Parla l’ex Pm di Massa Carrara AUGUSTO LAMA: “Cosa nostra era entrata in borsa”

 

A fine maggio pubblicammo un’intervista congiunta a Mario Mori e Giuseppe De Donno sul dossier mafia-appalti. Vi fu una domanda anche sulla indagine toscana sulle cave di marmo. La procura di Massa Carrara negli Anni ’90 aveva scoperto due società la Imeg Spa e la Sam Spa, i cui pacchetti azionari erano della Calcestruzzi Ravenna Spa, società del Gruppo Ferruzzi/Gardini, la quale gestiva affari con i Buscemi, fedelissimi di Riina, avendo nominato proprio come amministratore unico il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonio Buscemi, per espandere ancor più a livello economico e finanziario la holding Ferruzzi a livello internazionale, nazionale e in Sicilia. Massa Carrara informò i Pm di Palermo che archiviarono.
Il dottor Gioacchino Natoli, all’epoca titolare del dossier, ci inviò una rettifica in cui ribadiva, che “le indagini collegate vennero puntualmente svolte” e che “l’archiviazione fu richiesta perché non era emerso alcun elemento a carico dei boss Buscemi nell’ambito di quella specifica ipotesi investigativa”.

Poco dopo il Natoli venne indagato per calunnia e per favoreggiamento a Cosa nostra dalla Procura di Caltanissetta per aver insabbiato tale inchiesta, insieme al generale del corpo d’Armata della Guardia di Finanza, Stefano Screpanti e all’ex magistrato, Giuseppe Pignatone, attualmente presidente del tribunale nello Stato estero del Vaticano. I magistrati nisseni contestano a tutti «un’indagine apparente», in concorso con l’allora procuratore Pietro Giammanco, dopo aver ricevuto gli atti da Massa Carrara per aiutare imprenditori come Francesco Bonura, Antonino Buscemi e Raoul Gardini.
Accuse gravissime visto che il giudice Falcone prima e il dottor Borsellino poi, seguivano e indagavano proprio il flusso di denaro illecito e gli incastri societari economici e finanziari del sodalizio mafioso negli appalti delle grandi holding anche quotate in Borsa.
Per la prima volta, dopo gli avvisi di garanzia eccellenti della procura di Caltanissetta, parla l’ex pm Augusto Lama, titolare dell’inchiesta di Massa Carrara, che aveva scoperto negli anni ’90 i criminali mafiosi di Riina nelle società Ferruzzi/Gardini.

La Procura di Caltanissetta, ha aperto un fascicolo proprio sulla sua inchiesta. E continuerà ad allargarsi.
Sono stato sentito come persona informata sui fatti, nel marzo del 2023 dalla procura di Caltanissetta. Non ho commenti da fare, perché non mi competono, oltre che per rispetto di chi sta indagando e anche di chi deve difendersi.
Un parere lo avrà.
Posso affermare, perché lo pensavo allora e continuo a ritenerlo ora che la procura di Palermo, negli anni ’91-’92, non dette la giusta rilevanza e importanza ai dati della nostra inchiesta. Una maggiore attenzione agli esiti della nostra indagine apuana e soprattutto al famoso rapporto del Ros dei Carabinieri su mafia-appalti e un conseguente approfondimento investigativo, avrebbero consentito di avviare questa inchiesta con qualche anno di anticipo. Se poi, fu dovuto a una fisiologica divergenza di valutazione di situazioni processuali che vi può essere tra due o più, autorità giudiziarie, o ad una presunta volontà di favoreggiamento di una o più famiglie di Cosa nostra è questione sulla quale dovrà pronunciarsi la procura di Caltanissetta.
Aver trovato i Buscemi nella Calcestruzzi Ravenna Spa di Ferruzzi/Gardini, non è da poco.
I dati erano di natura indiziaria. Però, secondo me e tutti i miei collaboratori che operavano nelle indagini preliminari del nostro dossier, erano chiari e accertati gli intrecci societari tra la Calcestruzzi Ravenna Spa e la Generale Impianti di Palermo, insieme a tutte le altre aziende edili gravitanti intorno alla galassia siciliana tutte facenti capo alle famiglie Buscemi e Bonura, reggente, per dato processuale pacifico, per investitura del gruppo corleonese vincente di Riina e Provenzano, il mandamento di Cosa nostra “Passo di Rigano Uditore” .

