3.11.2004 🟧 Giudice Borsellino un particolare che mette i brividi

 

BORSELLINO Agnese

 

SIGNORA BORSELLINO. Ci sono incontri che non si possono dimenticare. Agnese Borsellino aveva perso da due anni il marito Paolo – massacrato con la sua scorta, il 19 luglio 1992, in via D’Amelio, a Palermo – quando venne a trovarmi a Milano.
Alla donna minuta, moglie e figlia di magistrati (il padre, Angelo Piraino Leto, fu presidente Corte d’Appello) dovevo mostrare alcuni passi della lunga intervista che il marito aveva fatto a dei giornalisti francesi ima settimana prima dell’assassinio di Giovanni Falcone a Capaci; 60 giorni prima del suo stesso martirio.
Su quell’intervista, negli anni a venire, in special modo in periodi pre-elettorali, si è sollevato un gran polverone.
Frasi del giudice citate a caso; polemiche e, visto che era stata pubblicata ma non fu mai più trasmessa in tv, persino dubbi sulla sua esistenza (al procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso, consegnai, a quel punto, le cassette audio integrali con la voce di Borsellino).
Ma tutto questo è ormai materia di verbali, di infiniti processi. Alla vigilia della programmazione in tv della fiction sulla vita di Paolo Borsellino (8, 9 novembre, Canale 5, regista Gianluca Tavarelli, produttore Pietro Valsecchi) quel che ricordo è l’inteirogativo che tormentava Agnese Borsellino.
Un interrogativo rimasto ancora oggi, se non ci si ferma agli esecutori delle stragi, senza risposta.
«Voglio capire chi e perché ha ucciso mio marito», ripeteva la signora vedendo le immagini, fino a quel momento a lei inedite, del marito ripreso nello studio della loro casa di via D’Amelio.
Ancor più che le parole una lucida analisi sul salto di qualità di Cosa Nostra nei primi anni Sessanta – era commovente anche per chi stava accanto a lei in risentire nel filmato i rumori ordinari di quella casa; rivedere i piccoli gesti quotidiani del giudice.
Il suono cu un orologio a pendolo, il fumo della sua sigaretta in bocca, il telefono che suona.
E ancora di più. Sentire una nota di preoccupazione nella voce del giudice ma solo perché l’operatore aveva inquadrato alle sue spalle la bandiera tricolore appartenuta al padre con lo stemma sabaudo e, chissà mai quali polemiche gli avvoltoi si sarebbero inventate contro di lui.
La signora Borsellino raccontava di quegli ultimi, tormentati 57 giorni di vita del marito; quel tempo troppo breve e fatale tra la morte dell’amico Falcone e il suo martirio.
A un tratto, nel filmato, il giudice s’interrompe: lo avvisano che i suoi ospiti devono spostare la loro automobile che avevano, in tutta tranquillità, parcheggiato dopo aver scaricato il materiale per le riprese, sotto casa, in via D’Amelio.
Particolare da brivido: la prova dell’inefficenza, nel maggio ’92, della protezione attorno a un giudice da anni nel mirino della mafia, sicuramente dal maxiprocesso a Cosa Nostra.
Stop. Passiamo dalla realtà alla fiction che è ottima cosa se fatta bene perché serve a non dimenticare.
Dopo l’anteprima per le autorità a Roma, il film sulla vita del giudice Borsellino, un siciliano che per amore della sua terra non si arrese mai alla mafia, verrà proiettato a Palermo, al cinema King, la sera di venerdì 5 novembre.
In sala la sua famiglia: la moglie Agnese, i figli Lucia, Manfredi, Fiammetta che, in questi 12 anni, hanno saputo affrontare il loro immenso dolore con infinito coraggio e dignità. LA STAMPA