La strage di Capaci fu un attentato di stampo terroristico – mafioso compiuto da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci (sul territorio di Isola delle Femmine), per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, alle ore 17:57, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.
La decisione dell’attentato
L’uccisione di Falcone venne decisa nel corso di alcune riunioni delle “Commissioni” regionale e provinciale di Cosa Nostra, avvenute tra il settembre-dicembre 1991, e presiedute dal boss Salvatore Riina, nelle quali vennero individuati anche altri obiettivi da colpire[2]. Nello stesso periodo, avvenne anche un’altra riunione nei pressi di Castelvetrano (a cui parteciparono Salvatore Riina, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Mariano Agate, Salvatore Biondino e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano), in cui vennero organizzati gli attentati contro il giudice Falcone, l’allora ministro Claudio Martelli e il presentatore televisivo Maurizio Costanzo[3].
In seguito alla sentenza della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso (30 gennaio 1992)[4], la “Commissione provinciale” di Cosa Nostra decise di dare inizio agli attentati: per queste ragioni, nel febbraio 1992 venne inviato a Roma un gruppo di fuoco, composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani (Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella, Francesco Geraci), che avrebbe dovuto uccidere Falcone, Martelli o in alternativa Costanzo, facendo uso di armi da fuoco. Qualche tempo dopo però Riina li richiamò in Sicilia perché voleva che l’attentato a Falcone fosse eseguito sull’isola adoperando l’esplosivo[2][3][5]. Fu scelto Giovanni Brusca come coordinatore dei dettagli delle operazioni.
La ricerca del luogo e la prova dell’esplosivo
Una volta stabilito di utilizzare dell’esplosivo, a Brusca vennero suggerite due opzioni: inserire dell’esplosivo in alcuni cassonetti della spazzatura posti vicino all’abitazione di Falcone, o in un sottopassaggio pedonale che attraversava l’autostrada A29. Entrambe le proposte furono scartate, in quanto per la prima si rischiava di avere troppe vittime “innocenti”, mentre per la seconda Pietro Rampulla, esperto in esplosivi, suggerì di trovare un luogo stretto dove posizionare le cariche, in modo da ottenere una maggiore deflagrazione. Dopo alcune ricerche, venne trovato un cunicolo di scolo dell’acqua piovana, che attraversava l’autostrada da un lato all’altro.
Nell’aprile del ’92 Brusca effettuò una prova dell’esplosivo in Contrada Rebuttone, nei pressi di Altofonte: dopo aver scavato nel terreno, collocò un cunicolo delle stesse dimensioni di quello presente sotto l’autostrada e riempì la buca con del cemento; all’interno del cunicolo inserì dell’esplosivo, e vi collocò un detonatore elettrico fornito da Giuseppe Agrigento (che fornì anche dell’esplosivo). Vennero utilizzate la stessa trasmittente e la stessa ricevente che furono poi impiegate nell’attentato a Capaci, procurate da Pietro Rampulla: si trattava di un radiocomando per aeromodellismo. L’esplosione che venne generata, nonostante la carica fosse in quantità di gran lunga inferiore a quella utilizzata nell’attentato, fu abbastanza potente.[6]
I preparativi
La FIAT Croma azzurra (a destra) sul luogo dell’attentato, insieme a una Lancia Thema rimasta coinvolta.
Tra aprile e maggio, Salvatore Biondino, Raffaele Ganci e Salvatore Cancemi (rispettivamente capi dei “mandamenti” di San Lorenzo, della Noce e di Porta Nuova) compirono alcuni sopralluoghi presso l’autostrada A29, nella zona di Capaci, per individuare un luogo adatto per la realizzazione dell’attentato e per gli appostamenti[7][8]. Nello stesso periodo avvennero riunioni organizzative nei pressi di Altofonte (a cui parteciparono Giovanni Brusca, Antonino Gioè, Gioacchino La Barbera, Pietro Rampulla, Santino Di Matteo, Leoluca Bagarella), in cui avvenne il travaso in 13 bidoncini di 200 kg di esplosivo da cava procurati da Giuseppe Agrigento (mafioso di San Cipirello)[8]. I bidoncini vennero poi portati nella villetta di Antonino Troìa (sottocapo della Famiglia di Capaci)[8], dove avvenne un’altra riunione (a cui parteciparono anche Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Giovanni Battaglia, Salvatore Biondino e Salvatore Biondo), nel corso della quale avvenne il travaso dell’altra parte di esplosivo (tritolo e T4[9]) procurata da Biondino e da Giuseppe Graviano (capo della Famiglia di Brancaccio)[9].
