“Quella borsa la prendiamo noi”
Grazie al racconto di tre poliziotti la Procura di Caltanissetta ritiene di aver ricostruito i passaggi di mano della valigia di Borsellino
C’è un capitano dei carabinieri che regge in mano la valigetta di Paolo Borsellino: si trova alla fine di via D’amelio, quando s’imbatte in un ispettore di Polizia.
Che lo blocca e gli intima di consegnargli la borsa: sul luogo della strage, dice, sono arrivati prima loro e dunque la competenza delle indagini non è dell’arma.
Il capitano non ha nulla da obiettare: cede la borsa a un collega di quel poliziotto, che la ripone su un’auto di servizio.
È questa la scena che la Procura di Caltanissetta ritiene di aver ricostruito sullo scenario infernale della strage di via D’amelio.
Un’istantanea composta dai ricordi frastagliati di tre poliziotti, ascoltati tra il 2019 e il novembre del 2023: racconti sbiaditi, in alcuni passaggi monchi, anche a causa del lungo tempo trascorso, che però vengono considerati credibili da parte degli investigatori.
Sono questi i nuovi verbali che il pm Maurizio Bonaccorso ha depositato agli atti del processo d’appello sul depistaggio, attingendo dal materiale recuperato dall’ufficio inquirente nisseno.
Il procuratore Salvatore De Luca e l’aggiunto Pasquale Pacifico, infatti, hanno riaperto l’inchiesta sulla scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino, seguendo due filoni: da una parte ipotizzano che il diario sia finito ad Arnaldo La Barbera, il superpoliziotto morto nel 2002 indicato come il grande gestore del depistaggio.
Per questo motivo hanno effettuato varie perquisizioni nei mesi scorsi, in un caso anche nella postazione di lavoro occupata negli uffici dell’aisi, i servizi segreti interni, dalla figlia di La Barbera, indagata insieme alla madre.
Parallelamente i pm stanno provando a ricostruire il percorso fatto dalla valigetta in cui Borsellino aveva riposto la sua agenda. Fotografata l’ultima volta in via D’amelio in mano al capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, la borsa ricompare già la sera del 19 luglio nell’ufficio di La Barbera alla Mobile, dove sostiene di averla portata l’agente Francesco Maggi.
Come ci è finita?
Secondo la procura è avvenuto una sorta di passaggio di mano tra Arcangioli (che non ne ha mai parlato, nonostante per questa storia sia finito sotto inchiesta prima di essere prosciolto) e i poliziotti.
Secondo la procura è avvenuto una sorta di passaggio di mano tra Arcangioli (che non ne ha mai parlato, nonostante per questa storia sia finito sotto inchiesta prima di essere prosciolto) e i poliziotti.
Un’ipotesi sostenuta dopo aver recuperato i verbali di Armando Infantino, Giuseppe Lo Presti e Nicolò Manzella.
Sono tre agenti arrivati in Via D’Amelio subito dopo la strage, interrogati nel 2019 e poi di nuovo pochi giorni fa.
Il primo a parlare è Infantino, che il 12 marzo di quattro anni fa mette a verbale: “Mentre mi trovavo in via D’amelio un mio superiore, di cui non saprei dare indicazioni, mi consegnò una borsa di pelle che presentava delle bruciature, dicendomi di andare a posarla all’interno dell’auto, parcheggiata all’inizio di via D’Amelio. Ricordo che fuori dall’auto vi era il collega Maggi”.
Giorni dopo torna dai pm e specifica di non aver saputo se quella fosse la borsa di Borsellino ma che “era originariamente nelle mani di un soggetto al quale un mio superiore – che al 90 % identifico nell’ispettore Lo Presti – ordinò di consegnarla al collega, cioè a me”.
Chi era quel soggetto? “Ritengo che fu un carabiniere, ma questa e una sensazione che maturai al tempo e oggi non sono in grado di spiegarla ”.
I pm hanno mostrato a Infantino la foto dei Arcangioli, ma il poliziotto non lo ha riconosciuto, spiegando solo di “averlo visto in tv”.
Passano quattro anni e i ricordi del Infantino sono quasi più nitidi: “Per quanto concerne la circostanza da me già riferita inerente il carabiniere con la placca che si avvicinava al capannello di noi personale di polizia portando la borsa di Borsellino in mano e che vidi e sentii interloquire con Lo Presti, confermo che quest’ultimo mi fece consegnare dal militare la borsa per poggiarla dentro la macchina di Maggi”.
Ancora più dettagliato il racconto di Manzella, che nel maggio 2019 racconta: “Vidi l’ispettore Lo Presti discutere con un ufficiale dei carabinieri in borghese, che aveva in mano una borsa di pelle marrone”.
Anche a Manzella mostrano l’album e lui riconosce in Arcangioli l’uomo della borsa. Il capitano, secondo il testimone, fu affrontato da Lo Presti: “Gli disse che stavamo procedendo noi della Polizia, non vi era ragione che trattenesse quella borsa. Intuii che si trattasse della borsa di Borsellino”.
A sentire Manzella nel giro di pochi secondi Arcangioli consegnò la borsa a Lo Presti. Il quale, però, di tutta questa storia ricorda pochissimo.
Sentito nel 2019 dice di non aver alcuna memoria di quel passaggio di mano, nonostante Infantino gliel’avesse ricordato già due anni prima: “Ebbi una sorta di flash, cercai di appuntare la mia attenzione su quella giornata per cercare di riaccendere i miei ricordi”.
Tentativo fallito: “Non sono sicuro se le mie impressioni sono frutto di ricordi genuini o indotti da racconti di Infantino o addirittura dalle immagini in tv”.
Anche a Lo Presti i pm fanno vedere una foto di Arcangioli ma lui dice di non averlo mai conosciuto.
Il poliziotto, però, non smentisce il collega: “Quello di Infantino è un racconto verosimile di cui tuttavia non ho alcuna memoria”.
Pochi giorni fa è tornato dai pm di Caltanissetta, raccontando una dinamica un po’ diversa: Lo Presti sostiene che fu lui il primo a trovare il corpo di Borsellino e “vicino vi era la sua borsa. Ricordo che dissi ad Infantino di custodirla”. La procura allora gli fa notare che, però, secondo il suo collega la valigetta era in mano a un carabiniere, non vicino al corpo di Borsellino: “Non escludo che le cose siano andate effettivamente come dice Infantino”.
Il poliziotto, però, non smentisce il collega: “Quello di Infantino è un racconto verosimile di cui tuttavia non ho alcuna memoria”.
Pochi giorni fa è tornato dai pm di Caltanissetta, raccontando una dinamica un po’ diversa: Lo Presti sostiene che fu lui il primo a trovare il corpo di Borsellino e “vicino vi era la sua borsa. Ricordo che dissi ad Infantino di custodirla”. La procura allora gli fa notare che, però, secondo il suo collega la valigetta era in mano a un carabiniere, non vicino al corpo di Borsellino: “Non escludo che le cose siano andate effettivamente come dice Infantino”.
Sui suoi movimenti in quella maledetta giornata, il poliziotto dice di essere “certissimo” di avere fatto una relazione di servizio. Che, però, non è stata mai trovata.
FQ 2.12.2023