FIAMMETTA BORSELLINO: “Sulle stragi CSM omissivo e l’ANTIMAFIA non deve servire per far carriera”

 

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Depistaggio Borsellino, Palamara “Dopo denunce di Fiammetta e Lucia, Csm fece ammuina”



FIAMMETTA BORSELLINO : Il comportamento dell’attuale Csm “sulla stagione delle stragi del ’92” è stato
“omissivo”.
E’ la denuncia di Fiammetta Borsellino che a Palermo, nel corso del convegno ‘Ricostruire l’Antimafia’, alla presenza del Presidente dell’Antimafia all’Ars Claudio Fava e della ex Presidente dell’Antimafia nazionale Rosi Bindi, ha detto: “Devo ringraziare la commissione regionale Antimafia perché ha dato uno sguardo molto attento a quello che è stata la terribile stagione delle stragi del ’92 e, in particolare, su quella di via d’Amelio. Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura, ma il comportamento omissivo di questo organo in tal senso è un dato di fatto e non una mia opinione”. Il lavoro della Commissione, per Fiammetta Borsellino, “si è concluso con due relazioni: una sul più grande depistaggio nonché sul più grave errore giudiziario del nostro Paese, e una seconda sul terribile clima all’interno della Procura di Palermo retta da Pietro Giammanco, peraltro mai sentito dalla magistratura e su tutti i soggetti esterni a Cosa nostra parimenti interessati alle stragi”. ADNKRONOS


Fiammetta Borsellino: «L’attuale Csm omissivo sulle stragi del 1992»  Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso da Cosa Nostra, accusa l’attuale Consiglio Superiore della Magistratura. «Si faccia una vera indagine» Il comportamento dell’attuale Csm «sulla stagione delle stragi del ’92» è stato «omissivo». È la denuncia di Fiammetta Borsellino che a Palermo, nel corso del convegno “Ricostruire l’Antimafia”, alla presenza del Presidente dell’Antimafia all’Ars Claudio Fava e della ex Presidente dell’Antimafia nazionale Rosy Bindi, ha detto: «Devo ringraziare la commissione regionale Antimafia perché ha dato uno sguardo molto attento a quello che è stata la terribile stagione delle stragi del ’92 e, in particolare, su quella di via d’Amelio. Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura, ma il comportamento omissivo di questo organo in tal senso è un dato di fatto e non una mia opinione». Il lavoro della Commissione, per Fiammetta Borsellino, «si è concluso con due relazioni: una sul più grande depistaggio nonché sul più grave errore giudiziario del nostro Paese, e una seconda sul terribile clima all’interno della Procura di Palermo retta da Pietro Giammanco, peraltro mai sentito dalla magistratura e su tutti i soggetti esterni a Cosa nostra parimenti interessati alle stragi». IL DUBBIO