Negli stessi giorni Brusca, La Barbera, Di Matteo, Ferrante, Troìa, Biondino e Rampulla provarono varie volte il funzionamento dei congegni elettrici che erano stati procurati da Rampulla stesso e dovevano servire per l’esplosione[7][9]. Effettuarono varie prove di velocità, e collocarono sul tratto autostradale antecedente il punto dell’esplosione un frigorifero e dei segni di vernice rossa, che al passaggio del corteo servivano a segnalare il momento in cui azionare il radiocomando, per compensare il ritardo di millisecondi che l’impulso avrebbe impiegato per attivare il detonatore. Tagliarono inoltre i rami degli alberi che impedivano la visuale dell’autostrada[9]. La sera dell’8 maggio Brusca, La Barbera, Gioè, Troia e Rampulla provvidero a sistemare con uno skateboard i tredici bidoncini (caricati in tutto con circa 400 kg di miscela esplosiva[9]) nel cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada, nel tratto dello svincolo di Capaci, mentre nelle vicinanze Bagarella, Biondo, Biondino e Battaglia svolgevano le funzioni di sentinelle[7][9].
Nella metà di maggio Raffaele Ganci, i figli Domenico e Calogero e il nipote Antonino Galliano si occuparono di controllare i movimenti delle due Fiat Croma e della Lancia Thema blindate che sostavano sotto casa di Falcone a Palermo per capire quando il giudice sarebbe tornato da Roma[9]. Nessuna verità definitiva fu invece acquisita “in sede processuale sull’identità della fonte che aveva comunicato alla mafia la partenza di Falcone da Roma e l’arrivo a Palermo per l’ora stabilita”[10].
L’attentato
Il 23 maggio Domenico Ganci avvertì telefonicamente prima Ferrante e poi La Barbera che le Fiat Croma erano partite ed avevano imboccato l’autostrada in direzione dell’aeroporto di Punta Raisi per andare a prendere Falcone[8]. Ferrante e Biondo (che erano appostati in auto nei pressi dell’aeroporto) videro uscire il corteo delle blindate dall’aeroporto e avvertirono a loro volta La Barbera che il giudice Falcone era effettivamente arrivato[8][9]. La Barbera allora si spostò con la sua auto in una strada parallela alla corsia dell’autostrada A29 e seguì il corteo blindato, restando in contatto telefonico per 3-4 minuti con Gioè, che era appostato con Brusca su una collinetta sopra Capaci, dalla quale si vedeva bene il tratto autostradale interessato[8][9]. Alla vista del corteo delle blindate, Gioè diede l’ok a Brusca, che però ebbe un attimo di esitazione, avendo notato le auto di scorta rallentare a vista d’occhio: Giuseppe Costanza, autista giudiziario che era nella vettura con Falcone e la moglie, gli stava ricordando che avrebbe dovuto restituirgli le chiavi dell’auto, allora Falcone le rimosse e cercò di dargliele, ma l’autista gli chiese di reinserirle per evitare il rischio di incidente[11]. Dopo questo rallentamento, Brusca attivò il radiocomando che causò l’esplosione. La prima blindata del corteo, la Croma marrone, venne investita in pieno dall’esplosione e sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi ad alcune decine di metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo[12]. La seconda auto, la Croma bianca guidata da Falcone, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti improvvisamente innalzatisi per via dello scoppio, proiettando violentemente il giudice e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza[12].
Gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo, che viaggiavano nella terza auto (la Croma azzurra) erano feriti ma vivi: dopo qualche momento di shock, riuscirono ad aprire le portiere dell’auto ed una volta usciti si schierarono a protezione della Croma bianca, temendo che i sicari sarebbero giunti sul posto per dare il “colpo di grazia”. A giungere sul luogo furono invece vari abitanti delle zone limitrofe, intenzionati a prestare i primi soccorsi; tra questi vi fu anche il fotografo Antonio Vassallo, che però abbandono il luogo dopo che l’agente Corbo lo scambiò erroneamente per uno dei sicari[13]. Venne subito estratto dall’auto Costanza, che si trovava sul sedile posteriore vivo in stato di incoscienza; anche il giudice Falcone e Francesca Morvillo erano ancora vivi e coscienti, ma versavano in gravi condizioni: grazie all’aiuto degli abitanti, si riuscì a tirare fuori la moglie del giudice dal finestrino. Per liberare Falcone dalle lamiere accartocciate fu invece necessario attendere l’arrivo dei Vigili del Fuoco[14]. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo morirono in ospedale nella serata dello stesso giorno, per le gravi emorragie interne riportate, il primo alle 19.05 tra le braccia di Paolo Borsellino, la seconda poco dopo le 22 durante un’operazione chirurgica.
La strage di Capaci, festeggiata dai mafiosi nel carcere dell’Ucciardone[15], provocò una reazione di sdegno nell’opinione pubblica[16][17][18][19]. Secondo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, l’attentato di Capaci fu eseguito per danneggiare il senatore Giulio Andreotti: infatti la strage avvenne nei giorni in cui il Parlamento era riunito in seduta comune per l’elezione del presidente della Repubblica e Andreotti era considerato uno dei candidati più accreditati per la carica, ma l’attentato orientò la scelta dei parlamentari verso Oscar Luigi Scalfaro, che venne eletto il 25 maggio, ovvero due giorni dopo la strage[5][20][21].
Indagini e processi
Prima indagine e processo “Capaci uno“
Nel 1993 la Direzione Investigativa Antimafia, su indicazione del neo-pentito Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella, riuscì ad individuare e ad intercettare Antonino Gioè, Santino Di Matteo e Gioacchino La Barbera, i quali nelle loro telefonate facevano riferimento all’attentato di Capaci[22]. Dopo essere stato arrestato, Gioè si suicidò nella sua cella, probabilmente perché aveva scoperto di essere stato intercettato mentre parlava dell’attentato di Capaci e di alcuni boss e quindi temeva una vendetta trasversale[23]; invece Di Matteo e La Barbera decisero di collaborare con la giustizia e rivelarono per primi i nomi degli altri esecutori della strage. Per costringere Di Matteo a ritrattare le sue dichiarazioni, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro decisero di rapire il figlioletto Giuseppe, che venne brutalmente strangolato e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia[24]. Nonostante ciò, Di Matteo continuò la sua collaborazione con la giustizia[25].
Nell’aprile 1995 iniziò il processo per la strage di Capaci[26], che aveva come imputati Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Filippo e Giuseppe Graviano, Michelangelo La Barbera, Salvatore e Giuseppe Montalto, Matteo Motisi, Bernardo Provenzano, Benedetto Spera, Benedetto Santapaola, Giuseppe Madonia, Mariano Agate, Giuseppe Lucchese, Antonino Giuffrè, Salvatore Buscemi, Francesco Madonia e Giuseppe Farinella (accusati di essere i componenti delle “Commissioni” provinciale e regionale di Cosa Nostra e quindi di avere avallato la realizzazione della strage) ma anche Leoluca Bagarella, Giovanni Battaglia, Salvatore Biondino, Salvatore Biondo, Raffaele e Domenico Ganci, Pietro Rampulla, Antonino Troia, Giuseppe Agrigento, Salvatore Sbeglia, Giusto Sciarrabba e i collaboratori di giustizia Santino Di Matteo, Gioacchino La Barbera, Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Antonino Galliano e Calogero Ganci (accusati di avere partecipato a vario titolo nell’esecuzione della strage e nel reperimento di esplosivi e telecomando che servì per l’esplosione)[9].
