GIUSEPPE SPAGNOLO, sette colpi di lupara per il leader dei contadini

 

 

(Cattolica Eraclea, 28 settembre 1900 – Cattolica Eraclea, 13 agosto 1955)  contadino, sindacalista e politico siciliano, ucciso dalla mafiaFiglio di Liborio Spagnolo e Maria Russo, cominciò sin da ragazzino a lavorare in campagna con il padre. Per far fronte alla crisi causata dalla Prima Guerra Mondiale, lavorava anche a “jurnata”. Partecipò nel biennio rosso alle manifestazioni contadine contro la mafia del feudo costituita dall’aristocrazia terriera e dai campieri e gabellotiSotto il fascismo, fu condannato per associazione a delinquere e per quattro anni scontò il confino a Pantelleria. Al suo ritorno, scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e ricominciò a lavorare nei campi. Sconfitto il fascismo, conobbe Francesco Renda e nel 1945 fondarono la locale sezione del Partito Comunista Italiano. Alle elezioni del 1946 fu candidato a sindaco a capo del Blocco del Popolo, la coalizione tra comunisti e socialisti, e vinse le elezioni. Fu il primo e unico contadino a essere eletto sindaco in Sicilia. Benché eletto per restare in carica 4 anni, fu costretto a lasciare l’incarico dopo 10 mesi per la dura opposizione da parte dell’aristocrazia terriera e della cosca locale.

L’attività come leader contadino Oltre all’impegno nel Partito comunista, Spagnolo divenne anche presidente di una cooperativa, “La Proletaria”, con il quale sistematicamente metteva a rischio gli interessi economici della mafia del feudo. Nel 1952 fu picchiato da otto mafiosi, due anni dopo gli incendiarono un pagliaio. Finché, dato che non aveva smesso il suo impegno politico e sindacale, arrivò la sentenza di morte.

L’omicidio La notte tra il 13 e il 14 agosto 1955 Spagnolo decise di restare a dormire sotto le stelle del suo piccolo podere di contrada “Bissana”, tra Cattolica e Cianciana, così da poter cominciare a lavorare presto nei campi l’indomani. Tuttavia, fu ucciso nel sonno con 7 colpi di lupara.

Impensierita del suo ritardo – raccontò la moglie ai Carabinieri la sera del 14 agosto 1955 – pensai di raggiungerlo in campagna. Temendo che avesse potuto ricevere qualche calcio dalla giumenta, mi avviai da sola a piedi. Nei pressi di “Monte Sara” mi raggiunse con la mula mio figlio Liborio e da lì raggiungemmo il nostro terreno a “Bissana”. Giunti sul posto, potei scorgere, distesa sulla ristoppia, la nostra bisaccia sotto la quale, immerso nel sangue, giaceva esanime il corpo di mio marito, colpito in più punti da colpi di arma da fuoco… Con l’aiuto di mio figlio lo caricai sulla mula trasportandolo in casa“. 

Ai funerali di Spagnolo, svoltisi il 15 agosto, partecipò l’intera popolazione di Cattolica Eraclea. Gli uomini indossarono camicia bianca e fascia nera, le donne una veste nera e un fazzoletto nero in testa. Non si svolse la funzione religiosa, perché la vittima era comunista e l’arciprete Cuffaro non volle celebrare la Messa funebreLa bara fu portata in giro per il paese dagli amici e dai compagni e venne celebrato ugualmente un momento di meditazione e di preghiera davanti alla chiesa della Mercede, durante il quale Francesco Renda, amico e compagno della vittima, gli tributò l’ultimo saluto con una commovente orazione funebre, nella quale apprezzò la sua integrità morale e le alte qualità di dirigente del movimento contadino. Erano presenti le delegazioni provinciali e regionali del PCI, così come le delegazioni di tutti gli altri partiti senza distinzione di colore politico. Un immenso corteo lo accompagnò al cimitero. Anche uno degli assassini (che ancora non era stato scoperto) partecipò al funerale, addirittura accompagnando sotto braccio Liborio, il figlio primogenito della vittima.

Per il delitto, nei tre gradi di giudizio, furono condannati all’ergastolo in contumacia, perché fuggiti in Canada, Giacinto Arcuri, Leonardo Salvo e Leonardo Cammalleri, affiliati alla cosca locale capeggiata allora dal boss Antonino Manno.