Antimafia, Fava: “La parola oggi non basta, servono i fatti”  Quello che c’è da ripensare a trent’anni dalle stragi. La prima uscita pubblica di Claudio Fava dopo aver strigliato gli alleati è in grande stile: una conferenza a Palazzo Steri sui temi della mafia e dell’antimafia. Tra i relatori Fava schiera l’ex presidente della commissione nazionale antimafia Rosi Bindi, Fiammetta Borsellino, Monsignor Pennisi arcivescovo di Monreale, ex procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro e Pietrangelo Buttafuoco (in diretta streaming). Assente giustificato: Walter Veltroni (a causa di un problema di salute). In platea il procuratore Franco Lo Voi e buona parte della deputazione regionale del M5S.  Trent’anni dopo le stragi, mafia e antimafia vanno ripensate: questo il filo conduttore dell’incontro. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè porta i saluti e palude all’operato di Fava. “Un ripensamento dell’antimafia almeno rispetto alla commissione lo abbiamo fatto. L’attuale Commissione è la migliore di sempre (si è creato un buon rapporto tra me e Fava che pure siamo lontanissimi da tanti punti di vista) ha lavorato tanto senza fare sconti a nessuno”, dice Miccichè che non lesina critiche a una certa antimafia che aveva obiettivi di tipo personalistico che viveva dello scontro continuo. Un’altra epoca. Archiviata. L’arcivescovo Pennisi mette in guardia dalla mafia che cambia volto ma non perde mordente. “La struttura militare della mafia indebolita non deve fare pensare che sia meno forte, ma ha cambiato pelle è più difficile da individuare ma non è meno pericolosa per lo Stato, per la società e per la Chiesa”, spiega Monsignore Pennisi citando a più riprese l’inascoltata lezione di Sturzo. La Chiesa deve educare i giovani: questa la stella polare del lavoro da portare avanti sulla scorta delle parole di Gesualdo Bufalino: “Per sconfiggere la mafia serve un esercito di maestri elementari”. Buttafuoco, in collegamento, non risparmia stoccate al vecchio corso della “mafia dell’antimafia”. E mette i puntini sulle i. “Il termine antimafia ha avuto un uso malevolo nell’ultimo periodo, l’uso strumentale dell’antimafia è cosa diversa dalla lotta alla mafia”, spiega ripercorrendo le vicende che hanno macchiato la nobiltà propria di chi ha combattuto in prima linea.  LIVE SICILIA


Il monito di Fiammetta Borsellino: “L’antimafia non può essere trampolino di lancio per facili carriere”  La figlia del magistrato Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio, è intervenuta al convegno “Ripensare la mafia – Ricostruire l’antimafia”  “L’antimafia non può non essere disinteressata, non può mirare al potere e non può diventare essa stessa potere”. Lo ha detto Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo ucciso nella strage di via D’Amelio, nel corso del convegno “Ripensare la mafia – Ricostruire l’antimafia”, in corso allo Steri. “Quando l’antimafia diventa potere il suo campo di azione viene fortemente vincolato e circoscritto – ha aggiunto Fiammetta Borsellino – e questo non deve assolutamente accadere”. Secondo la figlia di Paolo Borsellino, che nel suo intervento ha citato i casi della ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto e dell’ex presidente di Confindustria Sicilia Calogero Montante, “l’antimafia non può essere il trampolino di lancio per facili carriere, non può essere orientata ad abusi o a rendite di posizione”.  PALERMO TODAY


Borsellino: la denuncia della figlia Fiammetta, ‘da Csm comportamento omissivo’   Il comportamento dell’attuale Csm “sulla stagione delle stragi del ’92” è stato “omissivo”. E’ la denuncia di Fiammetta Borsellino che a Palermo, nel corso del convegno ‘Ricostruire l’Antimafia’, alla presenza del Presidente dell’Antimafia all’Ars Claudio Fava e della ex Presidente dell’Antimafia nazionale Rosi Bindi, ha detto: “Devo ringraziare la commissione regionale Antimafia perché ha dato uno sguardo molto attento a quello che è stata la terribile stagione delle stragi del ’92 e, in particolare, su quella di via d’Amelio. Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura, ma il comportamento omissivo di questo organo in tal senso è un dato di fatto e non una mia opinione”. Il lavoro della Commissione, per Fiammetta Borsellino, “si è concluso con due relazioni: una sul più grande depistaggio nonché sul più grave errore giudiziario del nostro Paese, e una seconda sul terribile clima all’interno della Procura di Palermo retta da Pietro Giammanco, peraltro mai sentito dalla magistratura e su tutti i soggetti esterni a Cosa nostra parimenti interessati alle stragi“. IL MESSAGGERO


