicata per esempio si pone su un tavolo un coltello o altre armi, uno spago o un bic­chiere, che si usano per indicare mezzi adatti ad uccidere.

Dopo la nostra iniziazione in quella riunione venne ri­costituito l’organizzazione della famiglia di San Ca­taldo, giacche’ la Provincia ha nominato reggenti NARO Lorenzo e BURCHERI Vincenzo, cio’ a titolo provvisorio con l’incarico tra l’altro di far riunire di nuovo gli affiliati della famiglia per svolgere nuove elezioni, naturalmente nessuno si poteva mettere contro la Provincia per cui la nomina venne sostan­zialmente ratificata con la nomina del NARO Lorenzo a Rappresentate della famiglia e del BURCHERI Vincenzo, meno ALI’ Luigi in quanto poco prima, esatta­mente il 16/11/1980 egli era stato ucciso e la famiglia di San Cataldo era stata decapitata con l’uccisione di TERMINIO Nicolò” sottocapo della famiglia San Cataldese” circa una settimana prima della mia iniziazione.

Le SS.LL mi chiedono di fornire, in forza delle conoscenze da me acquisite quale affiliato dell’organizzazione Cosa No­stra, un quadro generale dell’organizzazione medesima.

In proposito posso dire che il nucleo centrale dell’organiz­zazione Cosa Nostra e’ costituito dalla famiglie mafiose a­vente sede almeno in Provincia in ogni singolo paese.

Secondo le regole tradizionali ogni famiglia periodicamente con l’intervento di tutti i suoi componenti, chiamati “sol­dati”, elegge un proprio Rappresentante nonche’ un Consi­gliere che affianca il Rappresentate nelle decisioni concer­nenti i singoli Soldati. Il rappresentante sceglie “abbrac­cio” un Sotto Capo e uno o piu’ Capo Decina.

Il Rappresentate delle Famiglie limitrofe, in genere tre e­leggono il Capo Mandamento ed i Rappresentati dei mandamenti eleggono il Rappresentante Provinciale.

A sua volta tutti i Rappresentati delle Provincie eleggono la Commissione Regionale.

Il Rappresentate Provinciale ha il potere di servirsi di qualsiasi Uomo d’Onore di qualsiasi Famiglia appartenga sen­za interpellare il Rappresentate del mandamento o della fa­miglia stessa. Puo’ prenderne tuttavia uno solo per ogni fa­miglia.

Inoltre recentemente e’ stata creata la figura dell’Amba­sciatore che e’ un emissario del Rappresentate Provinciale il quale ha contatti diretti con i singoli Uomini d’Onore a qualsiasi famiglia della provincia appartengano senza neces­sita’ di rispetto delle gerarchie mafiose.

Intendo dire che nei suoi rapporti con gli uomini d’onore non e’ necessario che egli interpelli o informi i Rappresen­tanti dei Mandamenti o delle Famiglie.

Si tratta di una carica recentemente creata a seguito della egemonia che all’interno di Cosa Nostra e’ stata assunta dal gruppo cosi detto “corleonese”. In buona sostanza gli amba­sciatori vengono utilizzati per creare delle correnti che possano assicurare ai corleonesi il controllo capillare di Cosa Nostra al di la e al di fuori delle gerarchie tradizio­nali.

Sono a conoscenza che la Regione e’ attualmente formata da RIINA Salvatore e PROVENZANO Bernardo, da MADONIA Giuseppe da BARBERO Angelo da Catania e da SANTAPAOLA Benedetto. Il numero uno e’ sicuramente RIINA Salvatore e subito dopo viene MADONIA Giuseppe.