Quali erano gli intrecci societari?
Rappresentavano con tutta chiarezza non solo e non tanto espressioni di rapporti economico-finanziari tra le imprese citate, bensì sintomi evidenti di un vero sodalizio associativo mafioso, grazie al quale Cosa nostra era entrata in contatto e in affari con gruppi della grande industria e finanza del Nord Italia, con la piena consapevolezza di quest’ultima, al fine di riciclare gli ingenti proventi del traffico degli stupefacenti e poi di mettere le mani e quindi di arrivare a esercitare un certo controllo anche sulle grandi industrie e finanze italiane.
Il gruppo Ferruzzi/Gardini.
Sì, è noto che non tutto quello che riferì Tommaso Buscetta al dottore Falcone, potette da questi essere verbalizzato, ma se lo stesso giudice aveva detto che “Cosa nostra era entrata in borsa”, forse poteva essere il caso di approfondire meglio l’argomento economico-finanziario. Io dovetti astenermi nel continuare la mia indagine il 15 febbraio 1992, a seguito di provvedimenti disciplinari in cui fui sottoposto da parte del ministro della Giustizia, all’epoca Claudio Martelli, e dalla procura generale della Corte di appello di Genova a causa delle mie dichiarazioni rese alla stampa dopo le perquisizioni disposte presso le sedi delle società Imeg Spa e Sam Spa (società cartiere del gruppo Ferruzzi/Gardini ndr).
Se avesse avuto l’opportunità di continuare?
In collaborazione con la procura di Palermo avrei cercato di elaborare ulteriori strategie investigative: un approfondimento sulla Calcestruzzi Ravenna Spa per cercare di capire se avesse perfezionato con la Generali Impianti Spa di Palermo o con altre società sospette di formazione sociale e di capitale da Cosa nostra, ulteriori operazioni sulla Imeg e Sam e la loro penetrazione economica nella Calcestruzzi Ravenna Spa nell’economia siciliana, se fosse entrata in affari con altre aziende mafiose. Avrei suggerito di indagare le società della galassia Ferruzzi Finanziaria e se avesse compiuto altre operazioni simili a quella della Imeg e Sam con Calcestruzzi Ravenna Spa. Da ultimo avrei provato a interrogare, i protagonisti della vicenda Imeg e Sam: il signor Antonino Buscemi, il geometra Francesco Bonura, i vertici della società Imeg e Sam oltre a Calcestruzzi Ravenna Spa, l’ingegnere Lorenzo Panzavolta. E il signor Giuseppe Berlini, tesoriere occulto del Gruppo Ferruzzi, chiedendo contezza di come mai il ricavato della vendita della Imeg Spa -sulla quale vi era una tangente commerciale richiesta dal Panzavolta-, era stato utilizzato in parte per ripianare il debito della società, ma anche per versamenti illeciti al noto faccendiere Primo Greganti, attraverso il famoso conto “Gabbietta”.

Il suo dossier, in mille rivoli delle Procure: da Massa Carrara a Lucca e Roma. Perché non a Firenze, sede della Dda, guidata da Pierluigi Vigna?
Dopo la mia astensione il procuratore capo di Massa Carrara, Duilio Ceschi, trasmise l’inchiesta a Lucca rilevando la sussistenza di reati societari e fiscali. La Imeg Spa, società più importante, partecipata della Calcestruzzi Ravenna Spa aveva sede nel territorio di Lucca così il fascicolo venne inviato lì con una nota di trasmissione alle Procure di Palermo e Firenze. Poi a Roma il 22 gennaio 1993, secondo le indicazioni rese dal dottor Natoli in Antimafia.
Per quanto riguarda Roma posso immaginare, ma è una mia supposizione, che siano stati considerati alcuni elementi sospetti, che effettivamente erano emersi dalla nostra indagine, legati alla privatizzazione, dei settori lapidei allora di competenza dell’Eni, dei quali beneficiarono alcune aziende estrattive anche della zona di Massa Carrara, per cui, sempre in relazione all’ingerenza mafiosa nella procedura di privatizzazione suddetta, fu ipotizzata, forse, una competenza della procura di Roma.

Chi fu il magistrato di Roma che se ne occupò?
Non lo so e ignoro le motivazioni dell’archiviazione finale.
Ebbe contatti con Antonio Di Pietro?
No, né mi fu segnalato che il pool giudiziario di Mani Pulite stesse indagando sui rapporti tra società del Nord, tra le quali anche la Ferruzzi/Gardini e Cosa nostra.
Nel 1991, inviò una relazione alla procura di Palermo.
Inviai il 26 agosto 1991 una nota alla Procura di Palermo con la richiesta di collaborazione. La mia relazione comprendeva ampi stralci dei brogliacci delle intercettazioni telefoniche disposte, dei relativi rapporti informativi della Guardia di Finanza di Massa Carrara, nonché una mia più ampia illustrazione sulle indagini da noi svolte e sui risultati conseguiti.
Poi.
Il 18 novembre successivo, a firma del dottor Natoli, mi veniva comunicato che il gip aveva autorizzato le intercettazioni telefoniche su una serie di utenze riconducibili agli indagati Antonino Buscemi, Salvatore Buscemi, Francesco Bonura e Girolamo Cimino, con la precisazione però, che le intercettazioni non sarebbero potute essere tempestivamente effettuate per indisponibilità di linee telefoniche.
Seppe qualcosa?
Mi venne trasmesso via fax e senza data dallo stesso collega Natoli che erano state attivate le intercettazioni su quattro delle utenze autorizzate. Ma l’esito di queste, almeno per quanto è stato possibile ricostruire, non mi è stato mai comunicato.

Venne informato dai pm di Palermo del dossier mafia-appalti, del Ros dei Carabinieri di Mori e De Donno?
No. Io, comunque, anche per le mie vicende disciplinari personali, non ebbi alcuna possibilità di leggerlo, né di collegarmi con i due ufficiali dell’Arma. A quanto mi risulta però non fu operato alcun collegamento investigativo tra la mia indagine e quella di Mori e De Donno. Se la Procura di Palermo lo avesse fatto, i miei dati avrebbero dovuto confluire nell’informativa mafia-appalti dei Carabinieri e si sarebbero potuti colpire prima e meglio gli interessi economici e imprenditoriali di Cosa nostra, specie se le indagini fossero subito state affidate al coordinamento del Collega Borsellino, che invece, a quanto risulta dalla sua storia, ne fu escluso.  26 Agosto 2024 di Anna Germoni -L’IDENTITÀ 

 

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