 Il comportamento dell’attuale Csm “sulla stagione delle stragi del ’92” è stato “omissivo”. E’ la denuncia di Fiammetta Borsellino che a Palermo, nel corso del convegno ‘Ricostruire l’Antimafia’, alla presenza del Presidente dell’Antimafia all’Ars Claudio Fava e della ex Presidente dell’Antimafia nazionale Rosi Bindi, ha detto: “Devo ringraziare la commissione regionale Antimafia perché ha dato uno sguardo molto attento a quello che è stata la terribile stagione delle stragi del ’92 e, in particolare, su quella di via d’Amelio. Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura, ma il comportamento omissivo di questo organo in tal senso è un dato di fatto e non una mia opinione”. Il lavoro della Commissione, per Fiammetta Borsellino, “si è concluso con due relazioni: una sul più grande depistaggio nonché sul più grave errore giudiziario del nostro Paese, e una seconda sul terribile clima all’interno della Procura di Palermo retta da Pietro Giammanco, peraltro mai sentito dalla magistratura e su tutti i soggetti esterni a Cosa nostra parimenti interessati alle stragi”. IL TEMPO


17.12.2021 – “Ripensare la mafia e ricostruire l’antimafia” 20 dicembre 2021 ore 18.00. “Ripensare la mafia e ricostruire l’antimafia” 20 dicembre 2021 ore 18.00. Presso il Rettorato dell’Università di Palermo nella la Sala delle Capriate, il 20 dicembre 2021, avrà luogo un dibattito e confronto fra le  istituzioni e i rappresentanti del movimento antimafia che ha quale titolo “Ripensare la mafia e ricostruire l’antimafia”, organizzato dalla Commissione Regionale contro la mafia e la corruzione. L’incontro sarà introdotto dai saluti del Presidente ARS Gianfranco Micciché e del Rettore Massimi Midiri e sarà moderato dalla giornalista Elvira Terranova. Parteciperanno l’ex Presidentessa della Commissione Antimafia nazionale Rosi Bindi, Fiammetta Borsellino, Pietrangelo Buttafuoco, mons. Michele Pennissi, Armando Spataro e Walter Veltroni. Le conclusioni saranno del Presidente della Commissione Antimafia Regionale Claudio Fava. Per il rispetto delle attuali norme di contenimento covid-19, sarà necessario prenotare la partecipazione scrivendo alla Commissione all’indirizzo. IL MODERATORE