Questi due membri della Regione mi sono stati anche indicati come Rappresentanti Mondiali a Palermo, nel senso che vi e’ altro organismo piu’ in alto che comanda su tutte le fami­glie di Cosa Nostra sparse nel mondo. Cio’ mi fu rivelato nel gennaio scorso, da MICCICHE’ Liborio da Pietraperzia che e’ uomo di fiducia di MADONIA Giuseppe, alla presenza dell’Avv. BEVILACQUA da Barrafranca, Sottocapo della Provin­cia di Enna, TASCA Carmelo, Ambasciatore di MADONIA Giuseppe nella Provincia di Caltanissetta ed Uomo d’Onore della fami­glia di Gela.

Faccio in proposito presente che secondo quanto io mi sono raffigurato di Cosa Nostra attraverso queste notizie recen­temente fornitemi dal MICCICHE’ Liborio il fatto che RIINA Salvatore e MADONIA Giuseppe siano Rappresentati Mondiali a Palermo lascia intendere l’esistenza di altre Famiglie o addirittura Regioni mafiose sparse nel mondo ed io per esempio sono a conoscenza dell’esistenza di famiglie mafiose in Ca­labria, in Campania ed a Tunisi. Cio’ non deve essere confu­so con l’esistenza di Decine di Famiglie mafiose siciliane operanti in altre parti d’Italia d’Europa o addirittura d’America. La mia famiglia per esempio si apprestava a costi­tuire una Decina a Bruxelles ove mi ero mio stesso recato a contattare persone di San Cataldo costa’ residenti. E mi ri­sulta l’esistenza di altre Decine di famiglie siciliane ope­ranti altrove. Non credo che molti Uomini d’Onore siano a conoscenza dell’intera struttura dell’Organizzazione. Io ho avuto questa fortuna di saperne di piu’ in quanto apparte­nente a Famiglia di sangue da tempo inserita in Cosa Nostra ed essendo tra l’altro io operante in provincia nel centro della Sicilia ove per ragioni geografiche e’ piu’ facile ve­nire a conoscenza di fatti riguardanti l’Organizzazione. Ho infatti appreso che circa tre mesi e mezzo fa si e’ svolta una riunione della Regione in provincia di Enna che attualmente trovasi abbastanza defilata rispetto alla pressione delle Forze dell’Ordine nelle limitrofe Provincie di Paler­mo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta. Dalla riunione appre­si perche’ me ne parlo’ MICCICHE’ Liborio in occasione di un contatto che io ebbi con lui, allorche’ gli raccomandai, re­candomi a Pietraperzia, una cooperativa di San Cataldo for­mata da giovani comunisti che dovevano effettuare dei lavori a Barrafranca.

Mi recai a parlare col MICCICHE’ Liborio in compagnia di ta­le LUPO e di altra persona di cui non ricordo il no­me, entrambi membri della cooperativa, e si raggiunse l’accordo che costoro non avrebbero pagato alcuna tangente ma avrebbero assicurato al MICCICHE’ Liborio che presso di lui si sarebbero rifornite di ferro, calcestruzzo e gli avrebbero assicurato i movimenti di ter­ra. Nell’occasione il MICCICHE’ Liborio mi confido’ che do­veva allontanarsi con urgenza poiche’ vi era in corso o do­veva iniziare la riunione della Regione proprio in quella provincia di Enna. Non mi preciso’ il luogo , ma io supposi che la riunione dovesse avvenire in casa di tale VALVO Pao­lo, fuori Pietraperzia, precisamente un caseggiato cui si accede lasciando la strada Enna Piazza Armerina, caseggiato in cui io una volta mi ero recato trovandovi dei latitanti. Altra casa in cui supposi che potesse avvenire questa riu­nione e’ quella in cui mandai un giovane di San Cataldo, non Uomo d’Onore, tale AUGELLO Remigio di anni venticinque circa figlio di un commerciante di carta da parati che si diletta di apparecchiature radio. Costui mi aveva regalato una appa­recchiatura per evitare le intercettazioni telefoniche ed altra per intercettare le autoradio delle Forze dell’Ordine. Il MICCICHE’ Liborio recandosi a casa mia ed accorgendosi che ero in possesso di queste apparecchiature mi prego’ di mettergli a disposizione questo giovane per montare presso una abitazione di campagna altra apparecchiatura utilizzabi­le a questo scopo. Io feci cosi’ come mi era stato richie­sto. Non so dove fosse questa casa di campagna, dove il AU­GELLO Remigio so venisse accompagnato da tale MONACHINO Gio­vanni Uomo d’Onore della Famiglia di Pietraperzia. Ritengo tuttavia che l’apparecchiatura si trovi ancora nel luogo ove e’ stata installata. Il AUGELLO Remigio mi riferi’ che la prima volta che si reco’ in quella casa trovo’ dei latitanti dei quali tuttavia non sapeva i nomi. Dopo qualche tempo vi fu un blitz in Caltanissetta e furono pubblicate delle foto­grafie sui giornali. Osservandole il AUGELLO Remigio rico­nobbe alcune delle persone che aveva incontrato che cosi’ potei identificare in EMMANUELLO Nunzio e PASSARO Gianni. Ma a detta del AUGELLO Remigio ve ne erano degli altri. Si da atto che alle ore 15.00 si effettua una interruzione di un’ora per il pasto.

