23.5.2019 – Tina Montinaro, vedova capo scorta di Falcone/ “Strage di Capaci, nessun perdono”

 

Tina Montinaro, vedova del capo scorta Antonio, torna sulla strage di Capaci: “Le vittime continuano a camminare con noi”

 

Sono passati 27 anni dalla Strage di Capaci, l’attentato mafioso che causò la morte del magistrato antimafia Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Tina Montinaro, vedova del capo scorta, ha ricordato a La vita in diretta: «L’ultima volta che ci siamo sentiti erano le 16.30, chiedeva di sapere come stavano. Poi arriva una chiamata da un’amica, che mi chiedeva dove fosse Antonio. Mi aveva detto che c’era stato un attentato, sono andata in Questura e un funzionario donna mi bloccò, non sapendo nemmeno lei cosa dirmi. Mi ha fatto poi accompagnare in ospedale. Io non riuscivo a pensare, non mettevo le cose assieme: sentivo solamente delle voci ovattate. Si è avvicinato un altro collega e mi ha chiesto se mio marito aveva un vestito verde: ho detto sì e mi ha detto di andarmene a casa dai bambini».

“SONO PASSATI 27 ANNI, MA NON PERDONO”

Tina Montinaro prosegue nel suo racconto: «Aveva le dita incrociate, così è rimasto. Lui le incrociava quando si metteva in quella macchina, sapeva che sarebbe potuto accadere qualcosa ma non avrebbe mai lasciato il magistrato». La vedova del capo scorta di Falcone ha poi parlato delle parole in chiesa della vedova di Schifani: «Il prete chiese anche a me se volessi associarmi a questo perdono, gli risposi male. Ero in chiesa con due bambini piccoli, come si può perdonare? Sono passati 27 anni ma la penso sempre allo stesso modo, non si possono perdonare queste persone». E tiene a precisare: «Dopo tutti questi anni, posso dire che forse quella battaglia del 1992 l’hanno vinta loro: io ne porto i segni addosso. Ma non hanno vinto la guerra». Poi parla del bracciale con i numeri 100 287: «Sono i chilometri che aveva fatto la macchina della polizia esplosa: è rimasto ben poco di quella vettura e lo teniamo in una teca. Dimostriamo che non li hanno fermati, con noi continuano a camminare. La cosa più bella che mi sia capitata è la nascita del mio nipotino, che si chiama proprio Antonio Montinaro: mio figlio ci teneva a chiamarlo come il papà, Antonio è tornato».

Alle 17.58 di oggi, per il 27esimo anno è stato rispettato il momento più forte e doloroso della lunga giornata dedicata al ricordo di Falcone. Dopo il minuto di raccoglimento e silenzio sotto l’albero della legalità a Palermo, è stato il turno del lungo applauso. Quindi l’inno d’Italia e i palloncini liberati in aria. “Siamo la lotta alla mafia, non ci arrediamo”, il coro dei ragazzi e non solo che hanno preso oggi parte alle celebrazioni.  Qui sono confluiti i due cortei partiti nel pomeriggio con migliaia di studenti arrivata da tutta Italia (solo 1500 quelli giunti a bordo della Nave della Legalità). In marcia anche Maria Falcone, sorella di Giovanni, insieme al presidente della Camera, Roberto Fico, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti. Proprio Fico, prima di partire per il corteo dall’Aula Bunker, si era fermato a parlare con i ragazzi dell’Istituto Vittorio Emanuele che da stamattina sono in sit-in davanti alla scuola, a sostegno dell’insegnante sospesa, Rosa Maria Dell’Aria. “Sono qui per ascoltarvi”, aveva detto loro. (Aggiornamento di Emanuela Longo)


MELONI “VITTIMA VILE ATTENTATO”

Arriva anche l’anniversario di Giorgia Meloni nell’anniversario della morte di Falcone, a 27 anni dalla strage di Capaci. La leader di Fratelli d’Italia, tramite un post Facebook ha commentato: “Oggi ricorre il ventisettesimo anniversario della morte del giudice Giovanni Falcone, uomo dello Stato ucciso per mano mafiosa nel vile attentato di Capaci”, ha esordito. Il suo ricordo, come ribadisce anche la Meloni, resta pienamente connesso a quello di Borsellino e delle troppe vittime di mafia. “A ventisette anni dalla sua scomparsa, i suoi insegnamenti camminano, ancora, sulle nostre gambe. Perché, come lui stesso affermava: ‘Gli uomini passano ma le loro idee restano’”, ha aggiunto. Intanto dall’aula Bunker di Palermo è partito il corteo diretto sotto l’albero di Falcone dove si chiuderanno in questa giornata le manifestazioni organizzate in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. “Sono state stragi che hanno cambiato la storia d’Italia. Quegli eventi hanno dato una consapevolezza diffusa alle nuove generazioni, ma non solo, che la lotta alla mafia è non solo giusta ma è anche possibile e produce dei risultati. Non sono celebrazioni della giornata, sono l’occasione per riconfermare un impegno tutti i giorni”, ha commentato il segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti come riferisce Giornale di Sicilia. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

