Libero Grassi non si piegò a Cosa Nostra

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29 agosto 1991, ore 7:25, Libero Grassi è sul balcone della sua casa, insieme alla mogli
e. Scambiano poche parole e Libero si avvia verso la porta d’uscita. Ore 7:30 esce dal portone e si dirige verso l’auto. I suoi assassini sono già appostati e aspettano che Grassi esca di casa. Il boss comanda al suo complice di tenere il motore accesso e lo sportello aperto per la fuga. Scende dall’automobile, nascondendo un calibro trentotto nel giornale, e segue la vittima. L’imprenditore svolta per via Alfieri e il killer arriva alle sue spalle, punta la pistola e spara quattro colpi, uno al petto, tre alla testa. Muore così, in un battito d’ali, il simbolo dell’antiracket colpito alle spalle.


«Io non sono pazzo: non mi piace pagare. È una rinunzia alla mia dignità di imprenditore.»

 

Libero Grassi (Catania, 19 luglio1924 – Palermo, 29 agosto1991) imprenditore ucciso da Cosa Nostra dopo essersi opposto a una richiesta di pizzo. È divenuto simbolo della lotta alla criminalità. Nato a Catania, ma trasferitosi a 8 anni a Palermo, i genitori gli danno il nome di Libero, in ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. La sua famiglia era antifascista ed anche Libero matura una posizione avversa al regime di Benito Mussolini[1]. Nel 1942 si trasferisce a Roma, dove studia scienze politiche durante la seconda guerra mondiale e si avvicina al Partito d’Azione.

La formazione e l’impegno

Entra poi in seminario: non per una vocazione maturata nell’avversità della guerra, bensì per il rifiuto di combattere una guerra ingiusta al fianco di fascisti e nazisti.[1] Ne esce dopo la liberazione, tornando a studiare. Passa però alla facoltà di giurisprudenza all’Università di Palermo. Malgrado l’intenzione di divenire diplomatico, prosegue l’attività del padre come commerciante. Negli anni cinquanta si trasferisce a Gallarate, dove entra nel meccanismo dell’imprenditoria; in seguito torna nel capoluogo siciliano per aprire uno stabilimento tessile. Nel 1955, con la moglie, partecipa alla fondazione del Partito Radicale di Marco Pannella. Nel 1961 inizia a scrivere articoli politici per vari giornali e successivamente si dà anche alla politica attiva con il Partito Repubblicano Italiano, per il quale viene nominato, nella seconda metà degli anni sessanta, “suo rappresentante in seno al consiglio di amministrazione dell’azienda municipalizzata del gas”[1] (si dimette nel giugno 1969), e candidandosi alle provinciali nel 1972 senza essere eletto[2].

Le minacce di Cosa Nostra

Dopo aver avuto alcuni problemi con la fabbrica di famiglia, la Sigma, viene preso di mira da Cosa Nostra, che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia e di uscire allo scoperto, con grande esposizione mediatica. Nel gennaio 1991 il Giornale di Sicilia aveva pubblicato una sua lettera[3] sul rifiuto di cedere ai ricatti della mafia. L’imprenditore denuncia gli estorsori (i fratelli Avitabile, arrestati il 19 marzo 1991 assieme a un complice), e rifiuta l’offerta di una scorta personale.La stessa Sicindustria gli volta le spalle. In una lettera pubblicata sul Corriere della Sera il 30 aprile 1991 afferma che «l’unico sostegno alla mia azione, a parte le forze di polizia, è venuta dalla Confesercenti palermitana»[4] e definisce “scandalosa” la decisione del giudice catanese Luigi Russo (del 4 aprile 1991) in cui si afferma che non è reato pagare la “protezione” ai boss mafiosi.

L’assassinio

Il 29 agosto del 1991, alle sette e mezza di mattina, viene ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola mentre si reca a piedi al lavoro. Una grande folla prende parte al suo funerale, tra cui l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Il figlio Davide sorprende tutti alzando le dita in segno di vittoria mentre porta la bara del padre. Non mancano le polemiche, tra chi sostiene fin dall’inizio la battaglia dell’imprenditore, come i Verdi e il Centro Peppino Impastato (dedicato ad un’altra vittima della mafia) e chi non ha preso le sue difese, come Assindustria.

