ANZELMO FRANCESCO PAOLO

Audio deposizioni ai

Negli anni ’80 non c’era la volontà di arrestarci. Mia latitanza a casa

 

ANZELMO FRANCESCO PAOLO Ha rivestito il ruolo di vice rappresentante della famiglia” della Noce, prima del 1983 inserita nel mandamento di Porta Nuova di cui era capo CALOGiuseppe. Nel novembre del 1982, conclusa con la vittoria della fazione corleonese la fase più acuta della c.d. seconda guerra di mafia, erano state ricostituite le famiglie”, era cioè stato ridisegnato lorganigramma delle cariche di vertice, almeno nelle famiglie” in cui avevano sino ad allora ricoperto ruoli importanti elementi della c.d. mafia perdente, e GANCI Raffaele, persona assai legata a RIINA Salvatore, era stato eletto rappresentante con votazione unanime degli uomini donore” di quella famiglia”, mentre lo ANZELMO era stato prescelto come suo vice. Nel gennaio del 1983 la fedeltà del GANCI era stata premiata con lattribuzione al medesimo della carica di capomandamento, essendo stata la famiglia” della Noce scorporata dal mandamento di Porta Nuova.

La stretta vicinanza dello ANZELMO ad una delle persone che maggiormente aveva contribuito allattuazione della strategia criminale perseguita dal RIINA, ha comportato il suo coinvolgimento in alcuni dei più efferati delitti di mafia, quali lomicidio del Capitano dei Carabinieri DALEO; la strage in cui perse la vita il consigliere istruttore del Tribunale di Palermo CHINNICI; lomicidio del Commissario della P.S. CASSARA; il plurimo omicidio impropriamente noto come la strage della Circonvallazione di Palermo”, in cui vennero uccisi il boss catanese FERLITO Alfio e gli uomini addetti alla sua traduzione dal carcere; lomicidio del Generale DALLA CHIESA, Prefetto di Palermo.

In ordine a tali crimini lo ANZELMO è stato in grado di fornire elementi utili alla loro ricostruzione allorché iniziò a collaborare nel corso del 1996 con lA.G., poco dopo che GANCI Calogero, uno dei figli del suo capomandamento, aveva già intrapreso tale strada.

E se la decisione di questultimo deve avere esercitato unindubbia influenza sulle scelte collaborative dello ANZELMO, consapevole della conoscenza che il GANCI aveva del suo coinvolgimento in varie imprese criminali, tuttavia appare innegabile lautonomia del contributo conoscitivo offerto dallo ANZELMO ed il fatto che lo stesso non si è arroccato su posizioni intese a ridurre al minimo i danni, minimizzando le proprie responsabilità, ma ha, invece, lealmente confessato la valenza della sua condotta criminale.

Né tanto meno può sostenersi che lautonomia delle dichiarazioni accusatorie dello ANZELMO rispetto a quelle del GANCI sia stata compromessa dal breve incontro intercorso tra i due prima dellinizio della collaborazione dello ANZELMO, ove si considerino lampiezza della collaborazione di entrambi su un numero assai rilevante di fatti criminosi – sui quali non poteva certamente intervenire alcuna concertazione nello scarso tempo a disposizione -e la parziale diversità delle conoscenze, per le difformi esperienze operative maturate.

La mancata partecipazione dello ANZELMO alla fase organizzativa ed esecutiva delle stragi di Capaci e di via DAmelio non appare in contrasto con limportanza del suo ruolo allinterno del mandamento della Noce, ove si tenga nella dovuta considerazione una delle regole fondamentali alle quali il RIINA ha voluto che fosse improntata lattività di COSA NOSTRA, soprattutto dopo il verificarsi a partire dal 1984 di uno dei fenomeni più traumatici per unorganizzazione che ha tra i suoi pilastri basilari lassoluto rispetto del comportamento omertoso, e cioè il c.d. pentitismo, che aveva iniziato ad avere le prime ripercussioni destabilizzanti per il sistema mafioso durante la celebrazione del primo maxiprocesso di Palermo. A fronte di tale situazione, anche se contribuirono anche altri fattori, come si dirà successivamente, i vertici di COSA NOSTRA intesero reagire rendendo ancor più impenetrabile liter procedimentale che portava dalla deliberazione, allorganizzazione e poi allesecuzione dei più gravi delitti. Nellambito di tale blindatura” si inserisce senzaltro la decisione di coinvolgere nellesecuzione dei più gravi delitti solo le persone

strettamente indispensabili alla loro riuscita, tenendo alloscuro delle concrete modalità organizzative ed esecutive tutti gli altri affiliati, a prescindere dal loro ruolo e dalla loro affidabilità e operando in modo che anche le persone coinvolte nellattentato, almeno quelle con ruoli meramente esecutivi, avessero nei limiti del possibile una conoscenza tendenzialmente limitata al segmento di attività dalle stesse svolto.

