Via d’Amelio, la relazione di La Barbera il giorno dopo la strage: “Consegnata la borsa e l’agenda di Borsellino al procuratore Tinebra”
Una relazione con la firma di Arnaldo La Barbera, il superpoliziottoche secondo le accuse si sarebbe appropriato dell’agenda rossa di Paolo Borsellino.
In quel foglio di carta c’è scritto che la borsa del magistrato ucciso da Cosa nostra e “un’agenda in pelle” sono state consegnate all’allora procuratore capo di Caltanissetta, Giovanni Tinebra.
La data è del 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage di via d’Amelio. Solo che di quella relazione non c’era traccia alla procura di Caltanissetta.
E d’altra parte vari testimoni hanno raccontato di come la valigetta di Borsellino fosse rimasta sul divantetto all’interno dell’ufficio di La Barbera per vari giorni dopo la strage.
A raccontare l’ultimo mistero sulla scomparsa dell’agenda di Borsellino è il quotidiano La Repubblica.
Quella relazione è stata acquisita alla Squadra Mobile di Palermo dalla procura di Caltanissetta, che la cita nel provvedimento con cui si ordinano le perquisizioni a casa della moglie e della figlie di La Barbera, morto nel 2002 e oggi indicato come il grande gestore del depistaggio.
Il procuratore Salvatore De Luca e l’aggiunto Pasquale Pacificohanno riaperto le indagini sulla scomparsa dell’agenda in cui Borsellino annotava i dettagli delle sue indagini, cominciate dopo la strage di Capaci.
Secondo le indagini dei pm e del Ros dei carabinieri il diario del magistrato era finito a La Barbera, che addirittura lo avrebbe lasciato nelle disponibilità della sua famiglia dopo la morte.
A raccontarlo alla procura è stato, nei mesi scorsi, un supertestimone: si tratta del padre di un’amica di Serena La Barbera, figlia dell’ex capo della Mobile. Al teste sarebbe arrivata una richiesta da sua figlia: “La mia amica Serena non si sente più di tenere una cosa di suo padre, che è morto nel 2002, era il questore di Palermo Arnaldo La Barbera. Potresti conservarla tu?”. Il testimone ha chiesto di cosa si trattasse. Risposta: “È l’agenda rossa di Borsellino“. Comincia da qui l’ultima inchiesta della procura di Caltanissetta, che ha messo sotto indagine la figlia e la moglie di La Barbera, entrambe indagate. Le perquisizioni ordinate nei mesi scorsi hanno riguardato anche la postazione di lavoro occupata negli uffici dell’Aisi, i servizi segreti interni, dalla figlia dell’ex superpoliziotto. “Mia figlia – ha detto sempre il testimone – mi ha raccontato anche un’altra confidenza di Serena La Barbera: sua madre, su indicazione fornita dal marito prima di morire, ha usato la documentazione che nascondevano per fare assumere la figlia ai servizi di sicurezza”.
E mentre gli investigatori analizzano il risultato delle perquisizioni, dal passato emerge anche questa relazione inedita in cui La Barbera sostiene di aver consegnato tutto – borsa e agenda di Borsellino – a Tinebra.
Ma di quella carta non c’era mai stata traccia a Caltanissetta. E d’altra parte il 20 luglio – ma anche nei giorni successivi – la valigetta di Borsellino era negli uffici della Mobile. Lì racconta di averla vista la funzionaria di Polizia, Gabriella Tomasello: “Potrei averla vista sul divano dell’ufficio dell’allora Dirigente della Squadra Mobile, Arnaldo la Barbera, ma non ne ho la certezza.
Aggiungo che ciò potrebbe essersi verificato nella tarda serata del 19 luglio”, ha messo a verbale la poliziotta già nel 2006. Anche un altro funzionario, Andrea Grassi, ha detto di aver “visto una borsa in cuoio negli uffici della Squadra Mobile di Palermo, forse nella stanza del Dirigente della Sezione Omicidi.
Non ho visionato il contenuto della borsa, che ricordo aperta, circostanza che mi fece notare alcuni effetti personali quali un pantaloncino o una maglietta tipo tennis“.
Quella borsa rimarrà nelle disponibilità degli inquirenti per più di tre mesi: a novembre, infatti, La Barbera andrà a consegnarla alla famiglia Borsellino. Nella valigetta, però, non c’era già più l’agenda rossa, come farà notare Lucia Borsellino. “Quando chiesi che fine avesse fatto, mi fu risposto appunto che non c’era e al mio insistere il questore La Barbera disse a mia madre che io probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologicoperché ero molto provata. Mi fu detto addirittura che deliravo”, ha raccontato la figlia del giudice durante un’udienza del Borsellino quater.
Risale a pochi giorni prima, il 5 novembre del 1992, il verbale di apertura della borsa, firmato dal pm Fausto Cardella. Il magistrato scrive che dentro la borsa c’erano due pacchetti di sigarette marca Dunhill, “un paio di pantalocini da tennis bianchi, un costume da bagno, un carica batterie per telefono con batteria e accessori e un ritaglio di giornale”.
Cardella ordina di restituire tutto alla famiglia. Non solo la borsa ma anche “un’agenda legale 1992 appartenuta a Borsellino“. Si tratta della rubrica telefonica marrone che di recente Lucia Borsellino ha consegnato alla commissione Antimafia. È a questa agenda che fa riferimento La Barbera quando scrive di averla consegnato a Tinebra? O parla dell’agenda rossa?