Nel 1997 la Corte d’Assise di Caltanissetta condannò in primo grado all’ergastolo Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Bernardo Brusca, Leoluca Bagarella, Raffaele e Domenico Ganci, Giovanni Battaglia, Salvatore Biondino, Salvatore Biondo, Giuseppe Calò, Filippo e Giuseppe Graviano, Michelangelo La Barbera, Salvatore e Giuseppe Montalto, Matteo Motisi, Pietro Rampulla, Bernardo Provenzano, Benedetto Spera, Antonino Troia, Benedetto Santapaola e Giuseppe Madonia mentre vennero assolti Mariano Agate, Giuseppe Lucchese, Salvatore Sbeglia, Giusto Sciarrabba, Salvatore Buscemi, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffrè, Francesco Madonia e Giuseppe Agrigento (che però venne condannato per detenzione di materiale esplosivo)[9]; i collaboratori Santino Di Matteo, Gioacchino La Barbera, Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Antonino Galliano e Calogero Ganci vennero invece condannati a pene tra i quindici e i ventuno anni di carcere[9][27]. Nell’aprile 2000 la Corte d’assise d’appello di Caltanissetta confermò tutte le condanne e le assoluzioni di primo grado ma condannò all’ergastolo anche Salvatore Buscemi, Francesco Madonia, Antonino Giuffrè, Mariano Agate e Giuseppe Farinella[28].
Nel maggio 2002 la Corte di Cassazione annullò con rinvio alla Corte d’assise d’appello di Catania le condanne di Pietro Aglieri, Salvatore Buscemi, Giuseppe Calò, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffrè, Francesco Madonia, Giuseppe Madonia, Giuseppe e Salvatore Montalto, Matteo Motisi e Benedetto Spera[29]. Nel luglio 2003 una parte del procedimento per la strage di Capaci e lo stralcio del processo “Borsellino ter” (che riguardava la strage di via D’Amelio) vennero riuniti in un unico processo perché avevano imputati in comune[30]: nell’aprile 2006 la Corte d’assise d’appello di Catania condannò dodici persone in quanto ritenute mandanti di entrambe le stragi: Giuseppe e Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella, Salvatore Buscemi, Benedetto Spera, Giuseppe Madonia, Carlo Greco, Stefano Ganci, Antonino Giuffrè, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate mentre Giuseppe Lucchese venne assolto[31]; nel 2008 la prima sezione penale della Cassazione confermò la sentenza[32].
Nuove indagini e processo “Capaci bis“
Nel giugno 2008 Gaspare Spatuzza (ex mafioso di Brancaccio) iniziò a collaborare con la giustizia e dichiarò ai magistrati di Caltanissetta che circa un mese prima della strage di Capaci si recò a Porticello insieme ad altri mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino, Lorenzo Tinnirello) per ricevere da un certo Cosimo alcuni residuati bellici recuperati in mare[33]; Spatuzza dichiarò anche che gli ordigni furono poi portati in un magazzino nella sua disponibilità dove provvidero ad estrarre l’esplosivo dalle bombe, che venne travasato in sacchi della spazzatura ed in seguito consegnato a Giuseppe Graviano per essere utilizzato nella strage di Capaci e negli altri attentati che seguirono[33]. Dopo queste dichiarazioni, la Procura di Caltanissetta riaprì le indagini sulla strage di Capaci: nell’aprile 2013 il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta emise un’ordinanza di custodia cautelare per il pescatore Cosimo D’Amato (identificato dalle indagini nel Cosimo indicato da Spatuzza), Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino, Lorenzo Tinnirello e Salvatore Madonia (accusato di essere stato un componente della “Commissione provinciale” di Cosa Nostra in qualità di reggente del “mandamento” di Resuttana e quindi di avere avallato la strage)[34].