Qualche mese dopo la morte di Grassi, è varato il decreto che porta alla legge anti-racket 172, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione. La vedova Pina Maisano Grassi, nonostante minacce e intimidazioni, prosegue la lotta per la legalità in nome del marito, all’interno delle istituzioni e al fianco della società civile in sostegno delle tante associazioni anti-racket sorte dal 1991 in Sicilia e nel resto d’Italia.[5] Nel 1992 è eletta senatrice nelle file dei Verdi, fino al 1994[6]. A Libero Grassi è stato intitolato un istituto tecnico commerciale di Palermo.[7]

I processi

Nell’ottobre del 1991 viene arrestato il killer Salvatore Madonia, detto Salvino, figlio del boss di Resuttana, e il complice alla guida della macchina Marco Favaloro, che in seguito si pente e contribuisce alla ricostruzione dell’agguato. Madonia è stato condannato in via definitiva al 41-bis[5], e con lui l’intera Cupola di Cosa Nostra (sentenza del 18 aprile 2008)[8].


«Chi oggi non denuncia il pizzo è connivente con la mafia»

Su questa tendenza va ridefinita l’analisi e aggiornata la narrazione, approfondendo le condotte di chi corrisponde le estorsioni e si ostina persino a negarne l’evidenza.

Oggi, a differenza del passato, il tema che investe la maggior parte di coloro che pagano non è più quello della paura né tanto meno della solitudine, ma quello della connivenza. Emergono a più riprese dai processi relazioni di grave contiguità tra chi paga senza remore le estorsioni e Cosa nostra.

Si tratta di commercianti e imprenditori che in cambio del pizzo pagato chiedono servizi alla criminalità organizzata: c’è chi paga e non denuncia perché si rivolge al suo estorsore per impedire l’apertura di concorrenti nel proprio quartiere oppure per recuperare crediti presso i propri clienti, dirimere vertenze con i dipendenti e risolvere problemi di vicinato. C’è chi paga e non denuncia perché appartiene a Cosa nostra o perché il pizzo lo corrisponde al proprio cugino o genero, che è l’estorsore del rione. Dinanzi a tali casi è illusorio aspettarsi collaborazioni proprio per gli interessi e le relazioni tra chi paga e Cosa nostra. Da qui l’esigenza di ridefinire l’analisi perché le estorsioni e soprattutto chi paga non hanno più, su Palermo, le caratteristiche di vent’anni fa. Per tale ragione molti di coloro che sono acquiescenti alle estorsioni non possono considerarsi vittime.

Negli ultimi due decenni il contrasto a tale fenomeno a Palermo è stato contrassegnato da un trend di denunce e collaborazioni più o meno costante, senza diminuzioni o incrementi esponenziali.

Da un lato singole denunce, dall’altro significative anche se isolate ribellioni collettive registrate nelle cinque operazioni Addiopizzo nel 2008 sul mandamento San Lorenzo; nell’area industriale di Carini nel 2009; nell’operazione Apocalisse del 2014 sul mandamento di Resuttana; in via Maqueda nell’operazione nata con le denunce dei commercianti bengalesi nel 2016; e per ultimo nell’operazione Resilienza a Borgo Vecchio nel 2020.

Oggi però, se si vuole segnare una svolta, occorre ripartire da due imprescindibili direttrici. In primo luogo, la riformulazione dell’analisi sul fenomeno delle estorsioni per giungere all’adozione di nuovi strumenti amministrativi, utili a rendere sconvenienti le relazioni di connivenza che lesionano il mercato e sterilizzano la libera concorrenza a danno di imprese e consumatori. La seconda, specie in un momento in cui si registra un calo di interesse sui temi della lotta alle mafie nell’agenda elettorale dei partiti, riguarda chi si candida a rappresentare i cittadini che non può ignorare il tema della «qualità del consenso». Fu proprio Libero Grassi nell’aprile del 1991 a rilanciare tale questione sostenendo la necessità di mettere al bando «le cattive raccolte di voti». Del resto non si può chiedere a commercianti ed imprenditori di denunciare le estorsioni se da chi governa e amministra non proviene il buon esempio.