 


SAVIANO “NO A CELEBRAZIONE DI FORMA”

Nella giornata in cui ricorre il 27esimo anniversario dell’attentato a Giovanni Falcone, vittima della strage di Capaci, anche Roberto Saviano ha voluto dire la sua tramite un post Facebook dai toni polemici: “Tutta Italia sembra essere sempre stata dalla sua parte, tutti sembrano essere sempre stati con lui. Non è così”, scrive. Saviano ha quindi ricordato le parole di Ilda Boccassini che, parlando di Falcone, lo descrisse come un uomo che nella sua vita accumulò molteplici sconfitte. “Bocciato come procuratore di Palermo. Bocciato come candidato al Csm, e sarebbe stato bocciato anche come Procuratore Nazionale Antimafia, se non fosse stato ucciso. Eppure ogni anno si celebra l’esistenza di Giovanni come fosse stata premiata da pubblici riconoscimenti o apprezzata nella sua eccellenza. Un altro paradosso. Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità”, diceva la Boccassini. E ad essere d’accordo è proprio Saviano che ha voluto portare alla memoria quei “meccanismi che stritolavano Falcone” e chiunque si occupasse di mafia per non cadere nel consueto errore di una “celebrazione di forma”. “Tra questi non va dimenticata l’invidia, come ha sentenziato persino la Corte di Cassazione nell’ambito del processo sull’Addaura”, ha aggiunto. Quindi ha riconosciuto il genio del magistrato ucciso nella sua “conoscenza del diritto” e nella sua “capacità di investigazione”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)


LOTTA MAFIA: POLITICA KO

La lotta alla Mafia e la politica divisa: non una bellissima scena quella avvenuta stamattina a Palermo per la commemorazione della Strage di Capaci. Fava, Orlando e Musumeci non si sono presentati alla cerimonia per motivi diversi ma accomunati dal “troppo veleno”, da leggersi come un’indiretta critica alla presenza di Matteo Salvini e del Governo nei giorni tesissimi della crisi e delle Elezioni Europee. «Chi ha ucciso Falcone e Borsellino ha provocato tanto dolore ma ha anche svegliato il popolo italiano, perché penso che dopo quella bomba nulla è più stato come prima» ha spiegato il Ministro degli Interni intervenendo nell’aula bunker di Palermo dove si svolgono le commemorazioni per l’attentato a Giovanni Falcone. A spezzare la polemica ci prova la sorella del magistrato ucciso dalla mafia, Maria Falcone, che alla stampa spiega «Abbiamo voluto dire che le istituzioni devono essere sempre rispettate e, quindi, sono inutili le polemiche. Mi auguro che le polemiche non siano in questa aula. Quando è morto Giovanni ero disperata come sorella e come cittadina italiana, perché pensavo che il grande patrimonio di idee che ci aveva lasciato potesse disperdersi. Lui sapeva di dover morire e ha lasciato detto a tutti noi: ‘Gli uomini passano ma le idee restano ma devono continuare a camminare sulle gambe di altri uomini’. Io ho scelto i giovani». (agg. di Niccolò Magnani)

SALVINI “LA LOTTA ALLA MAFIA DEVE UNIRE”

E’ il 27esimo anniversario della strage di Capaci: il 23 maggio del 1992 moriva il giudice anti-mafia Giovanni Falcone, e parte della sua scorta, dopo che Cosa Nostra aveva piazzato una quantità ingente di tritolo che fece saltare in aria il tratto di strada su cui stava appunto viaggiando il compianto Falcone. Numerosi come da tradizione gli eventi organizzati a Palermo, ma in generale in tutta la Sicilia, in occasione di questo doloroso anniversario, e fra i tanti esponenti politici presenti vi sarà anche il ministro dell’interno, Matteo Salvini. «Chi si divide sulla lotta alla mafia sbaglia – le parole rilasciate dal vice-presidente del consiglio, ai microfoni di Radio Anch’io – chi usa una giornata di memoria e di futuro per fare la sua piccola battaglia politica sbaglia e fa un torto a Falcone». Nel capoluogo siciliano il leader del carroccio troverà il sindaco Leoluca Orlando, uno dei più acerrimi nemici del titolare del Viminale: «Tutti mi chiedono se sarò o non sarò presente il 23 maggio nell’aula bunker – le parole del primo cittadino palermitano riportate dal Giornale di Sicilia – sarò presente come ogni anno. Per molti anni non ho salutato politici anti-mafiosi e quando tutti invitavano la Confindustria antimafia io mi permettevo di non invitarla, non invitavo neppure un senatore che si era definito paladino antimafia. Continuerò a non salutare, poi quando stai per incrociare qualcuno può essere utile lo smartphone». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