Nel verbale di apertura della borsa il pm Cardella annota anche la presenza di altri oggetti: un paio d’occhiali, un mazzo di chiavi, un pacchetto di fazzoletti, uno scontrino fiscale, tre fogli di carta spillati. “Detti oggetti erano contenuti in un sacchetto nel quale si legge: rinvenuto sul luogo della strage da Maggi Francesco“.
Si tratta del poliziotto che ha sostenuto di aver prelevato la borsa dall’auto in fiamme di Borsellino e di averla portata alla Mobile. Un racconto smentito recentemente da altri tre testimoni, tutti poliziotti, che hanno raccontato di un possibile passaggio di manodella borsa avvenuto in via d’Amelio tra un capitano dei carabinieri – in teoria si tratta di Giovanni Arcangioli, che per queste vicende è già stato prosciolto – e l’ispettore Giuseppe Lo Presti. “Quest’ultimo mi fece consegnare dal militare la borsa per poggiarla dentro la macchina di Maggi”, ha messo a verbale poche settimane fa Armando Infantino.
Il diretto interessato, cioè Lo Presti, ricorda invece pochissimo su quella giornata anche se non ha smentito il racconto del collega. Lo Presti dice comunque di essere “certissimo” di aver compilato una relazione di servizio sui suoi movimenti in via d’Amelio: quella relazione, però, non si trova. Anche Maggi ha stilato un documento che riassume le sue attività sul luogo della strage, compreso il ritrovamento della valigetta che secondo il suo racconto sarebbe stata prelevata direttamente dall’auto in fiamme di Borsellino e poi trasferita alla Mobile nell’ufficio di La Barbera. Quella relazione, però, risale al dicembre del 1992. A chiedergli di redigere quella relazione fu espressamente La Barbera, cinque mesi dopo la strage. di F. Q.| 5 Dicembre 2023
Agenda Borsellino, l’ultimo colpo di scena: assieme alla borsa sarebbe stata presa in consegna dal procuratore
La borsa e l’agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbero state prese in consegna dal procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra.
A dirlo, in una annotazione di servizio datata 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage di via D’Amelio, è l’allora capo della squadra mobile di Palermo, poi promosso questore, Arnaldo La Barbera.
L’annotazione, di cui si ignorava l’esistenza fino ad oggi, è stata acquisita nei giorni scorsi dai magistrati nisseni che stanno indagando sulla sparizione di questa agenda dove il magistrato era solito annotare appunti riservati e relativi alle sue indagini più delicate.
Di quella relazione, però, non c’era traccia alla Procura di Caltanissetta: pur essendo regolarmente protocollata e firmata, non è mai stata trasmessa per competenza ai Pm, rimanendo per oltre trent’anni in un faldone dell’archivio della Questura del capoluogo siciliano.
La pista
L’annotazione è stata adesso utilizzata per motivare il provvedimento di perquisizione domiciliare nei confronti di Serena La Barbera, figlia del dirigente della polizia e di sua moglie. Un supertestimone, il padre di un’amica di Serena, avrebbe riferito una confidenza della figlia. “La mia amica Serena non si sente più di tenere una cosa di suo padre, che è morto nel 2002, era il questore di Palermo Arnaldo La Barbera. Potresti conservarla tu?”, le parole della ragazza.
“Mia figlia – ha detto sempre il testimone – mi ha raccontato anche un’altra confidenza di Serena La Barbera: sua madre, su indicazione fornita dal marito prima di morire, ha usato la documentazione che nascondevano per fare assumere la figlia ai servizi di sicurezza”.
Come raccontato il mese scorso dal Riformista, per la sparizione dell’agenda venne indagato l’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli. L’ufficiale venne immortalato con in mano la borsa di Borsellino. La foto, scattata tra le 17,20 e le 17,30 del 19 luglio 1992, fu scoperta casualmente solo nel 2005.
Il fascicolo
Dopo la sua pubblicazione venne aperta un’inchiesta e Arcangioli, nel 1992 in servizio al Nucleo operativo del comando provinciale di Palermo, finì indagato per il furto dell’agenda da cui sarà prosciolto definitivamente nel 2009.
Nella sentenza d’appello del processo Borsellino Quater a Caltanissetta i giudici dedicarono un capitolo alla sparizione dell’agenda, evidenziando le “molteplici contraddizioni fra le deposizioni dei vari testi esaminati”.
Pur prendendo atto dell’assoluzione di Arcangioli, poi promosso generale, i giudici nisseni ne sottolinearono il comportamento “molto grave”. Arcangioli aveva ammesso la circostanza, scrissero i magistrati, “senza fornire alcuna spiegazione plausibile del suo comportamento, poco chiaro, limitandosi a dichiarare che la borsa in questione – dal suo punto di vista – in quel momento, era un oggetto di scarsa o nulla rilevanza investigativa e che non ricordava alcunché”. Per i giudici si trattò di un’affermazione “scarsamente credibile” e anche “in palese contraddizione con la circostanza che il teste, in quel contesto così caotico e drammatico, si premurava di prelevare la borsa dalla blindata, guardando all’interno della stessa”.
I nuovi sviluppi sollevano ora interrogativi a cui è importante dare immediata risposta. Perché La Barbera, ad esempio, avrebbe scritto una relazione senza mai inoltrata in Procura? E, soprattutto, perché non venne mai sentito il procuratore di Palermo dell’epoca Piero Giammanco?