Alle ore 16.00 il presente verbale viene riaperto alla pre­senza delle persone di cui sopra.

L’indagato dichiara: a proposito di apparecchiature elet­troniche intendo riferire alle SS.LL altre circostanze; mi ero personalmente adoperato affinché BURCHERI Vincenzo inte­so MENNA, che io sospettavo essere confidente delle forze dell’ordine fosse messo “fuori confidenza” dalla famiglia di San Cataldo.

“Fuori confidenza” significa allontanare un membro della fa­miglia con obbligo da parte degli altri uomini di onore di evitarlo, comunicandogli financo che e’ stata a­dottata questa decisione. Si tratta di qualcosa di che io sospettavo essere confidente delle forze dell’ordine fosse messo “fuori confidenza” dalla famiglia di San Cataldo.

“Fuori confidenza” significa allontanare un membro della fa­miglia con obbligo da parte degli altri uomini di onore di evitarlo, comunicandogli financo che e’ stata a­dottata questa decisione. Si tratta di qualcosa di
di­verso dal cd. “uomo d’onore posato”, il quale viene invece sostanzialmente emarginato dalla famiglia senza che tuttavia lui ne sappia nulla e che nessuno gli comunichi alcunche’. Nonostante la posizione assunta dal BURCHERI Vincenzo, notai dopo qualche tempo che TERMINIO Cataldo fu’ Nicolò frequen­tava la macelleria del BURCHERI e pertanto lo chiamai chie­dendogliene le ragioni. Il TERMINIO mi disse che c’era il permesso della Provincia di contattare nuovamente il BURCHE­RI per tenerlo vicino dato che frattanto BURCHERI era riu­scito a contattare i Siracusani e ad averli in mano. In realtà il gruppo di Siracusa, che non e’ composto da uomini d’onore pur essendo affermato nell’ambito criminale, era da prima controllato da IANNI’ Francesco e prima ancora da DI CRISTINA Giuseppe. Dopo la morte di entrambi (IANNI fu’ uc­ciso dopo le dichiarazioni di CALDERONE Salvatore dalle qua­li si apprese che il padre di MADONIA Giuseppe era stato uc­ciso da DI BILIO, quest’ultimo molto vicino a IANNI, che era stato ospitato dal suddetto a Roma, e a DI CRISTINA Giuseppe) il BURCHERI Vincenzo era riuscito ad avere rapporti con i Siracusani contattando in particolare SALAFIA Valentino da Villasmundo. Nell’ambito di questa situazione amichevole, oltre ad ottenere l’aiuto dei Siracusani per delitti da com­mettere nella nostra zona, il BURCHERI aveva agganci molto utili. Nel corso recentissimo della mia detenzione questi rapporti mi si chiarirono ulteriormente in quanto avendo in­contrato nel carcere di prima ancora da DI CRISTINA Giuseppe. Dopo la morte di entrambi (IANNI fu’ uc­ciso dopo le dichiarazioni di CALDERONE Salvatore dalle qua­li si apprese che il padre di MADONIA Giuseppe era stato uc­ciso da DI BILIO, quest’ultimo molto vicino a IANNI, che era stato ospitato dal suddetto a Roma, e a DI CRISTINA Giuseppe) il BURCHERI Vincenzo era riuscito ad avere rapporti con i Siracusani contattando in particolare SALAFIA Valentino da Villasmundo. Nell’ambito di questa situazione amichevole, oltre ad ottenere l’aiuto dei Siracusani per delitti da com­mettere nella nostra zona, il BURCHERI aveva agganci molto utili. Nel corso recentissimo della mia detenzione questi rapporti mi si chiarirono ulteriormente in quanto