Fiammetta Borsellino incontra i Graviano

19 maggio 2018 L’incontro con i Graviano. La lettera di FIAMMETTA BORSELLINO

 

Agli assassini di mio padre ho detto: raccontate la verità, solo così sarete uomini liberi

 

L’incontro in carcere con Giuseppe e Filippo Graviano è stato guidato unicamente da un lungo, complesso percorso personale e dettato da una forte e urgente esigenza emotiva.
Ho sentito la necessità, in quanto figlia di un uomo che ha sacrificato la propria vita per i valori in cui ha creduto e per amore della sua terra, di dovere attraversare questo ulteriore passaggio importante per il mio percorso umano e per l’elaborazione di un faticoso lutto.
Un incontro che ha assunto come unico motore la necessità di esprimere un dolore profondo inflitto non solo alla mia famiglia, ma alla società intera. La richiesta di incontro con Giuseppe e Filippo Graviano nasce dunque come fatto strettamente personale.
E chiedo che tale debba rimanere.
Sono andata da Giuseppe e Filippo Graviano con l’idea che può vivere e morire con dignità non soltanto il magistrato che sacrifica la propria vita, ma anche chi pur avendo fatto del male è capace di riconoscere il grave male che ha inflitto alle famiglie e alla società, è capace di chiedere perdono e di riparare il danno.
Riparare il danno per me vuol dire non passare il resto della propria vita all’interno di un carcere, ma dare un contributo concreto per la ricerca della verità. Si tratta di un contributo di onestà che gli uomini della criminalità organizzata devono dare principalmente a loro stessi, perché chi uccide, uccide la parte migliore di sé.
E poi soltanto contribuendo alla ricerca della verità, i figli potranno essere orgogliosi dei padri.
Ora è importante che io possa continuare quel dialogo che è stato interrotto, con enorme dispiacere registro la mancanza di una risposta ufficiale da parte delle istituzioni preposte a fronte di una mia richiesta reiterata alcuni mesi fa.
E voglio fare un’altra considerazione.
Pur nell’ambito del profondo rispetto che nutro per le istituzioni, e pur cosciente della complessità del percorso che deve portare i giudici della corte d’assise di Caltanissetta alla stesura delle motivazioni della sentenza del Borsellino quater, da figlia ritengo che il passaggio di più di oltre un anno per il deposito del provvedimento sia un tempo troppo lungo.
Anche dal deposito di quelle motivazioni dipende un ulteriore prosieguo dell’attività giudiziaria, della procura di Caltanissetta e del silente Consiglio superiore della magistratura, per far luce su ruoli e responsabilità di coloro che hanno determinato il falso pentito Scarantino alla calunnia. A causa di questo depistaggio, sono passati infruttuosamente 25 anni.

FIAMMETTA BORSELLINO

Agli assassini di mio padre ho detto: raccontate la verità, solo così sarete uomini liberi – La lettera della figlia di Paolo Borsellino dopo la visita in carcere ai

FIAMMETTA BORSELLINO: ignorata mia richiesta avanzata un paio di mesi fa. Il silenzio è la cosa peggiore “Hanno ignorato la mia richiesta di un altro incontro e questa è la cosa peggiore che si possa fare”. Lo dice Fiammetta Borsellino, che ha appreso “in maniera ufficiosa” del no delle procure antimafia a rivedere i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss già incontrati dalla figlia di paolo Borsellino lo scorso 12 dicembre nelle carceri di Terni e L’Aquila. “Ho avanzato la nuova richiesta al Dap un paio di mesi fa – dice, per quanto il tempo in sia ormai una dimensione aleatoria, ritengo che il silenzio stia durando tanto”.

