Il vero costo delle «piccole» illegalità

Di Lionello Mancini

 

 

Di Lionello Mancini

Esattamente un anno fa, il 28 luglio 2013, un pullman con a bordo una cinquantina di persone, per lo più di Pozzuoli, stava percorrendo la discesa della A16 che porta al viadotto Acqualonga, all’altezza di Monteforte Irpino, quando prese ad accelerare fuori controllo: i freni avevano smesso di funzionare. L’autista tamponò diverse vetture, fece strisciare la corriera sulla barriera dell’autostrada tentando di frenarne la corsa, ma le barriere cedettero e nello schianto – giù dal viadotto alto 30 metri – morirono 40 persone. Solo 8 i sopravvissuti. Meno di un mese fa, il 2 luglio, la Polizia stradale ha arrestato tre persone: il proprietario dell’autobus (fratello dell’autista, anch’egli morto nell’incidente) e due funzionari della Motorizzazione civile di Napoli. Altro personale di Autostrade è indagato perché le barriere della A16 avrebbero dovuto resistere anche all’urto prolungato del grosso mezzo.

Le indagini ordinate dalla Procura di Avellino, che ipotizza reati come il disastro colposo e l’omicidio colposo multiplo, raccontano una storia assai istruttiva. Il pullman precipitato era stato fabbricato 19 anni fa e aveva già percorso almeno 800mila km, ma non era stata effettuata alcuna revisione, anche se un certificato di pochi mesi prima attesta il contrario. Ma è un certificato falso, per produrre il quale due funzionari della Motorizzazione avrebbero violato il sistema informatico del ministero. Uno dei due, incaricato delle revisioni, «apponeva la propria firma nonché la data del 26 marzo 2013 sul documento attestante l’avvenuta revisione con esito regolare»; l’altro, «utilizzando le proprie credenziali di accesso al sistema informatico del Ced del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti inseriva i dati relativi all’autobus Volvo targato DH561ZJ e inerenti all’esito regolare della revisione».

In realtà, scrive la Procura, «il documento prodotto agli inquirenti nel settembre 2013, veniva compilato successivamente alla data riportata» per coprire una serie di irregolarità formali di date incongrue e bolli non pagati. I consulenti del Pm hanno accertato che a provocare l’incidente era stato il distacco del sistema di trasmissione che aveva a sua volta tranciato il sistema frenante.Difficile parlare di fatalità o di sfortunate coincidenze; come è difficile credere che tanto impegno falsificatore sia stato reso gratuitamente o che quel bus sia l’unico mezzo con documenti inventati. Ma per trarre indicazioni utili da questa vicenda, bisogna rifuggire la ricorrente e comoda tentazione di ridurre tutto al particolare cinismo di un imprenditore e di due funzionari. I quali verranno giudicati per le loro responsabilità.

Va piuttosto considerato come ogni passo, pur piccolo all’apparenza, fuori dalle regole (la finta revisione di un bus), può avere ripercussioni gravissime per le persone (le vittime, le loro famiglie), la società (sfiducia nei controlli, corruzione percepita, ineluttabilità delle disfunzioni, inutilità delle regole), lo Stato (le cure sanitarie, il tempo e i costi del processo). È lo stesso sgretolamento che si avvia con la banale indisciplina stradale, la violazione contributiva, la sciatteria nella scuola o nella sanità, lo spreco nella politica. Esiste la legalità, non «un po’» di legalità.

Sole 24 Ore 28.7.2014