25.8.2022 – La ribellione al pizzo che 31 anni fa Libero Grassi pagò con la vita, eventi e iniziative per ricordarlo

L’imprenditore tessile venne ucciso a colpi di pistola in via Alfieri il 29 agosto del 1991, mentre di mattina andava al lavoro. Un dibattito sulle estorsioni, una mostra fotografica e anche una veleggiata organizzati da Addiopizzo e dalla famiglia della vittima in occasione dell’anniversario dell’omicidio

Andava al lavoro come tutte le mattine, ma quel giorno – il 29 agosto di 31 anni fa – Libero Grassi, l’imprenditore a capo dell’azienda tessile “Sigma”, fu punito da Cosa nostra per il suo coraggio con quattro colpi di pistola e pagò con la vita la sua ribellione al pizzo: solo pochi mesi prima dell’omicidio, a gennaio del 1991, non aveva esitato a scrivere una lettera aperta, pubblicata dal Giornale di Sicilia, al suo “ignoto estorsore” per chiedergli di “risparmiare telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. Un seme lanciato nel tempo – da un uomo che libero non lo era soltanto di nome – che da allora ha senz’altro dato dei frutti e che lunedì, in occasione dell’anniversario del delitto, sarà ricordato con una serie di eventi.

La commemorazione sul luogo dell’omicidio

Le iniziative, volte anche a ricordare la moglie di Libero Grassi, Pina Maisano, sono organizzate dai parenti dell’imprenditore e da Addiopizzo, che ha raccolto proprio quel seme ed ha contribuito significativamente a fare lentamente cambiare la mentalità di commercianti ed imprenditori rispetto alla possibilità di denunciare. Si inizierà alle 7.45 proprio in via Alfieri, dove ogni anno la famiglia Grassi affigge il manifesto che rievoca le condizioni di isolamento e solitudine in cui maturò il delitto. Perché Grassi fu lasciato solo, anche dai suoi colleghi e dalle associazioni di categoria che si spinsero a definire la sua ribellione come una “tammurriata”. Cosa per la quale, tempo dopo, chiesero pubblicamente scusa.

“La giornata del 29 agosto rappresenta un momento non solo per interrogarsi su cosa sia rimasto dell’esempio di Libero Grassi e sulle difficoltà che ancora si incontrano lungo il percorso della denuncia contro le estorsioni – scrive in una nota Addiopizzo – ma soprattutto sulle relazioni di connivenza che si instaurano tra Cosa nostra e molti di coloro che ancora pagano e non denunciano”.

Il programma delle iniziative per ricordare Libero Grassi

In programma per lunedì alle 10, quindi, un confronto sul fenomeno estorsivo in città e provincia che si terrà nella sede dell’associazione antiracket, in via Lincoln, 131. Il tema sarà proprio “Le estorsioni a Palermo: chi paga e perché?” ed interverranno il procuratore facente funzioni, Marzia Sabella, il commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Maria Grazia Nicolò, e il prefetto Giuseppe Forlani, oltre a Daniele Marannano e Raffaele Genova di Addiopizzo. Spazio anche alle testimonianze di alcune vittime che si sono opposte al pizzo, che saranno introdotte dall’avvocato dell’associazione, Salvo Caradonna. A moderare il dibattito sarà il giornalista Riccardo Arena.

Alle 15.30, alla Cala, la VII edizione di “Vela per l’inclusione sociale”, una veleggiata in barche d’altura con i bambini del quartiere Kalsa e gli educatori di Addiopizzo, la Lega navale italiana e Alfredo Chiodi, nipote di Libero.

PALERMO TODAY

 

 

 

Note

  1. ^Biografia di Libero Grassi, ITIS Libero Grassi. URL consultato il 10 agosto 2012 (archiviato dall’url originale il 10 agosto 2012).
  2. ^Libero Grassi, cara mafia ti sfido
  3. ^Libero Grassi, 20 anni fa la lettera al “Caro estortore” da sky.it, 10 gennaio 2011
  4. ^Addio Pizzo Catania, su addiopizzocatania.org.
  5. ^Libero Grassi, l’uomo perbene che sfidò la mafia, L. Balzarotti, B. Miccolupi, Corriere della Sera, 29 agosto 2016
  6. ^senato.it – Scheda di attività di Giuseppina MAISANO GRASSI – XI Legislatura
  7. ^Il Libero Grassi, su isducabruzzi-grassi.it. URL consultato il 28 agosto 2016 (archiviato dall’url originale l’11 settembre 2016).
  8. ^Cinquantamila.it
  9. ^Libero Grassi Medaglia d’oro al valor civile, su Presidenza della Repubblica. URL consultato il 24 gennaio 2012.