Il ‘no’ agli incontri coi Graviano per tutelare Fiammetta Borsellino. Il rifiuto espresso da parte delle procure anche per salvaguardare gli sviluppi delle indagini– Il no delle procure antimafia alla richiesta di Fiammetta Borsellino di incontrare nuovamente Filippo e Giuseppe Graviano sarebbe stato deciso al fine di garantire la regolarità di eventuali futuri sviluppi processuali, e nel contempo tutelare la stessa figlia del magistrato dal rischio di sovraesposizione. Queste, secondo quanto appreso nel capoluogo toscano, le motivazioni del rifiuto espresso in modo unanime dalle procure di Firenze, Palermo e Caltanissetta. Fiammetta Borsellino era riuscita a incontrare i due boss il 12 dicembre scorso, nelle carceri di Terni e L’Aquila, per avere delle risposte sulla strage di via D’Amelio del ’92, dove il padre Paolo Borsellino perse la vita insieme agli agenti della scorta. Successivamente, un paio di mesi fa, la decisione di avanzare una nuova richiesta al Dap, che ha avuto parere negativo dei pm. ANSA 24.5.18

 

Il no dei pm a Fiammetta Borsellino ad un secondo incontro: ”Dai Graviano possibili depistaggi

19 maggio 2018 Le Procure antimafia hanno detto «no» alla possibilità di un nuovo incontro tra Fiammetta Borsellino e Filippo Graviano, il maggiore dei fratelli condannati per le stragi del 1992. 

Un parere negativo destinato a pesare sulla decisione finale che spetta al ministro della Giustizia. Il motivo dell’unanime diniego espresso dagli inquirenti di Palermo, Caltanissetta e Firenze, oltre che dalla Direzione nazionale antimafia, sta anche nel contenuto dei colloqui che i due boss hanno avuto nel dicembre scorso con la figlia minore del giudice assassinato nell’eccidio di via D’Amelio, il 19 luglio ‘92, svolti nei due penitenziari di massima sicurezza dove i Graviano stanno scontando, da 25 anni, l’ergastolo al «carcere duro».

Si sono parlati attraverso il citofono e il vetro divisorio, consapevoli di essere ascoltati e registrati, e le parole dei capimafia rimaste incise sui nastri hanno fatto sorgere in qualche inquirente il timore di inquinamenti e depistaggi. Il più imbarazzato dei due è sembrato Filippo, comunque fermo nel negare ogni responsabilità nella strage: «Io capisco il suo dolore e mi dispiace… però non ho avuto una parte attiva in questa vicenda, sono stato condannato perché non potevo non sapere, tutte le mie condanne derivano da questo teorema».

Giuseppe invece, quello che secondo il pentito Spatuzza fu il regista delle bombe del 1993 e gli confidò un presunto patto tra la mafia e Berlusconi, è stato più determinato: «Lei ha fiducia della magistratura attuale? Come mai non hanno scoperto ancora chi ha ucciso la buonanima di suo papà?». Fino a diventare quasi aggressivo: «A nessuno interessa far emergere la verità della morte di suo padre, sono due cose distinte con la morte di Giovanni Falcone… A lei non interessa sapere chi ha ucciso suo papà… se qualcuno non era amico di suo papà… meglio morire e non far emergere la verità».

Frasi sibilline, forse messaggi a cui si sono aggiunte strane aperture quando Fiammetta Borsellino ha domandato al capomafia come trascorresse la sua vita prima dell’arresto. «Io ero latitante, non voglio raccontare cose — ha risposto Giuseppe Graviano —. Mi sono trasferito al Nord… Frequentavo alcune persone tra cui Baiardo Salvatore (già condannato per favoreggiamento dei due boss, ndr) di Omegna sul lago d’Orta, dove trascorrevo la latitanza. Frequentavo anche commercianti, familiari, avvocati e personaggi politici, tra cui anche quello… lo dicono tutti che frequentavo Berlusconi… più che io era mio cugino che lo frequentava… facevo una vita normale, nei salotti. Andavo a divertirmi, al teatro Manzoni, Andavo a Forte dei Marmi, Abano Terme, Venezia…». Ecco dunque spuntare, in maniera un po’ sibillina, il nome del leader di Forza Italia, nuovamente sotto inchiesta per le stragi del ’93, a Firenze, dopo le intercettazioni dei colloqui in carcere dello stesso Graviano con il suo compagno di detenzione. Fiammetta Borsellino non ha ovviamente chiesto di più, ma Graviano jr ha lasciato la traccia che evidentemente voleva lasciare, ben sapendo di essere registrato.

