Produttori «esemplari» in difesa del Brunello

 

 

Di Lionello Mancini

Le cronache dei giorni scorsi ci regalano un esempio chiarissimo di cosa significhi difendere l’economia sana del Paese dagli assalti dell’illegalità. Ci riferiamo al tentativo di frode attuato ai danni di due vini che tutto il mondo conosce e ci invidia: il Rosso e il Brunello di Montalcino.

Riportavano dunque le cronache, che la Guardia di Finanza ha potuto sequestrare 165mila litri di prodotto di modesta qualità, che stava per essere messo in vendita in oltre 220mila bottiglie recanti le etichette dei due gioielli dell’enologia nazionale, per un valore di 3-4 milioni di euro. Il tentativo di truffa è stato scoperto anche grazie al ruolo del Consorzio dei produttori del Brunello, che ha innescato le indagini delle Fiamme Gialle e della Procura senesi. 
È accaduto che un enologo, approfittando dei suoi rapporti di consulenza con una decina di aziende agricole del luogo, avrebbe arraffato documenti e materiale autentico attestante la Docg, per riprodurlo falsificandolo. In questo modo si potevano far passare per autentiche uve acquistate chissà dove e anche “travestire” con contrassegni di Stato (ne sono stati sequestrati 2.350) le bottiglie fasulle. Il professionista aveva anche inserito informazioni falsate nella banca dati regionale per l’erogazione dei fondi all’agricoltura, allineando le risultanze cartacee a quelle telematiche.

Sarebbe uno dei tanti episodi di contraffazione ai danni di produzioni specialissime italiane, se non fosse per il ruolo netto e fortemente consapevole assunto dai produttori. «È un fatto molto grave – si legge sul sito del Consorzio, a proposito della tentata truffa – che potrebbe arrecare un danno sensibile al Brunello, ai produttori e al territorio, ma questo sistema ha la forza e gli strumenti per individuare, isolare, combattere» chi si mette fuori dalle regole. E forte di questa nuova esperienza (non è la prima truffa del genere che subiscono i vignaioli) il Consorzio rivendica di aver «collaborato fin dall’inizio delle indagini», annuncia la costituzione a parte civile non appena il quadro processuale sarà completamente definito e, «per evitare il ripetersi di comportamenti illeciti e lesivi del territorio, l’assemblea ha introdotto controlli preventivi sulla vendita di uva e vino sfuso». In particolare «i produttori dovranno comunicare le vendite con un preavviso di 48 ore, facilitando così ulteriormente il lavoro degli organi preposti al controllo». Entro ottobre, infine, sarà pronto il «Codice etico cui tutti i produttori e coloro che ruotano intorno al mondo del vino, dovranno attenersi».

Qualcuno – anche in buona fede – avrà brontolato per questi nuovi obblighi; qualcun altro, avvezzo a farsi discretamente i fatti propri, avrà tacciato le ulteriori incombenze imprecando all’eccesso di burocrazia; e non sarà mancato chi avrà fatto spallucce all’annuncio del Codice etico in arrivo. Ma la strada imboccata dal Consorzio – autoregolamentazione, controlli preventivi, collaborazione con le autorità – è l’unica che garantisca davvero la preziosa produzione. Perché, allora, tanti lamenti e distinguo quando il prodotto, proprio come un buon vino, è un buon calcestruzzo, un buon servizio di smaltimento rifiuti, la buona esecuzione di un’opera pubblica?

Sole 24 Ore 14.9.2014