A ciò si aggiunga che i rapporti tra lo ANZELMO e GANCI Domenico, figlio maggiore del capomandamento e direttamente coinvolto nellesecuzione della strage per cui è processo, non erano improntati alla massima cordialità per incomprensioni verificatesi quando entrambi ebbero a sostituire nella direzione del mandamento della Noce GANCI Raffaele, detenuto tra la fine del 1986 e il novembre del 1988, come hanno riferito GALLIANO Antonino, GANCI Calogero e lo stesso ANZELMO, sicché non può meravigliare che questultimo non sia stato chiamato a comporre il ristretto gruppo incaricato per quel mandamento dellesecuzione della strage.

Ma se lo ANZELMO non è stato in grado di fornire per le ragioni testé dette alcuna indicazione sulla deliberazione ed esecuzione dellattentato, non v’è dubbio che debbono essere prese in adeguata considerazione le sue conoscenze in ordine alle fondamentali regole organizzative di COSA NOSTRA ed alla composizione dei suoi organi di vertice, trattandosi di fonte che per il suo ruolo e per la specifica attività criminale svolta nel settore dei c.d. omicidi eccellenti era certamente qualificata a possedere dei dati di siffatta natura, aggiornati sino allepoca della strage.

Nellambito del presente processo sono state anche acquisite ex art. 238 le dichiarazioni rese dallo ANZELMO alludienza del 27.11.1996 nel giudizio di primo grado per la strage di Capaci. MISTERI D’ITALIA

 

TUTTI I PIANI DELLA CUPOLA PER ELIMINARE UN MAGISTRATO CHE FACEVA PAURA   Nel periodo in cui Paolo Borsellino svolgeva le funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, Cosa Nostra ideò alcuni progetti di omicidio nei suoi confronti, con tutta una serie di attività preparatorie  Nel periodo in cui Paolo Borsellino svolgeva le funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, “Cosa Nostra” portò avanti una pluralità di progetti di omicidio nei suoi confronti, con il compimento di una serie di attività preparatorie.  Uno di questi piani criminosi avrebbe dovuto realizzarsi presso la residenza estiva del Magistrato, nella zona di Marina Longa.  Tale episodio è stato ricostruito nella sentenza n. 23/1999 emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo n. 29/97 R.G.C.Ass. (c.d. “Borsellino ter”), dove si è evidenziato che il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha riferito di una concreta attività posta in essere dall’organizzazione mafiosa per seguire i movimenti del magistrato, all’epoca Procuratore della Repubblica a Marsala, e studiarne le abitudini di vita durante la sua permanenza estiva a Marina Longa, in vista dell’esecuzione di un attentato ai suoi danni. A tal fine Salvatore Riina aveva dato incarico a Baldassare Di Maggio – in quel periodo sostituto per il mandamento di San Giuseppe Jato di Brusca Bernardo, detenuto dal 25 novembre 1985 al 18 marzo 1988 e successivamente agli arresti domiciliari sino al 22 ottobre 1991 – di recarsi a Marina Longa, servendosi come punto di appoggio per l’attività di osservazione della vicina abitazione di Angelo Siino. Tale attività era stata poi sospesa per ragioni che il Brusca non ha precisato. Questo racconto ha trovato preciso riscontro nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Siino, il quale ha riferito che in “Cosa Nostra” vi erano stati commenti assai negativi perché Paolo Borsellino aveva pubblicamente denunciato un calo di tensione nell’attività di contrasto alla mafia e che Pino Lipari aveva espresso la convinzione che il magistrato, che aveva un temperamento più irruente, avesse dato voce al pensiero dell’amico Giovanni Falcone, più cauto di lui, tanto che in “Cosa Nostra” venivano indicati rispettivamente come “il braccio e la mente”. Subito dopo, e cioè intorno al luglio del 1987 o del 1988, egli aveva visto a Marina Longa il Di Maggio, che era venuto a trovarlo con una scusa che egli non faticò a riconoscere come pretestuosa e che successivamente tornò in quel luogo, sicché egli comprese che l’interesse del Di Maggio era rivolto al magistrato. Il Siino aveva successivamente appreso da Francesco Messina, inteso “Mastro Ciccio”, che il progetto di uccidere Borsellino aveva incontrato l’opposizione dei marsalesi di “Cosa Nostra”, i quali avevano lasciato trapelare quel progetto all’esterno, sicché erano state predisposte delle rigorose misure di sicurezza, come egli stesso aveva potuto constatare a Marina Longa. A loro volta le indicazioni del Siino sull’opposizione dei marsalesi all’uccisione del Magistrato ha trovato riscontro nelle dichiarazioni di Antonio Patti, appartenente proprio alla “famiglia” mafiosa di Marsala. Quest’ultimo collaborante ha, infatti, riferito che dopo il duplice omicidio di D’Amico Vincenzo, rappresentante della “famiglia” di Marsala, e di Craparotta Francesco, consumato l’11 gennaio 1992, suo cognato Titone Antonino, persona assai vicina al D’Amico, gli aveva confidato che la reale motivazione della soppressione dei due andava ricercata nell’opposizione che essi avevano manifestato al progetto di uccidere Borsellino quando questi era Procuratore della Repubblica a Marsala.