Come lo sapeva Filippo Graviano quando ha ribadito la sua estraneità nell’attentato di via D’Amelio, e alla figlia del magistrato assassinato ha detto, in sostanza, di ritenersi un ex mafioso: «Ho fatto un mio percorso di revisione in questi lunghissimi anni, e oggi comprendo che significa avere dei valori di legalità, di etica, di correttezza… La mia responsabilità è di avere vissuto per il denaro, e di avere approfittato di questa associazione per arricchirmi». Lui sostiene che al tempo della strage già s’era allontanato dalla Sicilia, «ma dirlo oggi non mi crederebbe nessuno». In un’ora di colloquio Fiammetta l’ha più volte sollecitato a dare un «contributo di onestà», ma Filippo Graviano ha alzato un muro: «Sul fatto di suo padre, assolutamente no… Non saprei dirle nulla completamente…». La figlia del magistrato ha insistito: «Lei ha un bagaglio di conoscenze… ha avuto delle relazioni, ha frequentato persone… Perché queste cose non le può anche condividere?». Graviano è rimasto in silenzio per diversi secondi, lasciando trasparire un’evidente difficoltà nella risposta, e solo più avanti ha spiegato: «Io una volta ho detto ai magistrati “se dovessi dire la verità sulla mia vita passata… voi mi rimandereste in cella come per dire ci sta facendo perdere tempo”, perché io purtroppo… si è determinata una verità». E ancora: «Tutto il mondo pensa il peggio di me, io non potrò mai fare nulla per fare cambiare idea a una sola persona».

Fiammetta Borsellino se n’è andata ribadendo che un’altra scelta fosse ancora possibile, perché «non è vero che non c’è gente che vi possa accogliere nel momento in cui viene dato un segnale». Ora vuole tornare in quel carcere per riprendere il dialogo e provare a ottenere quel «contributo di verità» su una vicenda — la morte di suo padre — in parte ancora oscura, oggetto di processo dove sono stati orditi depistaggi che hanno fatto condannare anche degli innocenti scarcerati dopo vent’anni di galera. Ma i magistrati hanno detto «no»; per eventuali collaborazioni con la giustizia la legge prevede altri percorsi. CORRIERE DELLA SERA