Nel maggio 2014 ebbe inizio il secondo troncone del processo per la strage di Capaci, denominato “Capaci bis”, che aveva come imputati Salvatore Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello[35]; a novembre il giudice dell’udienza preliminare di Caltanissetta condannò con il rito abbreviato Giuseppe Barranca e Cristofaro Cannella all’ergastolo mentre Cosimo D’Amato e il collaboratore Gaspare Spatuzza vennero condannati rispettivamente a trent’anni e a dodici anni di carcere.[36]
Indagine “Mandanti occulti”
Nel 1993 la Procura di Caltanissetta aprì un secondo filone d’indagine parallelo per accertare le responsabilità nelle stragi di Capaci e via d’Amelio di eventuali suggeritori o concorrenti esterni all’organizzazione mafiosa (i cosiddetti “mandanti occulti” o “a volto coperto”): nel 1998 vennero iscritti nel registro degli indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sotto le sigle “Alfa” e “Beta” per concorso in strage, soprattutto in seguito alle dichiarazioni de relato del collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi[37]; tuttavia nel 2002 il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta archiviò l’inchiesta su “Alfa” e “Beta” al termine delle indagini preliminari poiché non si era potuta trovare la conferma delle chiamate de relato[38].
Nello stesso anno, la Procura di Caltanissetta iscrisse nel registro degli indagati anche gli imprenditori Antonino Buscemi, Pino Lipari, Giovanni Bini, Antonino Reale, Benedetto D’Agostino e Agostino Catalano (ex titolari di grandi imprese che si occupavano dell’illecita gestione dei grandi appalti per conto dell’organizzazione mafiosa) per concorso in strage, in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Angelo Siino e Giovanni Brusca[39][40]: le indagini infatti ipotizzarono un interesse che alcuni ambienti politico-imprenditoriali e mafiosi avevano di evitare lo sviluppo e l’approfondire delle indagini che i giudici Falcone e Borsellino stavano conducendo sul filone “mafia e appalti” insieme al ROS[40]; tuttavia nel 2003 il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta archiviò le indagini sugli accusati perché “gli elementi raccolti non appaiono idonei a sostenere l’accusa” in giudizio[40].
Infine nel 2013 la Procura di Caltanissetta archiviò definitivamente l’inchiesta sui “mandanti occulti” poiché le indagini non avevano trovato ulteriori risultati investigativi:
«Da questa indagine non emerge la partecipazione alla strage di Capaci di soggetti esterni a Cosa nostra. La mafia non prende ordini e dall’inchiesta non vengono fuori mandanti esterni. Possono esserci soggetti che hanno stretto alleanze con Cosa nostra ed alcune presenze inquietanti sono emerse nell’inchiesta sull’eccidio di Via D’Amelio: ma in questa indagine non posso parlare di mandanti esterni» |
(Sergio Lari, procuratore di Caltanissetta, in un’intervista al Giornale di Sicilia, aprile 2013[41]) |
Nel 2017 vengono nuovamente inclusi nel registro degli indagati.[42]
Commemorazioni
Ogni anno, il 23 maggio, si tiene a Palermo e Capaci una lunga serie di attività, in commemorazione della morte del magistrato Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo[43].
I resti dell’auto sono esposti a Roma, presso la scuola di formazione degli agenti di polizia penitenziaria[44].
Nell’anno della strage è stata creata anche una fondazione intitolata a Giovanni e Francesca Falcone e guidata da Maria Falcone, sorella del magistrato, che si propone di combattere la criminalità organizzata e di promuovere attività di educazione della legalità. La Fondazione ha ottenuto dall’ONU nel 1996 il riconoscimento dello status consultivo in qualità di ONG presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.
Ogni due anni il comune di Triggiano, paese originario di Rocco Dicillo, agente della scorta del magistrato Falcone, ricorda la strage di Capaci organizzando un premio d’arte contemporanea la “Biennale Rocco Dicillo”, ispirata al tema della legalità.
La strage di Capaci nei media
- La strage viene menzionata nella serie TV USA NCIS – Unità anticrimine nell’episodio Due gocce d’acqua (2×12).[45] Nell’episodio in lingua originale viene citato il 1991 come anno della strage, cosa che venne corretta nella traduzione italiana.