avendo in­contrato nel carcere di Caltanissetta DI BENEDETTO Giuseppe inteso “piattaro” da Siracusa, costui mi rivelo’ che nell’ambito di quei buoni rapporti, CAMMARATA Pino, capo mandamento di RIESI e persona di assoluta fiducia di MADO­NIA e TERMINIO Cataldo consigliere delle Provincia di Calta­nissetta e soldato della mia famiglia avevano potuto ottene­re la consegna di due telecomandi che erano stati espressa­mente richiesti, che io intuii, poiche ovviamente solo di questo poteva trattarsi, essere telecomandi per esplosivi. Tali telecomandi erano stati ceduti da URSO Agostino che e’ stato ucciso due giorni fa’ previo appuntamento preso con costui tramite SALAFIA Valentino fratello di SALAFIA Nunzio. Faccio presente che il nome di questo URSO quale fornitore dei telecomandi era stato gia fatto da me, nel corso di una conversazione informale con il personale della Polizia che mi custodisce, qualche giorno prima di quando appresi del suo omicidio. Subito dopo l’omicidio di Falcone, alla cui notizia accolta con un boato da parte della popolazione car­ceraria (grida di esultanza che furono subito sedate proprio dagli appartenenti a Cosa Nostra, per evitare che cio’ fosse interpretato dalla Amministrazione car­ceraria ai nostri danni e quindi
evitare provvedimen­ti disciplinari) nella mia cella si brindo’ con ARGENTI Emanuele di Guido ARGENTI Maurizio e tutti gli altri cola’ ristretti, di cui sei eravamo uomini d’onore, il DI BENEDET­TO Giuseppe, nel comune corridoio che si attraversa per anda­re all’aria, mi fece le congratulazioni, facendomi intuire che pensasse che l’attentato al magistrato era stato commes­so con l’uso di quei telecomandi e con il concorso della mia “famiglia”. Faccio presente che il DI BENEDETTO e nella stessa cella con altro URSO Agostino cugino di quello ucciso e pertanto io sapevo bene che aveva notizie di prima mano. Faccio presente che oltre ai telecomandi, l’organizzazione dispone di un più grande quantitativo di armi, ivi compresi almeno tre Bazooka. Mi risulta che MERCENO’ Caloge­ro, capo bastone della ‘ndrangheta a Varese, vendette ai pa­lermitani un quantitativo di armi per circa 150 milioni: si trattava di armi leggere ed anche di Kalaschnikov provenien­ti dalla svizzera al prezzo di circa 3 milioni ciascuno. Cio so’ perche’ prima di effettuare la vendita il MARCENO’ mi chiese se poteva fidarsi, nel senso che non voleva consegna­re le armi se non a soggetti graditi a Cosa Nostra, in par­ticolare alla corrente di MADONIA Giuseppe. Io lo rassicurai quando, dopo circa dieci giorni ebbi modo di assumere infor­mazioni tramite CAMMARATA Pino e TERMINIO Cataldo, sulla [2]” del quale non ricordo il cognome ma che ha una abitazione in Palermo in fondo alla Via Roma dove vi e’ uno slargo che conduce verso un quartiere popola­re. Questo Caluzzo era la persona designata ad avere i con­tatti con i politici ai quali andavano versate le varie quo­te della tangente. Questa era stata fissata nella misura del cinque e mezzo per cento di cui come ho detto, 70 milioni per Cosa Nostra ed il resto per i politici. Può darsi che del Caluzzo abbia annotato l’indirizzo ed il numero di tele­fono nelle mie carte in possesso dello SCO.

