15 Settembre 1993, la mafia uccide Beato Pino Puglisi

 

Ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 davanti il portone di casa

 

 

UCCISO A PALERMO PARROCO DI BRANCACCIO
(ANSA) – PALERMO, 15 SETTEMBRE 1993 – Padre Giuseppe Puglisi, 56 anni, parroco della Chiesa di San Gaetano nel quartiere di Brancaccio a Palermo, e’ stato assassinato con un colpo di pistola alla nuca. L’ omicidio e’ avvenuto intorno alle 21.30 davanti all’ abitazione del religioso in via Anita Garibaldi e non avrebbe avuto testimoni. L’ allarme e’ stato dato da alcuni vicini che hanno sentito i gemiti del prete e hanno chiamato l’ambulanza del pronto soccorso dell’ ospedale Buccheri La Ferla. Padre Puglisi e’ morto subito dopo il ricovero. Sono in corso accertamenti per stabilire l’ esatta dinamica dell’agguato.

Ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 davanti il portone di casa
Si nasce e si muore in tempo di vendemmia. 15 settembre del 1993. Giuseppe Puglisi, dei fu Carmelo e Giuseppa Fana, di anni 56, di mestiere sacerdote. Salvatore Grigoli e Gasp are Spatuzza aspettano il prete di San Gaetano davanti casa. Spatuzza, avvicinandosi all’obiettivo, simula goffamente una rapina del portafogli al prete di periferia, don Pino lo guarda e sorride.
A Palermo, come in altre località belle e disperate contaminate dagli uomini del disonore, si muore con preavviso. Una lunga e grave malattia può far prevedere la stagione della morte del malato, come una minaccia costante. Ma se uno sta bene e sprizza salute, lavora, mangia e prega, gioca al pallone, viaggia, si riposa, guarda il mare, non si aspetta di morire, a meno che qualcuno lo minacci. E lo avverta di morte. Pino Puglisi, sacerdote, l’avevano avvertito. I fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, vivevano la loro dorata carriera criminale a Brancaccio, tra Ficarazzi, Ficarazzelli, Bagheria, Villabate e la città, senza paura. Amici di Riina e Provenzano, dei Lo Piccolo e di molti imprenditori senza paura e senza dignità, i due consanguinei facevano scorrere arterie di droga e di soldi ovunque, ma tutto l’organismo mafioso partiva e tornava sempre a Brancaccio. Oggi come allora, se si viaggia in auto, sulla litoranea, poco prima di giungere a Brancaccio, si attraversa una località segnata con la vernice scolorita sulla facciata di una casa cantoniera: Palermo Bandita. La Bandita è sempre stata una località di mare, fino agli anni Sessanta piena di lidi balneari, con le cabine in legno su palafitte. La gente del popolo e della grana ci andava a fare il bagno. Poi gli anni Ottanta, le “bionde”, il traffico di sigarette e la grande riffa della droga, conGaetano Fidanzati sodale dei giovanissimi Graviano. A Brancaccio, a pochi minuti dalla Bandita, dal bagnasciuga, nacque Giuseppe, Pino.
La madre sarta e il padre calzolaio. Nacque in una Palermo e crebbe in un’altra. A Palermo, quando Pino era giovane, le cose non andavano benissimo, ma un barbiere era contento di fare il barbiere, un cuoco di fare il cuoco, il poliziotto il suo mestiere e così via. Poi, dopo il fiume di soldi della droga e del cemento speculativo, molti volevano essere altro, o almeno apparire. Allora Puglisi portò a Brancaccio la parola della verità del Vangelo, di strada, per ragazzi.
E il Vangelo passava – e passa – anche tra i due sassi di una porta da calcio immaginaria. Nei condomini di periferia.
Pino portava il Vangelo, la solidarietà e l’indipendenza dei diritti sociali. Nelle strade, in parrocchia, in quell’oratorio così
raro in una città con le chiese sigillate per decenni ai giovani e agli ultimi. Un mostro bellissimo, un arcangelo dei piccoli
passi contro il business dei Graviano. Prete testardo, pericoloso, minaccia costante di illuminazione dei manovali spacciatori, taglieggiatori, rapinatori, tutti giovani e sue possibili prede. Quel giorno di vendemmia, lo stesso della sua nascita, Spatuzza mimò la rapina, camuffando se stesso vigliacco nei panni di uomo da niente. Pino Puglisi si voltò e sorrise, pronunciando al contempo una frase tutta nostra, siciliana, di fronte alla morte: «me l’aspettavo». Salvatore Grigoli, da dietro, osservando la scena, mirò alla nuca del sacerdote, tese il braccio, quasi poggiò la canna ai capelli, e sparò.
 
AdL