L’accusa di Fiammetta Borsellino: “Su stragi Csm omissivo”. Un durissimo j’accuse contro l’attuale Csm che “sulla stagione delle stragi del ’92” è stato “omissivo”. A “differenza della Commissione regionale antimafia all’Ars” presieduta da Claudio Fava. Perché la strage di via D’Amelio “è ancora una ferita che sanguina”. E’ la durissima denuncia di Fiammetta Borsellino, figlia minore del giudice Paolo Borsellino ucciso nella strage di Via D’Amelio il 19 luglio del 1992. Se la prende con il vecchio organo di autogoverno ma non risparmia frecciate anche a quello attuale. “Devo ringraziare la Commissione regionale Antimafia perché ha dato uno sguardo molto attento a quello che è stata la terribile stagione delle stragi del ’92 e, in particolare, su quella di via d’Amelio. Ha concluso il suo lavoro con ben due relazioni, una in particolare sul più grande depistaggio nonché sul più grave errore giudiziario del nostro Paese – dice – e una seconda, sul terribile clima, all’interno della Procura di Palermo, retta da Pietro Giammanco, peraltro mai sentito dalla magistratura e su tutti i soggetti esterni a Cosa nostra, parimenti interessati alle stragi”.    E aggiunge: “Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura. Ma il comportamento omissivo di questo organo è un dato di fatto e non certo una mia opinione”. Una denuncia che arriva nel corso del convegno ‘Ripensare la mafia, ricostruire l’Antimafia’, organizzata da Claudio Fava alla presenza di Rosy Bindi, di Armando Spataro e di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale. Presente anche il neo Procuratore di Roma Francesco Lo Voi, alla sua ultima uscita pubblica da capo del pool di Palermo.  “Io ritengo che Antimafia voglia dire sicuramente qualsiasi forma di attività di denuncia del rapporto tra mafia e potere – aggiunge Fiammetta Borsellino -io credo fermamente che antimafia voglia dire disvelamento di tutte le connivenze in ordine a tutti i poteri costituzionali, compresa la magistratura”. “Io credo che proprio l’alta funzione che l’Antimafia è chiamata a svolgere, non può non essere disinteressata. L’Antimafia non può mirare al potere e non può diventare essa stessa potere, perché abbiamo visto che quando ciò è avvenuto l’Antimafia è stata fortemente condizionata nel suo campo di azione da un altissimo conflitto di interessi”.  “Quando l’antimafia diventa potere il suo campo di azione viene fortemente vincolato e circoscritto – ha detto ancora Fiammetta Borsellino – e questo non deve assolutamente accadere”. “L’antimafia non può sicuramente essere, come hanno dimostrato il caso Saguto e Montante che sono i casi più eclatanti, il trampolino di lancio per facili carriere. Non può essere orientata sicuramente ad abusi o a rendite di posizione”.   Poi, parlando della strage di via D’Amelio, ha detto che è ancora “una ferita aperta che sanguina”. “Credo che un’altra funzione fondamentale dell’Antimafia – aggiunge -sia la ricerca della verità. In questo l’Antimafia ha una funzione fondamentale”. Ricorda anche il clima vissuto dal padre prima della strage. “Venne da lui definita un ‘nido di vipere’ – dice – Credo che bisognava soffermarsi su questa frase, perché mio padre è sempre stata una persona molto rispettosa delle istituzioni e dei colleghi e questo era un campo di indagine che andava approfondito”. “L’esistenza di un conflitto di interessi ha costantemente spostato l’attenzione di preminenti esponenti dell’Antimafia verso determinati campi di indagine – aggiunge – al fine – di allontanare i riflettori su precisi contesti operativi in cui essi stessi hanno operato. Di questo siamo fermamente convinti, tanto è vero che tutti conoscono il processo Stato-mafia”. ENTI LOCALI ON LINE


IL J’ACCUSE DI FIAMMETTA, ‘FERITA CHE SANGUINA, CSM COMPORTAMENTO OMISSIVO’.  “Io ritengo che Antimafia voglia dire sicuramente qualsiasi forma di attività di denuncia del rapporto tra mafia e potere – aggiunge Fiammetta Borsellino -io credo fermamente che antimafia voglia dire disvelamento di tutte le connivenze in ordine a tutti i poteri costituzionali, compresa la magistratura”. “Io credo che proprio l’alta funzione che l’Antimafia è chiamata a svolgere, non può non essere disinteressata. L’Antimafia non può mirare al potere e non può diventare essa stessa potere, perché abbiamo visto che quando ciò è avvenuto l’Antimafia è stata fortemente condizionata nel suo campo di azione da un altissimo conflitto di interessi”. “Quando l’antimafia diventa potere il suo campo di azione viene fortemente vincolato e circoscritto – ha detto ancora Fiammetta Borsellino – e questo non deve assolutamente accadere”. “L’antimafia non può sicuramente essere, come hanno dimostrato il caso Saguto e Montante che sono i casi più eclatanti, il trampolino di lancio per facili carriere. Non può essere orientata sicuramente ad abusi o a rendite di posizione”.

Poi, parlando della strage di via D’Amelio, ha detto che è ancora “una ferita aperta che sanguina”. “Credo che un’altra funzione fondamentale dell’Antimafia – aggiunge -sia la ricerca della verità. In questo l’Antimafia ha una funzione fondamentale”. Ricorda anche il clima vissuto dal padre prima della strage. “Venne da lui definita un ‘nido di vipere’ – dice – Credo che bisognava soffermarsi su questa frase, perché mio padre è sempre stata una persona molto rispettosa delle istituzioni e dei colleghi e questo era un campo di indagine che andava approfondito”. “L’esistenza di un conflitto di interessi ha costantemente spostato l’attenzione di preminenti esponenti dell’Antimafia verso determinati campi di indagine – aggiunge – al fine – di allontanare i riflettori su precisi contesti operativi in cui essi stessi hanno operato. Di questo siamo fermamente convinti, tanto è vero che tutti conoscono il processo Stato-mafia”. IL ROMA


