PAOLO SAMMARCO

 

 

VIDEO – SERVIZIO RAI –  Sammarco con il dottor Borsellino

 

PAOLO SAMMARCO, operativo insieme agli uomini del Reperto Scorte di Palermo negli anni delle stragi mafiose, ha vissuto in prima persona esperienze straordinarie alla guida delle auto blindate destinate al trasporto  delle personalità a rischio quali i magistrati Chinnici, Falcone e Borsellino.

Qual è stato il suo percorso professionale?
Fui assegnato al tribunale di Palermo nel 1980. Il Ministero della Giustizia mi mandò a Roma a frequentare il corso di guida veloce su macchine blindate. Terminato il corso fui assegnato al giudice Rocco Chinnici.  Quando ci fu l’attentato io mi alternavo con Giovanni Paparcuri. In sostanza facevamo un giorno di servizio e un giorno di riposo. A me toccò di montare il 28 luglio 1983 e fini il mio turno di servizio alle ore 20 tutto questo il giorno prima della strage.

Cosa ha rappresentato per Lei il rapporto con il Consigliere Rocco Chinnici?
Per me fu come secondo padre, con tante premure disponibilità nei nostri confronti.  Quando si andava a qualche convegno in cui era previsto il pranzo chiedeva sempre se fosse stato riservato anche un tavolo per la scorta. In caso contrario chiedeva al direttore di sala di prepararne uno anche per i suoi ragazzi e di portare  direttamente a lui il conto.

Che uomo era magistrato Chinnici?
Era un uomo con la coscienza morale di essere un magistrato  che agiva sempre nel nome del popolo. Era  soprattutto fiero di essere un giudice Siciliano.

Rocco Chinnici è noto anche per le sue “incursioni” nelle scuole
Si, è verissimo, Chinnici credeva nei ragazzi,  li voleva interessare, coinvolgere. Voleva preparare le nuove generazioni al significato ed all’importanza della lotta contro la mafia e il malaffare. Diffondere la cultura della legalità nelle scuole era un suo pallino.

Che rapporto aveva con i ragazzi della scorta?
Racconto un aneddoto che é indicativo di quanto considerasse il loro lavoro. Ci fu un periodo che gli assegnarono la vigilanza da parte dei carabinieri sotto casa sua in via Pipitone Federico. Pensando a quei tre carabinieri sotto casa, d’inverno e al freddo scendeva  in vestaglia per portar loro del tè e del  caffè caldo. In seguito fece togliere la vigilanza sotto la propria abitazione.

Oltre che con Giovanni Falcone Lei ha lavorato  anche con Paolo Borsellino
Si, ho avuto l’onore, il privilegio e  la fortuna di aver lavorato con tre giganti della legalità e giustizia Chinnici, Falcone, Borsellino.
Con il dottor  Borsellino sono stato circa un anno. Un rapporto meraviglioso con lui e con tutta la sua famiglia.

Ci racconti come era organizzato il servizio di sicurezza nei loro confronti  
Con noi della scorta esisteva un rapporto oltre che di umanità e di amicizia di assoluto rispetto per il servizio.
Alla mattina alle otto ci recavamo in via Cilea dove abitava Borsellino. Scendeva lui con i suoi tre bambini Fiammetta, Lucia, Manfredi che con i loro zainetti sulle spalle li accompagnavano a scuola per poi proseguire per il Tribunale.
Le volte che accompagnavo la signora Agnese all’università in via Macheda lei non saliva mai nel posto posteriore dell’auto ma prendeva posto nel sedile anteriore mettendomi a mio agio. Una donna straordinaria, gentile e buona.

Dello straordinario spessore del magistrato Borsellino esiste un’amplissima documentazione, ci parli dell’uomo Borsellino
Ci considerava parte della sua famiglia. Di tanto in tanto chiedeva all’appuntato dei carabinieri Nino Affatigato, che faceva parte della sua scorta, di organizzare dei pranzi con i ragazzi della scorta. Ricordo che una volta a Porticello, al  ristorante Il Pescatore,  volle che portassimo anche le nostre mogli. 

Fino a quel maledetto 23 maggio Borsellino era una persona notoriamente gioviale
Il dottor Borsellino era un giocherellone e con le sue barzellette e con il suo sorriso metteva tutti a loro agio.