- Giorgio Faletti fa implicito riferimento alla strage di Capaci nella sua canzone “Signor tenente“, presentata al Festival di Sanremo 1994;
- L’attentato è una parte della trama nella serie televisiva 1992 di Stefano Accorsi.
- Il rapper italiano Caparezza cita la strage nella sua canzone “Fuck The Violenza” (?!), con la frase: «Il prossimo è facile odiarlo, se sei forte amalo che a fare stragi siamo tutti Capaci».
- L’attentato viene citato nei film Il divo di Paolo Sorrentino (2008) e La mafia uccide solo d’estate di Pif (2013). L’attentato viene inoltre ricostruito in una scena del film Il traditore (2019), nel quale vengono mostrate anche degli autentici filmati dei TG dell’epoca.
- L’attentato viene citato e raccontato dalle voci del TG nell’ultima puntata della seconda stagione della serie Il giovane Montalbano.
- L’attentato viene citato nel libro L’estate fredda di Gianrico Carofiglio.
- L’attentato e le immagini autentiche riprese all’epoca dopo l’arrivo dei soccorsi, fanno parte della trama della fiction Il capo dei capi, comparendo nel sesto e ultimo episodio della serie TV.
note
- ^ L’istituto Nazionale di Geofisica comunicava che secondo le risultanze della stazione di Monte Cammarata (AG), determinate dall’analisi temporale dei segnali registrati si poteva stabilire il momento esatto dell’avvenuta esplosione.
- ^ a b Audizione del procuratore Sergio Lari dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia – XVI LEGISLATURA (PDF).
- ^ a b Valutazione delle prove – Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993 (PDF).
- ^ Archivio – LASTAMPA.it Archiviato il 19 ottobre 2013 in Internet Archive.
- ^ a b Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA Documenti (PDF).
- ^ a b Radio Radicale, Processo Madonia Salvatore ed altri (Strage di Capaci bis), in Radio Radicale, 24 novembre 2014. URL consultato l’8 giugno 2018.
- ^ a b c Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – Sentenza d’appello per la strage di Capaci (PDF).
- ^ a b c d e f Gli esecutori materiali della strage di Capaci – Sentenza d’appello per la strage di Capaci (PDF).
- ^ a b c d e f g h i j k l Stralcio della sentenza della Corte di Cassazione per la strage di Capaci (PDF) (archiviato dall’url originale il 4 marzo 2016).
- ^
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- ^ a b UNA STRAGE COME IN LIBANO – Repubblica.it » Ricerca
- ^ Boris Zarcone Vlogs, Giovanni Falcone | La Verità Nascosta (Testimonianza di Antonio Vassallo), 11 maggio 2018. URL consultato il 9 giugno 2018.
- ^ Strage di Capaci, il racconto dei sopravvissuti, in l’Espresso, 20 maggio 2016. URL consultato il 9 giugno 2018.