UN PIANO PER VIA CILEA Un ulteriore progetto omicidiario era destinato a trovare realizzazione nei pressi dell’abitazione del Dott. Borsellino, sita a Palermo in Via Cilea. Sul punto, nella sentenza n. 23/1999 emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta si rileva come dalle dichiarazioni sostanzialmente conformi di Anselmo Francesco Paolo, Cancemi Salvatore, Galliano Antonino, Ganci Calogero e La Marca Francesco, appartenenti ai “mandamenti” della Noce e di Porta Nuova, emerga che nel corso del 1988 ebbe a concretizzarsi un altro progetto di attentato in danno di Paolo Borsellino da attuarsi questa volta a Palermo, nei pressi della sua abitazione di via Cilea, approfittando sia del fatto che si erano attenuate le misure di protezione nei suoi confronti, essendo stato revocato il presidio di vigilanza fissa sotto la sua abitazione, sia dell’abitudine del magistrato di recarsi la domenica da solo presso la vicina edicola per l’acquisto del giornale. In un’occasione gli attentatori ebbero a mancare solo per pochi secondi la loro vittima, dopo essere partiti dal vicino negozio di mobili di Sciaratta Franco, sito in Viale delle Alpi, perché erano giunti sul posto a bordo di un motociclo poco dopo che Paolo Borsellino aveva richiuso il portone di ingresso del palazzo. L’attentato doveva essere eseguito con una pistola cal. 7,65, in modo da non attirare l’attenzione su “Cosa Nostra” e da far pensare piuttosto all’opera di un isolato delinquente, tenuto conto della pendenza in grado di appello del maxiprocesso di Palermo, di cui si confidava in un esito favorevole per il sodalizio mafioso. Tale progetto era stato poi abbandonato dopo gli appostamenti protrattisi per circa quattro domeniche consecutive, verosimilmente per non pregiudicare l’esito di quel giudizio, non essendo stata possibile una rapida esecuzione. Questo secondo episodio ha formato oggetto delle deposizioni rese, nel presente procedimento, dai collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo, Francesco La Marca (escussi all’udienza del 25 settembre 2014) e Antonino Galliano (esaminato all’udienza del 7 ottobre 2014). In particolare, l’Anzelmo (già sotto-capo della “famiglia” della Noce, il cui rappresentante era Raffaele Ganci) ha dichiarato che, intorno al 1987-88, mentre egli si trovava in stato di latitanza e il Dott. Borsellino era Procuratore della Repubblica di Marsala, approfittando di una riduzione delle misure di protezione attorno all’abitazione di quest’ultimo, le “famiglie” della Noce e di Porta Nuova ricevettero il mandato di uccidere il Magistrato. L’esecuzione del progetto criminoso era affidata allo stesso Anzelmo, a Francesco La Marca, a Raffaele e Domenico Ganci, a Salvatore Cancemi. Come base operativa venne utilizzato un negozio di mobili sito in Viale delle Alpi, di proprietà di Franco Sciarratta, dove i killer – ruolo, questo, assegnato all’Anzelmo e al La Marca – erano appostati, in attesa della “battuta” che avrebbe dovuto essere data da Raffaele o Domenico Ganci, o Salvatore Cancemi, o Antonino Galliano. L’agguato avrebbe dovuto scattare di domenica, quando il Dott. Borsellino si recava presso un pollaio per acquistare delle uova, oppure presso un’edicola per prendere il giornale. Si sarebbe dovuto trattare di un omicidio da commettere recandosi immediatamente sul luogo con un motoveicolo ed utilizzando le pistole per uccidere il Magistrato. Tuttavia, dopo un paio di appostamenti, Raffaele Ganci comunicò che bisognava sospendere l’esecuzione del delitto, e il progetto quindi si bloccò.