Giuseppe Graviano racconta l’incontro con Fiammetta Borsellino  Dichiarazioni spontanee al processo ‘Ndrangheta stragista: “Non si vuole scoperchiare il vaso di Pandora. Ma il tempo è galantuomo”  “Ho avuto la visita di parenti delle vittime. La persona mi dice, ‘stiamo venendo solo da lei perché c’è qualcosa che mi ispira’. Poi ho appreso che sono andati anche da mio fratello”. E’ così che il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, rilasciando dichiarazioni spontanee al processo ‘Ndrangheta stragista, parla dell’incontro avuto con Fiammetta Borsellino“Mi era stato detto di non far uscire la notizia e ne parlo solo ora che altri l’hanno fatta uscire – ha aggiunto il capomafia – Come specificato alla signora che è venuta a farmi visita è impossibile che sia stato io a commettere la strage. Ho spiegato che io sono accusato solo da Scarantino. Io ho l’ergastolo per le sue parole e poi dicono che lui è stato smentito da Spatuzza e con quest’ultimo non mi sono mai confrontato anche se avrei voluto”. Nel suo flusso di coscienza nel corso del dibattimento dove è accusato assieme a Rocco Santo Filippone per gli attentati ai Carabinieri, in cui morirono gli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, Graviano ha un obiettivo chiaro, quello di dimostrare che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nei suoi riguardi non sono altro che fandonie (“A volte la mente elucubra e spesso la memoria biologica non coincide con i fatti storici aggiungendo false notizie. Di fake news ce ne sono abbastanza e ci sono sentenze di collaboratori che si autoaccusano di fatti che poi sono false notizie”). Così se la prende con le dichiarazioni del pentito Cuzzola, il quale aveva riferito della comune detenzione tra il boss di Brancaccio e Pino Piromalli, ma anche con il suo ex autista, Fabio Tranchina“Lui dice che in Via d’Amelio avrebbe ricevuto l’ordine di trovare per me un’abitazione. Ma è una cosa da pazzi fare quello che ha detto lui, andarsi a trovare una casa lì. Via d’Amelio è un buco e dopo l’azione rimanevi intrappolato in quel buco”. Nei giorni della strage del 19 luglio 1992, a suo dire, non si trovava in via d’Amelio, né in quei pressi. “Ero a duemila chilometri da Palermo come Francesco Mazzola, c’è un fermo e si può controllare” ha sempre detto proseguendo il suo “racconto”. La verità e il “tempo galantuomo”  Quindi è tornato a parlare dell’incontro con la figlia del giudice Borsellino: “La persona che voleva rincontrarmi non è stata autorizzata perché le procure dicono che si possono inquinare le prove. Io penso che non si può inquinare. E poi lì brucia veramente il cuore di chi combatte da 25-26 anni per sapere la verità, perché la verità non vuole emergere. Questo vaso di Pandora non si vuole scoperchiare e si è trovato il “capro espiatorio” che è Giuseppe Graviano. Ma il tempo è galantuomo”. Infine il boss di Brancaccio, così come aveva fatto lo scorso aprile ribadisce alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, una propria intenzione: “Sia lei che il pm, che le difese, potete fare tutte le domande che volete. Io risponderò”“Il pm ha chiesto l’esame – ha ribadito la stessa Pastore – Quando arriverà il momento, se lei vorrà rispondere alle domande del pm e probabilmente della Corte lo vedremo. In questo momento sono spontanee dichiarazioni”. Un appuntamento solo rimandato, dunque. Ma chissà se Graviano avrà la stessa voglia di oggi di proferir parola. di Aaron Pettinari 08 Giugno 2018 ANTIMAFIA DUEMILA


L’incontro di Graviano con Fiammetta Borsellino. Il boss: “Mio cugino frequentava Berlusconi”

Fiammetta Borsellino era entrata in carcere per raccontargli del suo dolore di figlia, il boss Giuseppe Graviano ha allargato le braccia. Sostiene di essere innocente, una vittima dei pentiti, e anche lui ha voluto offrire un racconto. Di quando faceva la bella vita a Milano: «Lo dicono tutti che frequentavo Berlusconi  – ha lanciato lì a sorpresa – più che io era mio cugino che lo frequentava». La figlia del giudice Borsellino è tornata a parlare del suo lutto, il boss ha continuato a vantarsi della sua innocenza e delle doti di ottimo padre.

La lettera di Fiammetta Borsellino

Giuseppe Graviano continua a dire e non dire su Silvio Berlusconi e tutto il resto. Probabilmente, consapevole che ogni sua parola viene intercettata in carcere e poi finisce sul tavolo dei magistrati. Nel 2016, aveva sussurrato al compagno dell’ora d’aria, a proposito del Cavaliere: «Venticinque anni fa mi sono seduto con te… Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi». Giuseppe e Filippo Graviano furono arrestati nel gennaio 1994 a Milano. «Lì, facevo una vita normale – continuava a spiegare al compagno di detenzione, il camorrista Umberto Adinolfi – non mi aspettavo l’arresto, ero circondato da una copertura favolosa. Com’ero combinato io… solo solo il Signore… lo bacio».