Con FERRARO di cui piu sopra ho parlato, io nel 1987 o 1988 mi sono recato a San Giuseppe Jato ove era stato fissato un incontro con il rappresentante della Provincia di Trapani del quale non mi fu detto il nome e che peraltro non si pre­sento’. Io avevo il compito, che mi era comunque usuale, di accompagnare il FERRARO e cio facevo per espresso incarico del MADONIA Giuseppe. A San Giuseppe Jato ci recammo dapprima nell’officina di ta­le “Balduccio[4]” . Questo medico non mi e’ stato presentato come uomo d’onore, ha i baffi, capelli scuri possiede una BMW 524 turbo diesel acquistata a San Cataldo presso la concessionaria “TOPS AU­TO”.

ADR. Nulla so in ordine all’omicidio dell’On. LIMA Salvo ne di eventuale suo coinvolgimento in affari di mafia. Posso dire soltanto che si diceva che durante le ultime ele­zioni l’Avv. BEVILACQUA, andreottiano di Barrafranca, ha avuto un accredito di qualche centinaio di milioni per so­stenere le candidature della corrente; si tratta dello stes­so avvocato che so essersi interessato in favore dell’impre­sa “PIETRINA” che intendeva essere introdotta presso la mi­niera Pasquasia per alcuni lavori e credo che abbia ottenuto quello che desiderava tramite una raccomandazione dell’On. LIMA. Posso dire che nella miniera lavorano non solo ditte controllate dalla mafia ma anche singoli dipendenti mafiosi o parenti di mafiosi tramite i quali si possono ac­quisire con facilita’ eventuali materiali che interessano, compresi gli esplosivi e i detonatori elettrici.

ADR. Duran­te i periodi della mia detenzione ho conosciuto tantissimi uomini d’onore di Palermo compresi i piu’ noti mafiosi con cui spesso ho condiviso la cella.

ADR. Ho conosciuto altre­si’ esponenti mafiosi della provincia di Agrigento RIBISI Gioacchino ed RIBISI Ignazio, DI CARO Giuseppe, ed altri dei quali mi riservo di fornire in proseguo numerosi parti­colari.

Dal 24.06.84 e per diciotto mesi sono stato detenuto perche’
imputato dell’omicidio di GAMMINO Giuseppe. Sempre assolto in fase di merito pende attualmente ricorso per Cassazione. Fui detenuto da prima a Caltanissetta quindi a Trapani, Pa­lermo e Termini Imerese. Ho avuto pertanto modo di conoscere anche per tale ragione numerosi uomini d’onore delle provin­ce di Trapani e Palermo fra i quali PULLARA’ Giovanni Batti­sta ed altri dei quali mi riservo di fornire tutti i parti­colari a mia conoscenza.

A questo punto dovendo l’Ufficio procedere all’esame della documentazione di cui e’ cenno nel corso del presente inter­rogatorio quest’ultimo viene sospeso e rinviato al 1 Luglio 1992 alle ore 9.00, invitandosi il MESSINA ed il suo difen­sore a tenersi per assistere al verbale relativo all’esame della

documentazione cui si dara’ immediatamente luogo.

F.L.C.S.

F.TO: V. ALIQUO’, P. BORSELLINO, E. LAPI, A. MANGANELLI, G. CALDAROZZI, L. MESSINA.





[2]v: CALA’ Calogero, cfr. verbale del 9.7.92

[4] V. DI MAGGIO Baldassare