MARIA ALBANESE: “Creare nuovo fronte dell’Antimafia, da politica siciliana nessun tentennamento”
Al QdS Mari Albanese, componente assemblea nazionale Pd, che coordinerà la sezione. “Una battaglia che dobbiamo portare avanti dentro e fuori le istituzioni”.
Parlare oggi di Antimafia sociale significa partire dalla base di ciò che negli ultimi trent’anni sarebbe dovuto divenire realtà, ma che ha visto una strada ben più tortuosa di ciò che si immaginava.
I ricordi di Pio La Torre, Padre Puglisi, Peppino Impastato, così come di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vengono spesso sporcati da un utilizzo generalizzato che non rende onore a chi ha fatto alzare la testa a tanti siciliani e siciliane.
Sull’onda lunga del rinnovamento conseguente al Congresso nazionale, il Pd siciliano cerca di creare un contenitore che si occupi di Antimafia sociale, dando vita a un nuovo Dipartimento regionale che verrà coordinato da Mari Albanese, palermitana, insegnate e scrittrice, da anni in prima linea sul tema e componente dell’Assemblea nazionale del Pd.
L’intervista a Mari Albanese sull’antimafia sociale
Se dovesse raccontarci le prime tre priorità del nuovo dipartimento, quali sceglierebbe?
“Per prima cosa bisogna chiarire, una volta per tutte, il concetto di Antimafia sociale. C’è un certo imbarazzo oggi a parlarne, si ha paura di cadere in una facile retorica. Bisogna donare nuovo slancio alla memoria, ma soprattutto all’impegno che deve partire dal basso. Dalle scuole, dai movimenti, dalla società civile. La politica deve aprirsi a ciò che accade fuori dalle proprie stanze. Tornare nei quartieri, stare accanto agli ultimi e soprattutto tornare a studiare e a produrre pensiero. In questi giorni sto creando dei gruppi di lavoro attorno a nodi tematici precisi, il Dipartimento non vedrà come protagonisti solo dirigenti e militanti del Pd, ma anche competenze esterne di cui il nostro partito ha bisogno. Servono nuovi paradigmi che possano aiutarci a comprendere cosa è la mafia oggi e come porre una sana antitesi alla stessa. Un nodo centrale sarà quello del ruolo delle donne all’interno delle organizzazioni mafiose. E poi dobbiamo metterci in cammino per narrare, non solo le esperienze di lotta più belle della nostra terra, ma ciò che la Sicilia trattiene tra le sue maglie. Ciò che non si vuole raccontare.
L’antimafia sociale è un tema spinoso che non sempre viene maneggiato con consapevolezza. In che modo può inserirsi nell’agone politico siciliano in un momento in cui servirebbe un lavoro di educazione civica e civile generalizzata su questi temi?
“Questo è proprio il tempo in cui la politica deve porre al centro delle sue priorità la lotta alla mafia dentro e fuori le istituzioni. In Sicilia, e penso anche altrove, non possono esserci mezze misure o tentennamenti.
Questo è il tempo in cui chi è stato condannato per concorso esterno all’associazione mafiosa rialza la testa e ritorna a fare politica. Questo è il tempo in cui la mafia gode, in maniera capillare, del supporto della politica istituzionale, continuando indisturbata i propri affari.
In cui nonostante l’arresto dei Capi di Cosa Nostra, la mafia non è invisibile, è bianca, indossa giacca e cravatta e la si può rintracciare in ogni anfratto del potere. Ecco, bisogna tornare a parlare di nuova borghesia mafiosa.
Quello che sta accadendo non solo a livello regionale, ma nazionale è inquietante.
Da Milano a Palermo, dall’Europa agli Stati Uniti, la mafia si è globalizzata divenendo fluida, comprendendo i mercati e dirigendone le scelte”.
Altro tema fondamentale si lega ai grandi cantieri che si apriranno in Sicilia con il PNRR e al rischio di infiltrazioni di cui nessuno di noi vorrebbe parlare, ma che è pericolo tangibile. Quale è il ruolo della collettività? Non sarebbe utile una mobilitazione sociale e trasversale contro la mafia che si ponga a tutela dell’interesse dei siciliani?
“Il Governo, inoltre, ha pensato in maniera aberrante di stornare 300 milioni del Pnrr che erano destinati alla valorizzazione dei beni confiscati alla mafia. Andremo nei Comuni siciliani dove erano gìà stati finanziati dei progetti. Proveremo a narrare cosa poteva essere e non sarà mai.
L’attacco al riutilizzo sociale è figlio di una visione reazionaria e pericolosa che va contro i nostri ideali di sempre. Riappropriazione da parte della collettività del mal tolto, creazione di nuovi posti di lavoro, trasparenza e legalità.
Il fronte dell’antimafia non va indebolito.
Non possiamo permetterci di tornare indietro e buttare alle ortiche i risultati raggiunti. Lo dobbiamo prima di tutto a Pio La Torre. Lavoreremo in sinergia con le associazioni, le cooperative, da sempre impegnati nei movimenti antimafia, per provare a dare una visione d’insieme. È arrivato il momento di parlare di mafie, al di là delle loro declinazioni territoriali e, come dicevo, produrre pensiero che poi è l’anticamera dell’agire”. QUOTIDIANO DI SICILIA 10.12.2023