I RICORDI DEL PENTITO ANZELMO   Il collaborante ha specificato che, secondo le regole di “Cosa Nostra”, sia il progetto omicidiario, sia la sua sospensione, sia l’inizio di una nuova fase esecutiva, dovevano essere decisi dalla “Commissione”. Ha, inoltre, precisato che la motivazione del progetto criminoso si ricollegava all’attività giudiziaria del Dott. Borsellino e al maxiprocesso.

Le dichiarazioni dell’Anzelmo sono di seguito trascritte:

  • AVV. SINATRA – Le chiedo anche: lei ha mai sentito parlare di un progetto che riguardava l’uccisione di alcuni magistrati di Palermo, nella specie il dottore Falcone, il dottore Borsellino?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Risale a molto tempo prima di quando poi sono stati effettivamente uccisi.
  • AVV. SINATRA – E quando?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sicuramente il dottor Borsellino quando si trovava a Marsala, che si vide che ci avevano levato… che lui sotto casa aveva un furgone sempre là piantonato e poi, tutta ad un tratto, ce l’hanno tolto ‘sto furgone e quindi noi, in particolar modo noi della Noce, con la collaborazione di Porta Nuova, di Totò Cancemi, avevamo avuto questo mandato di uccidere il dottor Borsellino. E anche… e anche per Falcone si cercava, però non ricordo il periodo preciso quello del dottor Falcone; si parlava di fare in tanti modi.
  • AVV. SINATRA – Sì, dico, un attimino, parliamo per il momento di questo progetto nei confronti del dottore Borsellino prima. Me lo sa indicare nel tempo? Quindi, lei ha detto che nel… […]
  • TESTE F.P. ANZELMO – Allora, io sono andato latitante dall’84 all’89 e quindi non lo so, penso verso l’87, l’88, una cosa del genere.
  • AVV. SINATRA – Anni ’87 – ’88. E può essere più preciso in ordine a questo progetto? Cioè era un progetto che lei l’aveva saputo da chi precisamente?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Io dal mio capomandamento, da Ganci Raffaele l’avevo saputo.
  • AVV. SINATRA – Cosa le disse di specifico Ganci Raffaele?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Che dovevano ammazzare il dottor Borsellino e ci dovevamo organizzare, e così abbiamo fatto, ci siamo organizzati.
  • AVV. SINATRA – Aspetti, aspetti un attimo. Quando le disse che si doveva ammazzare il dottore Borsellino e quindi poi si doveva passare alla fase esecutiva, le ha fatto riferimento chi decise?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Quelli erano decisioni di commissione, perché non è che lo decideva Ganci Raffaele, quelle erano decisioni prese dalla commissione e avevamo avuto mandato noi di farlo. […]
  • AVV. SINATRA – Eh, quindi gliel’ha riferito e si passa alla fase, diciamo, organizzativa. Può essere più preciso su questo?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sì, siamo passati alla fase organizzativa e si… si doveva fare di domenica, perché lui durante la settimana era là; lo dovevamo fare quando usciva di casa, perché lui mi ricordo che…
  • AVV. SINATRA – Dove? In quale casa?
  • TESTE F.P. ANZELMO – In via Cilea, abitava nel nostro territorio, non come territorio di Noce, ma come territorio Malaspina, però era… Malaspina faceva mandamento da noi, quindi eravamo noi. […]
  • TESTE F.P. ANZELMO – Si doveva fare di domenica, quando lui… siccome c’erano ‘ste notizie che lui andava da un pollaio a prendere le uova, per quello che ricordo, oppure da… dall’edicolante, che c’era un edicolante là, e lui si andava a prendere il giornale là e lo dovevamo fare in questo frangente. E noi come base avevamo un magazzino di mobili, dove si vendevano dei mobili, che faceva capo a Franco Sciarratta, che era un uomo d’onore della nostra famiglia, ed eravamo appostati là. Nel momento in cui ci arrivava la battuta, uscivamo, perché quelli che avevamo incarico era io… che lo dovevamo fare materialmente ero io e Ciccio La Marca.
  • AVV. SINATRA – Quindi lei e La Marca.
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sì.
  • AVV. SINATRA – Sì, dico, lei e La Marca. E come doveva essere fatto questo attentato materialmente?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Non era un attentato, era un agguato, un omicidio con le pistole. […]
  • AVV. SINATRA – Oltre a lei e a La Marca vi furono altri che in quel preciso frangente, ovviamente con riferimento a questo segmento, ebbero un ruolo?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sì, c’era Ganci Raffaele, Totò…
  • AVV. SINATRA – Esecutivo.
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sì, c’era Ganci Raffaele, Totò Cancemi, se non ricordo… se non ricordo male c’era… c’era pure Calogero Ganci. Mi sente?
  • AVV. SINATRA – Sì, sì, la sento. Tutti lì appostati eravate?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Sì, eravamo tutti in questo magazzino dove si vendevano i mobili, che facevamo la base là. Mentre c’era Ganci Raffaele o Totò Cancemi, o non mi ricordo se c’era pure il Galliano Nino che giravano per… per portarci poi la battuta a noi per dire: “E’ uscito”, e noi partivamo con la moto, perché noi eravamo appostati in via delle Alpi, quindi via delle Alpi – via Cilea è un tiro, con la moto arrivavamo in un baleno. […]
  • AVV. SINATRA – Lei sa le ragioni per cui era stata deliberata la morte del dottore Borsellino?
  • TESTE F.P. ANZELMO – Ma la morte del dottor Borsellino e del dottor Falcone è tutta unica, era la situazione che… cioè non… non davano tregua e poi c’era il fatto del maxiprocesso, tutto di lì parte. Quella era la motivazione, per questo si dovevano uccidere.
  • AVV. SINATRA – Non davano tregua, nel senso dal punto di vista giudiziario, dico, per…
  • TESTE F.P. ANZELMO – Dal punto di vista giudiziario, sì, certo. […]
  • TESTE F.P. ANZELMO – Ma negli anni precedenti se ne… se ne parlava che si doveva uccidere il dottor Falcone e il dottor Borsellino. Mi ricordo che c’erano dei progetti, si facevano dei progetti che certe volte si parlava e si doveva fare con un lancia-missile, con un bazooka, con un… cioè c’erano tanti… (…)
  • AVV. SINATRA – Ma lei non può escludere che ci siano stati anche precedentemente, per averlo saputo, dico, se gliene ha mai parlato Ganci, anche altri fatti e altri episodi dove c’erano stati degli appostamenti già con le armi, pronti per uccidere il dottore Falcone o in questo caso a noi interessa il dottore Borsellino?
  • TESTE F.P. ANZELMO – No, no, no.
  • AVV. SINATRA – Lei di questo ne sa proprio di appostamenti?
  • TESTE F.P. ANZELMO – No, io questo appostamento so questo, dove c’ho partecipato io.
  • AVV. SINATRA – Ecco, chiaro.
  • TESTE F.P. ANZELMO – Le ripeto, c’erano… c’erano progetti omicidiari sia ai danni del dottor Falcone che del dottor Borsellino, ma già da anni prima, però io mi sono trovato in questo.