23.12.2021 – Fiammetta Borsellino e i suoi gravi errori nel merito dei fatti Parla di antimafia, non lo nomina, ma nel mirino c’è sempre Di Matteo. Di Giorgio Bongiovanni – “L’antimafia non deve essere il trampolino di lancio per facili carriere”. Ecco le parole di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice barbaramente ucciso in Via D’Amelio ormai quasi trent’anni fa, intervenuta nei giorni scorsi nel convegno “Ripensare la mafia, ricostruire l’antimafia”, organizzato dalla commissione Antimafia dell’Ars allo Steri di Palermo. Parole inserite nel contesto di un discorso in cui si fa accenno a casi specifici, come il caso Saguto o Montante, ma che di rimando fa riferimento anche ai magistrati, in maniera generica. Ma anche i non detti parlano. E guardando dichiarazioni più o meno recenti, trasmesse sui soliti giornaloni, ecco che si torna a mettere alla gogna il consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo.
E’ avvenuto sulle colonne del giornale Libero, diretto da Alessandro Sallusti, con l’articolo a firma di Filippo Facci. Sono loro alcuni dei libellisti mercenari al servizio del potere che continuamente si prodigano a ingiuriare e diffamare quei magistrati che hanno avuto l’ardire di mettere sotto accusa i loro padroni (quel Silvio Berlusconi, pregiudicato, che vorrebbero al Quirinale).
Facci dà atto che la Borsellino non nomina Di Matteo, ma poi scrive: “Lunedì sera tutti sapevano che la Borsellino aveva in mente altro, il suo legittimo pensiero fisso: ossia la pseudo-giustizia che una folta schiera di magistrati, per decenni, ha spacciato per verità, primo tra tutti il carrierista antimafia per eccellenza, Antonino Di Matteo, passato poi al delirante e fallito processo ‘Trattativa’, passato poi alla Direzione Nazionale Antimafia non è chiaro in base a quali meriti, teorico ministro dell’Interno secondo i desiderata dei 5 stelle, cittadino onorario della città di Roma governata da Virginia Raggi. Un uomo premiato per i suoi fallimenti, nella miglior tradizione della magistratura italiana, ‘antimafia’ o altro che sia”.
Dato che non sono giunte smentite di merito, e tenuto conto dei continui interventi proprio su certi giornali-servi, come Libero, Il Giornale o Il Riformista, è lecito pensare che era proprio ciò che Fiammetta Borsellino, nel suo silenzio, voleva intendere.
Al libellista Facci, le cui parole non ci stupiscono tenuto conto che da anni si prodiga nel gettare fango e insulti anche quando sul magistrato, Nino Di Matteo, pende una condanna a morte del capo dei capi Totò Riina, ricordiamo che il processo trattativa non è ancora concluso. Le motivazioni della sentenza devono ancora uscire ed il processo è tutt’altro che delirante tenuto conto che neanche i giudici d’Appello che hanno assolto con formule diverse Dell’Utri, Mori, De Donno e Subranni non hanno detto che “il fatto non sussiste”. E sarà interessante capire come sia stato possibile condannare i soliti mafiosi e non quei pezzi di istituzioni che con essi hanno dialogato.
Facci svolge il compito del mercenario al servizio del potere in maniera precisa e puntuale con argomentazioni false laddove si fa intendere che Di Matteo può aver avuto un ruolo nel depistaggio sulla strage di Via D’Amelio.
Ciò che però desta sconcerto è il livore con cui Fiammetta Borsellino si accanisce nei confronti di quei magistrati che non hanno fatto altro che ricercare la verità sulla morte del padre, concentrandosi in particolare nella ricerca di mandanti esterni delle stragi. Qualcosa che non ha nulla a che vedere con la teoria del movente “mafia-appalti”, promossa dagli ufficiali del Ros ed anche dalla stessa signora Borsellino.