- ^ E I CLAN BRINDARONO ALL’UCCIARDONE – La Repubblica.it
- ^ A PALERMO UN MESE DOPO PER NON DIMENTICARE – La Repubblica.it
- ^ UN AEREO PER LA STRAGE – La Repubblica.it
- ^ ‘ VERGOGNA, VERGOGNA ASSASSINI’ – La Repubblica.it
- ^ E Pappalardo Grida Dall’Altare ‘ Smascherate Chi L’Ha Tradito’ – La Repubblica.it
- ^ “La strage di Capaci? Fu per fermare Andreotti”, Corriere della Sera, 28 marzo 1997
- ^ “Andreotti fece avvertire Violante: la bomba di Capaci è contro di me”, Corriere della Sera, 28 agosto 1996
- ^ Antonino Gioè, boss “chiacchierone” si ammazzo’ per paura della vendetta, Corriere della Sera, 12 novembre 1993
- ^ GIOE’ SUICIDA PER COPRIRE I PIANI FUTURI DELLA MAFIA – La Repubblica.it
- ^ Presi i carcerieri di Di Matteo – La Repubblica.it
- ^ BRUSCA AI DI MATTEO: ‘PERDONATEMI’ – La Repubblica.it
- ^ CAPACI, 41 ALLA SBARRA ‘ MA IL PROCESSO SLITTERA’ ‘ – La Repubblica.it
- ^ STRAGE DI CAPACI, 24 ERGASTOLI – La Repubblica.it
- ^ Capaci, ergastolo a 29 boss e sconti di pena ai pentiti – La Repubblica.it
- ^ gli errori dei politici – La Repubblica.it
- ^ Processo unico per le stragi – La Repubblica.it
- ^ la sentenza – La Repubblica.it
- ^ Strage del ’92 carcere a vita per i mandanti – La Repubblica.it
- ^ a b Interrogatorio del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza
- ^ Falcone, individuato il commando della strage “Ecco chi procurò l’esplosivo”: 8 arresti – La Repubblica.it
- ^ Mafia: pm Gozzo, Capaci bis processo molto importante – La Repubblica.it
- ^ Mafia: due ergastoli per strage di Capaci – La Repubblica.it
- ^ Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia – XVI LEGISLATURA (PDF).
- ^ Francesco Viviano, Stragi di Capaci e via D’Amelio archiviazione per Berlusconi, in la Repubblica, 4 maggio 2002. URL consultato l’8 ottobre 2011.
- ^ I moventi della strage – Estratto della sentenza d’appello per la strage di Capaci (PDF).
- ^ a b c Marco Travaglio, Suicidio Gardini e fondi riciclati le nuove verità dei pm antimafia, in la Repubblica, 16 ottobre 2003. URL consultato l’11 settembre 2014.
- ^ Strage di Capaci, Lari: “Fatta luce sulla fase esecutiva”- gds.it
- ^ Berlusconi e Dell’Utri indagati – Cronaca, su ANSA.it, 31 ottobre 2017. URL consultato l’11 luglio 2019.
- ^ La giornata della memoria tra l’albero Falcone e Capaci – Repubblica.it » Ricerca
- ^ Strage di Capaci l’auto in mostra – Repubblica.it » Ricerca
- ^Navy NCIS: Naval Criminal Investigative Service (2003)
Bibliografia
- Giovanni Bianconi. Gaetano Savatteri. L’attentatuni. Storia di sbirri e di mafiosi. Roma, Baldini Castoldi Dalai, 2001. ISBN 88-8089-460-9
- Luigi Garlando. Per questo mi chiamo Giovanni. Fabbri Editori, 2004. ISBN 978-88-451-0303-2.
- Pino Corrias. Davanti al rettilineo di Capaci, come in un labirinto, in Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l’Italia. Milano, Rizzoli, 2006. pp. 127–144. ISBN 978-88-17-01080-1.
- Angelo Corbo, Strage di Capaci, paradossi, omissioni ed altre dimenticanze. Intervista di Domenico Billotta, a cura di Sergio Tamborrino, Diple edizioni 2016.
- Riccardo Tessarini, Stato di abbandono. Il racconto di Giuseppe Costanza: uomo di fiducia di Giovanni Falcone, Bologna, Minerva 2017. ISBN 978-88-7381-920-2
Filmografia
- Giovanni Falcone, regia di Giuseppe Ferrara, 1993
- L’attentatuni, regia di Claudio Bonivento, 2001
- In un altro paese, regia di Marco Turco, 2006
- Vi perdono ma inginocchiatevi, regia di Claudio Bonivento, film tv, 2012
Voci correlate
- Bombe del 1992-1993
- Falange Armata
- Giovanni Falcone
- Presunti rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità
- Pool antimafia
- Strage di via D’Amelio
- Trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra
Collegamenti esterni
- L’edizione straordinaria del TG1 del 23 maggio 1992 che riportò la notizia dell’attentato, su YouTube
- Le prime immagini girate sul luogo dell’attentato, su YouTube
- Sito della fondazione Giovanni e Francesca Falcone, su FondazioneFalcone.it
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