Il collaboratore di giustizia Francesco La Marca ha riferito che, intorno al 1988, Salvatore Cancemi (capo della “famiglia” di Porta Nuova, cui egli apparteneva) lo incaricò di recarsi presso un negozio di mobili sito in Viale delle Alpi per commettere un omicidio. Dal canto suo, il collaboratore di giustizia Antonino Galliano ha affermato che, nel periodo in cui il Dott. Borsellino prestava servizio a Marsala, egli insieme a Raffaele Ganci, Domenico Ganci, Salvatore Cancemi, e qualche volta anche Francesco La Marca effettuarono una serie di appostamenti presso l’abitazione del Magistrato, soprattutto nei giorni di sabato e domenica, nei quali la vittima designata si recava in chiesa per assistere alla Messa e poi presso un pollaio per acquistare alcune uova. Dopo uno o due mesi i predetti appostamenti vennero però sospesi. […] si desume, quindi, che intorno al 1988 venne attuata, con una precisa organizzazione di mezzi e di persone, tutta la fase preparatoria di un progetto di omicidio del Dott. Borsellino, che avrebbe dovuto essere realizzato tendendogli un agguato nelle vicinanze della sua abitazione di Palermo, con modalità non eclatanti (verosimilmente, per non compromettere le aspettative di un esito favorevole del maxiprocesso), mentre egli era intento a compiere atti della propria vita quotidiana. Tuttavia, dopo una serie di appostamenti, il progetto venne accantonato, per decisione della stessa “Commissione” che lo aveva deliberato. Anche questo piano delittuoso era motivato dall’attività giudiziaria svolta dal Dott. Borsellino, il quale non dava tregua a “Cosa Nostra”. A CURA DELL’ASSOCIAZIONE COSA VOSTRA10 luglio 2021