Più volte abbiamo scritto e riconosciuto che, al netto di una verità solo parziale sui fatti che riguardano l’attentato del 19 luglio 1992, è lecito provare rabbia ed avere sete di giustizia.
Ma altrettanta rabbia si genera nel vedere questo perpetrarsi di dichiarazioni erronee nel merito dei fatti che mistificano la realtà. E al contempo non trova giustificazione in natura avere amici o “consulenti” giudiziari nella ricerca della verità quegli avvocati che annoverano tra le loro difese anche quelle di soggetti che sono stati fautori delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Cioè, in soldoni, è “contro natura” assecondare le medesime teorie di chi difende gli assassini del proprio padre.
I depistaggi sulla strage ci sono stati. Nessuno lo mette in dubbio. Ma è stato ampiamente dimostrato che Nino Di Matteo con il depistaggio sull’inchiesta di Via D’Amelio non c’entra in alcun modo.
Eppure, nonostante non sia neanche mai stato iscritto nel registro degli indagati, viene continuamente tirato in ballo in maniera distorta e fuorviante.
E mai si tiene conto della decisione del Gip di Messina. Il giudice che ha archiviato l’inchiesta nei confronti degli altri magistrati Anna Maria Palma e Carmelo Petralia, con l’accusa di calunnia aggravata, in quanto “non si è individuata alcuna condotta posta in essere né dai magistrati indagati, né da altre figure appartenenti alla magistratura che abbiano posto in essere reali e consapevoli condotte volte ad inquinare le dichiarazioni, certamente false, rese da Vincenzo Scarantino”.
Di Matteo, lo ricordiamo per l’ennesima volta a chi ci legge, è uno dei pochi magistrati che, come Tescaroli, Ingroia, Scarpinato ed altri, hanno cercato la verità sui mandanti esterni della strage di Via D’Amelio, senza fare sconti alle istituzioni.
Di Matteo, oggi consigliere togato del Csm, si occupò in toto del “Borsellino ter”, un processo che non solo portò alla condanna di tutti i capi della Commissione provinciale e regionale, ma ha aperto la strada a quella ricerca dei mandanti esterni delle stragi che si tradusse negli anni successivi nell’impegno, assieme al collega Luca Tescaroli, con le indagini sulla presenza di Bruno Contrada in Via D’Amelio, indagato per concorso in strage, o l’inchiesta su “Alfa e Beta” (ovvero Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri).
E in quelle attività furono in qualche maniera ostacolati e stoppati. Parlano le inchieste e le carte processuali. E’ dunque evidente la differenza tra chi ha cercato di ricostruire la verità su quegli anni e chi, diversamente, anche semplicemente facendo finta di non vedere, si è adeguato al silenzio di Stato.
Oggi la ricerca della verità non si è fermata. A Firenze la Procura indaga ancora sull’ex Premier e sull’ex Senatore come mandanti delle stragi del 1993.
E dopo aver letto sui giornali le assurde difese della signora Fiammetta Borsellino al generale Mori di turno, post sentenza trattativa, ci manca solo che oggi difenda anche i due co-fondatori di Forza Italia o che promuova la corsa al Quirinale dell’ex Cavaliere.
Magari sempre con l’obiettivo di colpire Nino Di Matteo e le sue indagini.
I motivi che si nascondono dietro questo accanimento non li conosciamo. Solo chi li vive, o il Padre eterno, può conoscerli fino in fondo. Al di là di questo, però, possiamo affermare che certe cose “contro logica” e “contro natura”, come l’odio e livore espresso nei confronti del magistrato palermitano, non solo sono incomprensibili. Sono inaccettabili. ANTIMAFIA DUEMILA

a cura di Claudio Ramaccini  Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco