Beppe Montana, il cacciatore di latitanti

 

 

 

Quando Cosa nostra uccise Beppe Montana, il poliziotto che catturava i latitanti

Mentre Falcone e Borsellino preparavano il maxiprocesso, la sera di una domenica di luglio del 1985, a Porticello, i sicari di Cosa nostra uccidono il poliziotto Beppe Montana, collaboratore del pool antimafia. Aveva solo 35 anni. Leggi tutto

 

 

A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà.  (Beppe Montana)

 

“Alla fine di luglio, il 28, venne ucciso Beppe Montana, il giovane commissario di polizia che da un anno era a capo della “catturandi” della squadra Mobile. Il braccio destro di Ninni Cassarà. Aveva appena portato a compimento l’ennesimo blitz, sorprendendo in una villa a Buonfornello, alle porte di Palermo, un summit tra otto uomini di Michele Greco, ed era riuscito a mettere le manette ai polsi di un capomafia del calibro di Tommaso Cannella. Da quando era arrivato a Palermo, tre anni prima, di colpi ne aveva messi a segno parecchi,Montana. Un poliziotto brillante e coraggioso, uno “«tosto»” che andava di persona a caccia dei latitanti, al rione della Kalsa, dove aveva acciuffato Masino Spadaro, o a Ciaculli dove cercava di stanare i due superkiller Pinuzzo Greco, “Scarpuzzedda”, e Mario Prestifilippo, gli spietati cecchini delle cosche vincenti che, durante la guerra di mafia, si erano guadagnati sul campo i galloni da boss. Diceva sempre che tutti i pezzi grossi si nascondevano nei dintorni della città e che per prenderli, non bisognava andare tanto lontano. Lo chiamavano “«Serpico”, », la sua abitudine a stare sempre in prima linea. Dopo l’ultimo arresto, sarebbe dovuto partire per le ferie. I sicari l’avevano beccato in uno dei rari momenti in cui aveva abbassato la guardia, una domenica sera, mentre si rilassava facendo una passeggiata al mare a Porticello, una frazione del comune di Santa Flavia. Gli avevano sparato in faccia, senza pietà, in mezzo a una folla di turisti.
«Sa quante volte al giorno ci sentivamo?» mi raccontò il mio vice, Thomas, tra le lacrime. “ Lui chiamava me o io chiamavo lui. Per qualunque cosa, per scambiarci informazioni, notizie…, per confrontarci… E quante volte ci siamo presi per il culo a vicenda quando uno dei due riusciva ad arrivare prima dell’altro a prendere un latitante. Non ci posso credere, non ci posso credere che quei bastardi lo hanno ammazzato…prima Zucchetto, adesso anche lui…». Senza il sangue di noi poliziotti – Dalla pag. 204 di “Noi, gli uomini di Falcone” di Angiolo Pellegrini e Francesco Condoluci

 

A Porticello, vicino Palermo, viene ucciso il commissario Beppe Montana, che dirigeva la sezione catturandi della squadra mobile.
Montana, a 34 anni, era uno degli investigatori più abili e temuti da Cosa nostra.
A spiegare il delitto sarà Francesco Marino Mannoia quando decide di collaborare e viene interrogato da Giovanni Falcone G.I. presso il Tribunale di Palermo. 
In uno dei primi interrogatori dell’Ottobre 1989 Mannoia, spiegherà al Giudice i motivi per cui cosa nostra aveva deciso di uccidere quello sbirro così capace che i colleghi chiamavano “Serpico”.
In pratica Montana, insieme a Cassarà, era molto temuto
da Cosa Nostra. Ai due si addebitava di avere ecceduto nell’esercizio delle loro funzioni. In particolare, dalla Questura di Palermo era filtrata la notizia che Montana e Cassarà avevano dato disposizioni che per alcuni personaggi mafiosi bisognava sparare a vista anzichè provvedere alla loro cattura; ciò riguardava, in particolare, Greco Pino Scarpuzzedda, Prestifilippo Mario, e Lucchese Giuseppe. Le sue dichiarazioni arrivavano sulla base di ciò che gli aveva raccontato il fratello Agostino che aveva partecipato all’omicidio, mentre Marino Mannoia, quell’estate, era detenuto essendo stato arrestato proprio dal dottore Montana nel gennaio di quell’anno.
In verità Montana e Cassarà non avevano dato alcun ordine di sparare ai latitanti. Era una voce che si era diffusa quasi a rafforzare la loro indole indomabile di segugi della Mobile. Negli anni, e mesi, precedenti avevano partecipato ad indagini che avevano poi inferto grossi colpi all’organizzazione mafiosa e i mafiosi volevano fermarli. 
Era già deciso da tempo..
A uccidere Montana, riferiva Marino Mannoia, era stato suo fratello Agostino, insieme con Greco Pino detto Scarpuzzedda, Prestifilippo Mario e Lucchese Giuseppe. Sempre secondo Mannoia,Salvatore Marino(uomo d’onore della famiglia di Ciaculli, arrestato subito dopo l’omicidio Montana e ucciso in questura) aveva partecipato controllando i movimenti del dottore Montana. Per l’omicidio di Beppe Montana furono condannati all’ergastolo: Totò Riina, Michele Greco, Francesco ed Antonio Madonia, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Raffaele e Domenico Ganci, Salvatore Buscemi, Giuseppe e Vincenzo Galatolo e Giuseppe Lucchese.

 

Le altre vittime della criminalità organizzata

 

a cura di Claudio Ramaccini, Direttore -Resp. Comunicazione Centro Studi Sociali contro la mafia – PSF