2 novembre, 2024 • IL DUBBIO
Per la deputata di Fratelli d’Italia è «assolutamente anomalo che Scarpinato e Cafiero de Raho pretendano di avere accesso a carte che riguardano il loro operato da magistrati»
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, due giorni fa è stato protagonista di una conferenza stampa e di un convegno in cui si è impegnato ad attaccare la presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo, esponente di spicco di Fratelli d’Italia. Conte, al pari di altri relatori intervenuti a Palazzo Madama, l’ha accusata di aver posto il problema dei palesi conflitti d’interessi riguardanti il senatore Roberto Scarpinato e il deputato Federico Cafiero de Raho, entrambi componenti dell’Antimafia ed eletti col Movimento. Ne parliamo con la deputata di Fd’I Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia alla Camera.
L’attacco di Conte alla presidente Colosimo sembra non andare nel merito della questione di cui si sta discutendo. Ripesca una foto con Luigi Ciavardini ma nulla sul problema del conflitto di interesse. È così?
L’attacco di Conte a Colosimo dimostra tutta la difficoltà, tutto l’imbarazzo, tutta l’inadeguatezza del M5S, ovviamente Conte in primis, che non riesce a capire come sia assolutamente anomalo che due magistrati, oggi parlamentari, debbano sedere, – e dico debbano perché è il Movimento che lo vuole in quanto potrebbe tranquillamente sostituirli con altri due parlamentari – in commissione Antimafia avendo accesso o pretendendo di avere accesso a carte che riguardano il loro operato da magistrati.
Segnatamente per Cafiero de Raho il periodo in cui era a capo della procura nazionale antimafia e antiterrorismo e per Roberto Scarpinato un lunghissimo periodo di una importante carriera negli uffici siciliani, chiamati ad occuparsi anche delle indagini sulle stragi del 1992 e del dopo stragi. A testimonianza del loro conflitto di interesse, anche l’episodio assolutamente sintomatico che riguarda Scarpinato, beccato, intercettato a concordare domande e risposte con uno dei magistrati, suoi ex colleghi, audito in commissione Antimafia.
Lei è siciliana e conoscitrice privilegiata delle vicende della sua regione. La commissione Antimafia sta riscrivendo la vicenda delle stragi del ’ 92 innanzitutto sulla base delle ricostruzioni dei figli di Borsellino e dell’avvocato Trizzino. Cosa pensa degli attacchi denigratori che da tempo e anche nell’evento di ieri vengono fatte alla famiglia di Borsellino?
Vengo dal mondo della destra palermitana che nel 1992 – e non ha mai smesso – ha iniziato a scendere in piazza chiedendo a gran voce la verità. I figli del dottore Borsellino, che naturalmente ho avuto modo di conoscere in questi lunghi anni, hanno sempre, con il garbo e il senso delle istituzioni che li contraddistingue, continuato incessantemente la loro opera di ricerca e richiesta di verità. In questa legislatura per la prima volta una commissione Antimafia guidata da Fratelli d’Italia sta svolgendo questa attività. Io non vedo nulla di anomalo nell’attività della commissione Antimafia, naturalmente ritengo riprovevoli gli attacchi denigratori ai danni dei familiari del dottor Borsellino che, come è noto, godono di tutta la nostra stima e del pieno sostegno nella loro legittima richiesta di verità.
Perché il centrodestra, e il suo partito in particolare, vuole ricostruire questa parte della storia?
Noi abbiamo cominciato tanti anni fa, abbiamo cominciato lo stesso 19 luglio del ‘ 92 a chiedere verità, perché Fratelli d’Italia è erede di quella tradizione politica, morale, storica che fu anche della destra palermitana, comunità nella quale io stessa mi sono formata. Ma ricostruire quella storia, la verità quindi sulle stragi del ‘ 92, sulla strage di via D’Amelio non è interesse di un partito o di una parte politica, è interesse della nazione, perché una nazione che non conosce la piena verità su un segmento così buio, così triste, così cupo, così pericoloso della sua storia moderna perché sono passati 32 anni, sono tanti, ma comunque parliamo di una storia ancora viva – è una nazione che non può guardare serenamente al futuro. Quindi fare piena luce sui fatti del ‘ 92 è l’unico modo per poter definitivamente archiviare quella stagione.
A difesa di de Raho c’è chi sostiene che i presunti accessi abusivi del tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano sono sì avvenuti sotto la sua direzione alla Dnaa, ma non si può addossare l’intera responsabilità a lui e quindi escluderlo dal dibattito in commissione. Come risponde?
Ciascuno è libero di sostenere quello che ritiene. Io penso che vi sia un dovere di astensione da parte di Cafiero de Raho su questi argomenti. Del resto non è pensabile che lui che rappresentava l’apice, il vertice di una struttura, possa autoproclamarsi completamente esente da responsabilità, mentre ancora sono in corso gli accertamenti. Questo è un dato di fatto dal quale non si può prescindere. Il solo fatto che lui fosse a capo della struttura lo pone quasi in una posizione di responsabilità oggettiva alla quale non può sottrarsi, se non in termini di non partecipare – e quindi non orientare – l’attività di inchiesta che la commissione svolgerà.
Il senatore del Partito democratico, Walter Verini, ha depositato, una proposta per tipizzare meglio il concetto di “conflitto di interesse”, altrimenti, ha detto, si scade nel puro arbitrio e si rischia ledere le prerogative costituzionali dei parlamentari. Cosa ne pensa?
Sono contenta che anche il Partito democratico si renda conto che c’è una situazione anomala che necessita di una regolamentazione. Probabilmente non era mai accaduto che ben due parlamentari, appartenenti allo stesso gruppo, fossero coinvolti in vicende oggetto di separati filoni di inchiesta da parte di una commissione Antimafia. Certo è che così come è scritta rischia di essere solo un lasciapassare per i compagni di opposizione. Tuttavia presumo che ci sia sicuramente un’apertura, da parte della Presidente, alla tipizzazione, ma che non si possano bypassare i problemi attuali.