La separazione delle carriere tra Giudici e PM

La RIFORMA della GIUSTIZIA – Luci e ombre. Presente e passato.



3.10.1991 La Repubblica –  dall’intervista di Mario Pirani al dottor Giovanni Falcone  

Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa.  Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice.
Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti.
Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri.

Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’ Esecutivo.

È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte.  Gli esiti dei processi, a cominciare da quelli di mafia, celebrati col nuovo rito, senza una riforma dell’ ordinamento, sono peraltro sotto gli occhi di tutti”.


estratto dal libro ‘ La posta in gioco. Interventi e proposte per la lotta alla mafia’ – Bur biblioteca univ. Rizzoli. Un approfondimento a  firma di Giovanni Falcone qui di seguito riportato.

…Se così è, a me sembra che continuando a disciplinare unitariamente la carriera dei magistrati con funzioni giudicanti e quella dei magistrati requirenti, non si potranno cogliere normativamente le specificità delle funzioni requirenti e, quindi, non si potranno disciplinare adeguatamente quei passaggi centrali in cui in concreto si gioca l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero; dal momento che non si può disconoscere che un giudice penale, ormai passivo e terzo rispetto all’esercizio dell’azione penale e alla attività di acquisizione delle prove, ha esigenze di indipendenza e di autonomia, identiche nella sostanza ma ben diverse nel loro concreto atteggiarsi, rispetto a un pubblico ministero che ha la responsabilità e l’onere, non solo dell’esercizio dell’azione penale, ma anche della ricerca delle notizie di reato e degli elementi che gli consentiranno di esercitare utilmente il suo magistero. Se non si porrà mente con attenzione a questo delicato aspetto della questione, si correrà il rischio – e già si colgono alcuni segnali in questa direzione – di impantanarsi in dibattiti estenuanti e fuorvianti su problemi che, pur essendo indubbiamente importanti (come ad esempio quello sulla obbligatorietà dell’azione penale), non colgono l’essenza della questione, che è quella di dare slancio e incisività all’azione penale del pubblico ministero, garantendo, però, l’indipendenza e l’autonomia di tale organo.

 

 

 

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𝐃𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞𝐯𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐨𝐫𝐬𝐢 𝐬𝐞𝐩𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐦 𝐞 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐜𝐢? Ma questo non ha niente a che vedere con la separazione delle carriere: anche Armando Spataro ha scritto di recente che Falcone era contrario. Semmai poneva una necessità: i pm non avevano mai coordinato le indagini, dunque avrebbero dovuto avere una preparazione supplementare, al di là delle semplici materie del concorso. D’altra parte se parliamo di separazione delle carriere dovremmo anche ricordare che tipo di carriera ha fatto Giovanni.


ZERO ZERO NEWS 30.5.2024

 

E’ falso!” esclama Gioacchino Natoli, già Presidente della Corte d’Appello di Palermo e uno degli amici più fidati di Falcone fin dalla Procura di Trapani e poi al pool antimafia di Palermo.

Gioacchino Natoli Quale la verità storica “ Si tratta di un ricorrente e ben noto tentativo di « falsificazione »del reale pensiero di Giovanni Falcone, che, peraltro, nella sua vita professionale (dal 1964 al 1992) aveva cambiato funzioni ben 4 volte, passando dalle giudicanti (Pretore a Lentini e giudice a Trapani) alle requirenti (Pm a Trapani), e, poi nel Tribunale di Palermo, dalle giudicanti a quelle requirenti (Procuratore aggiunto). Siamo in presenza, in realtà, di una interpretazione volutamente errata di frasi estrapolate da un contesto più approfondito, sviluppato in due interventi (convegni del 1989 e 1990) pronunciati a Venezia e Senigallia, in cui Falcone teorizzava la necessità di una più accentuata specializzazione del « nuovo PM » rispetto a quanto richiesto nel precedente quadro delineato dal Codice di procedura penale del 1930, essendogli venuto meno il « filtro » della interlocuzione con il giudice istruttore prima dell’eventuale processo dinanzi al Tribunale o alla Corte di Assise. Infatti, alla fine dell’intervento di Venezia, Falcone specificava che la questione da lui teorizzata « merita l’approfondimento di tutte le possibili implicazioni ». A dimostrazione del fatto, peraltro chiaro a chiunque lo abbia conosciuto e frequentato, che stava soltanto ponendo all’attenzione generale il cambiamento generato nel funzionamento della giustizia dal nuovo Codice di procedure penale del 1989.”