Come Chinnici anche Borsellino dedicava una particolare attenzione ai giovani
Un giorno siamo andati in un liceo di piazza Armerina, l’aula era strapiena di ragazzi quando prendeva la parola Borsellino calava sempre un silenzio tombale,  tutti volevano udire le parole di quell’uomo. Una volta i una scuola ad un tratto una ragazza si alzò e ad alta voce  si rivolse al  dott.Borsellino dicendogli che era rimasta toccata dal cartello affisso sul muro dov’era stato assassinato Dalla Chiesa sul quale vi era scritto Qui è morta la speranza dei siciliani onesti e gli chiese: allora dobbiamo rassegnarci ?. La risposta di Borsellino fu chiara e lapidaria: “ragazza mia , rassegnazione mai, la speranza che questo fenomeno venga sconfitto siete proprio voi giovani. Io vi posso dire che se mi permetteranno di vivere, io vi sarò accanto.

Intrattiene ancora rapporti con la famiglia Borsellino?
Di tanto in tanto mi vedo con Manfredi. Ricordo quando per la prima volta dopo moltissimi anni andai a Cefalù, dove lui era Commissario (ora lo è a Palermo) per incontrarlo, pensate lo avevo lasciato bambino e chiesi al piantone se mi poteva annunciare al dott.Borsellino. Quando mi vide ebbe un attimo di smarrimento, ad un tratto però mi riconobbe esclamando: signor Sammarco!  Questo per dire che tutti questi personaggi straordinari li porterò nel mio cuore finché vivrò.

Quali sono i suoi ricordi del dottor Falcone ?
Falcone non si è mai sentito un eroe, ma solo un uomo dello Stato chiamato a fare il proprio dovere. Era una persona molto riservata scrupolosa, attenta.  Una  vita blindatissima non poteva andare al cinema, al ristorante, non poteva praticare nessun tipo di svago, l’unica cosa che si concedeva era una nuotata in piscina a la Torre di Mondello ma non potevamo andarci nelle ore di punta.

Che rapporto aveva con voi della scorta ?
Di grande rispetto ma con le dovute distanze. Prendeva tutte le precauzioni per tutelare le nostre vite e la sua. Quando dovevamo recarci fuori Palermo per indagini non ci diceva quale fosse la destinazione. Si limitava ad informare solo il capo scorta che “doveva preparare i ragazzi per una trasferta di tot. giorni.”  Questo, a suo suo dire, per tutelare la riservatezza del servizio. Ricordo le sue parole: “ragazzi ricordatevi che noi siamo soli”. Falcone aggiungeva poi che si muore spesso perché lasciati soli. Oggi mi risuonano quelle sue parole di verità, la mafia colpisce i suoi migliori servitori dello Stato, quello Stato che ci abbandonò al nostro destino, quello Stato che si rese  complice della mafia.

Aver conosciuto due giganti come Falcone e Borsellino deve essere stata una esperienza straordinaria
Sicuramente, sono due icone mondiali della lotta alla mafia hanno che hanno sacrificato la loro vita  assieme ai loro uomini della scorta per combattere la criminalità organizzata. Gli insegnamenti di Falcone e Borsellino sono, o quanto meno dovrebbero essere, scolpite nella memoria di ognuno di noi.  Sono orgoglioso e onorato di avere fatto parte della vita di questi uomini straordinari. Di loro ne parlerò finché vivrò

Per concludere ci dia una sua definizione del Servizio scorte
I ragazzi delle scorte rappresentano una vera istituzione. E’ fondamentale che sia trasmessa anche alle successive generazioni l’impegno di tutti coloro che negli anni hanno dedicato la loro vita alla giustizia, difendendo sani valori e principi.
Erano poliziotti veri che facendo il loro dovere hanno consapevolmente sacrificato  la loro vita, mentre qualcuno non l’ha fatto. I ragazzi delle scorte sono frutto di una passione e del legame con la personalità che dovevano tutelare.

a cura di Claudio Ramaccini


ALBUM FOTOGRAFICO

 

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Con il Dottor Falcone


A Caltanisetta al “Processo Chinnici”. Nella ripresa dietro al dottor Falcone

 

 

Ripreso da un Servizio RAI con il dottor Giovanni Falcone

 


Con AGOSTINO CATALANO, capo scorta del dottor Borsellino vittima  il 19 luglio 1992 nella Strage di Via D’Amelio

 

 

Con il Commissario Manfredi Borsellino, figlio del magistrato presso il Commissariato di Cefalù