STRAGE DI CAPACI, ATTENTATO A FALCONE

Ricorre oggi, 23 maggio, il 27esimo anniversario della strage di Capaci, l’attentato sanguinario compiuto ad opera di Cosa Nostra e nel quale rimase ucciso il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicilloe Antonio Montinaro. A distanza di 27 anni, però, sono ancora tante le risposte che mancano attorno a quanto realmente accaduto, e altrettanto numerosi restano i silenzi ed i misteri. La sentenza di primo grado del processo Stato-mafia con la quale sono stati condannati boss, ex alti ufficiali del Ros e politici, ha dato ampia linfa e impulso a nuove inchieste sulle stragi da parte della procura di Caltanissetta. Sulla strage di Capaci, la procura nissena ha di recente indagato due boss della mafia catanese. Come spiega Il Fatto Quotidiano nell’edizione online, si tratta di Maurizio Avola, pentito e sicario di Cosa nostra, e del boss Marcello D’Agata, luogotenente di maggiore fiducia del capomafia Benedetto Santapaola. Nel corso del processo Capaci bis attualmente in corso, sono stati depositati i verbali degli interrogatori di Avola il quale si è autoaccusato di avere avuto un ruolo nella fase preparatoria della strage, asserendo di aver trasportato nei presi precedenti all’attentato detonatori e tritolo a Termini Imerese, mettendoli poi a disposizione di Cosa Nostra a Palermo. Con lui c’era anche D’Agata.

STRAGE DI CAPACI, I FATTI

Era il 23 maggio 1992, ore 17.58. Dopo essere atterrato all’aeroporto di Punta Raisi a Palermo con la moglie Francesca Morvillo – anche lei magistrato -, Giovanni Falcone, direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e Giustizia e candidato alla carica di procuratore nazionale antimafia imboccò l’autostrada Trapani-Palermo. Proprio mentre transitava il corteo della scorta con a bordo il magistrato, la moglie e gli agenti di polizia, gli attentatori fecero esplodere un tratto di autostrada A29. Furono circa 500 i chili di tritolo piazzati all’interno di un canale di scolo e che esplosero al passaggio delle auto. Sulla prima vettura erano presenti i tre uomini della scorta, i poliziotti Antonino Montinaro, Vito schifani e Rocco Dicillo. L’auto fu scaraventata con violenza oltre la carreggiata opposta di marcia, su un pianoro coperto di ulivi. Seguì la Croma guidata da Falcone, che si schiantò contro il muro di detriti della voragine che si era aperta a causa dell’esplosione che divorò circa un centinaio di autostrada. Oltre alle cinque vittime, furono registrati altri 23 feriti. Trascorsero appena 57 giorni da quell’attentato drammatico, quando Cosa Nostra agì nuovamente uccidendo il magistrato Paolo Borsellino e cinque uomini della sua scorta.

STRAGE DI CAPACI, FAVA E MUSUMECI DISERTANO L’AULA BUNKER

Nell’anniversario della strage di Capaci, come ogni anno si rinnova il ricordo delle vittime nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. Alla commemorazione però, mancheranno due importanti personalità, ovvero Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia della Regione Siciliana e il governatore Nello Musumeci. Le loro motivazioni sono differenti. Il primo ha certamente tirato in ballo motivazioni di natura politica: “Preferisco andare a Capaci, nel luogo in cui tutto accadde, preferisco stare assieme a chi non ama le messe cantate sui morti. Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia. Al posto dei vescovi e dei turibolanti che spargono incenso, domani ci saranno i ministri romani, gli unici che avranno titolo per parlare (con la loro brava diretta televisiva) e per spiegarci come si combatte cosa nostra”, ha spiegato via Facebook Fava, riferendosi in modo particolare a Salvini. “Fossi io la sorella di Giovanni Falcone avrei chiesto a Salvini di venire e di tacere. Di ascoltare e di prendere appunti. Di avere l’umiltà, per un giorno, un solo giorno, di capire che nella vita ci sono cose più grandi delle campagne elettorali e delle dirette televisive”, ha aggiunto. Musumeci, nell’annunciare la sua assenza, come riferisce StrettoWeb, è stato più vago: “Domani dolorosamente non andrò nell’aula bunker per la prima volta. Mi dispiace per la signora Falcone. Le polemiche sono tante, c’è troppo veleno, c’è troppo odio e tutto questo non suona al rispetto della memoria del giudice Falcone e dei poveri agenti della scorta”. Il presidente della regione siciliana sarà nella caserma Lungaro dove assisterà alla deposizione della corona di alloro da parte del capo della polizia prima di fare ritorno nel suo ufficio.