Durante un anno di intercettazioni, il boss Giuseppe Graviano era stato anche più esplicito: «Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza…». Poi, però, interrogato dai pubblici ministeri del processo Stato-mafia si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma anche quel giorno non rinunciò a mandare i suoi messaggi: «Oggi non parlo, a causa del mio stato di salute – mise a verbale – ma quando mi sentirò in condizioni sarò io stesso a cercarvi e a chiarire alcune cose che mi avete detto». Il boss ha continuato a dire e a non dire, lanciando messaggi. Mentre l’avvocato Nicolò Ghedini, legale di Berlusconi, ha ribadito le smentite: «Le frasi di Graviano su Berlusconi sono prive di fondamento»


Figlia Borsellino a boss, chiedete perdono e parlate

 

(ANSA) – PALERMO, 19 MAG  2018  Mentre Palermo si prepara a commemorare il XXVI anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio, la figlia più piccola di Paola Borsellino, Fiammetta, lancia un ultimo, disperato appello ai killer che uccisero suo padre invitandoli “a chiedere perdono” e a raccontare tutta la “verità”. Lo ha fatto guardando in faccia i boss Giuseppe e Filippo Graviano, che ha incontrato nel dicembre scorso in carcere, dove sono detenuti al 41 bis, dopo avere ottenuto il permesso dal ministro della Giustizia Andrea Orlando. “Sono andata da Giuseppe e Filippo Graviano con l’idea che può vivere e morire con dignità non soltanto il magistrato che sacrifica la propria vita, ma anche chi pur avendo fatto del male è capace di riconoscere il grave male che ha inflitto alle famiglie e alla società, è capace di chiedere perdono e di riparare il danno”, scrive Fiammetta Borsellino in una lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica. “Riparare il danno – sottolinea – per me vuol dire non passare il resto della propria vita all’interno di un carcere, ma dare un contributo concreto per la ricerca della verità”.
    Ma i due padrini di Brancaccio, davanti alle parole accorate della figlia di Borsellino che manifestava il “dolore profondo inflitto non solo alla mia famiglia ma alla società intera”, sarebbero rimasti in silenzio. “Ora è importante – prosegue Fiammetta Borsellino – che io possa continuare quel dialogo che è stato interrotto. Con enorme dispiacere registro la mancanza di una risposta ufficiale da parte delle istituzioni preposte a fronte di una mia richiesta reiterata alcuni mesi fa”. E conclude ricordando i ritardi nel deposito delle motivazioni della sentenza del Borsellino quater e invitando “a far luce su ruoli e responsabilità di coloro che hanno determinato il falso pentito Scarantino alla calunnia”. Un depistaggio a causa del quale “sono passati infruttuosamente 25 anni”.
    Intanto sono cominciate le manifestazioni che culmineranno il 23 maggio con la partecipazione di oltre 70 mila studenti coinvolti nelle iniziative promosse in tutta Italia dal Miur e dalla Fondazione Falcone e con l’arrivo a Palermo della “nave della Legalità”. Il primo appuntamento è per domani 20 maggio, con una serata dedicata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e agli uomini della scorta che si svolgerà nella Chiesa della Magione. La manifestazione, promossa dall’ANSA e dall’Inner Wheel Palermo Normanna, inaugurerà le celebrazioni per ricordare l’anniversario delle stragi. La serata si aprirà con il “Concerto d’amore” eseguito dall’Orchestra “La nuova generazione” diretta dal maestro Giovanni La Mattina. Seguiranno le testimonianze di alcuni familiari delle vittime e la lettura di una intervista rilasciata da Antonio Montinaro, capo scorta del giudice Giovanni Falcone, dieci giorni prima dell’attentato di Capaci. Prevista anche la presenza di Pif e di due piccoli protagonisti della serie televisiva “La mafia uccide solo d’estate”, gli attori Edoardo Buscetta ed Enrico Gippetto.
    Subito dopo sarà proiettato il docufilm dell’ANSA “L’eredità di Falcone e Borsellino” che raccoglie le testimonianze di familiari e colleghi dei due magistrati uccisi, ricostruendo le tappe fondamentali della loro vita anche attraverso le immagini della mostra fotografica dell’ANSA, che accompagna il docufilm.
    Al termine della proiezione si svolgerà un dibattito con la partecipazione, tra gli altri, degli ex magistrati Pietro Grasso, già Procuratore nazionale antimafia, e Giuseppe Ayala, pm nel maxiprocesso a Cosa Nostra, del Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo Roberto Scarpinato. (ANSA).   

 

Archivio digitale logo base