La figlia di Borsellino : “Perché sto aiutando un assassino di papà”

 

Fabio Tranchina e la sua compagna hanno gravi difficoltà economiche Lui è l’ex autista del boss Graviano e oggi collabora con la giustizia

06 Marzo 2020

Durante una pausa dell’ultimo processo per le bombe del 1992, sono rimasti a parlare per quasi un’ora. Da una parte Fabio Tranchina, l’ex autista del boss Giuseppe Graviano che ha curato i preparativi della strage di via d’Amelio e oggi collabora con la giustizia, dall’altro la figlia del procuratore aggiunto Paolo Borsellino, che il 19 luglio fu ucciso con cinque poliziotti della scorta. «Tranchina mi ha parlato del suo dolore – spiega oggi Fiammetta – mi ha raccontato la sua gioventù difficile a Brancaccio, mi ha giurato in lacrime che non sapeva cosa doveva accadere in via d’Amelio. Mi ha raccontato soprattutto della sua voglia di cambiare vita, e delle difficoltà enormi che sta incontrando». In quel momento – era quasi un anno fa, nell’aula bunker di Firenze – Fiammetta Borsellino decise che avrebbe aiutato quell’uomo in lacrime.

Questa è la storia di una figlia che non smette di cercare la verità sulla morte del padre: «Le liturgie di certa antimafia nei giorni delle commemorazioni stanno diventando insopportabili – dice – io voglio capire cosa è accaduto veramente». Questa è anche la storia di un’altra donna, l’attuale compagna di Fabio Tranchina, che ha lasciato il marito, un boss ergastolano, per seguire l’uomo con cui ha immaginato un futuro diverso, e per questa scelta è stata rinnegata dalle figlie: «Adesso, sta attraversando un problema che non rende serena la famiglia, non hanno praticamente di cosa vivere», spiega Fiammetta. Lei è una dipendente del Comune di Palermo, prima precaria, poi di recente è stata assunta, ma non è mai potuta ritornare in servizio, perché abita lontano dalla Sicilia. «Una soluzione deve pur esserci», dice la figlia di Paolo Borsellino, che in questi mesi ha fatto decine di telefonate, ha scritto tante lettere. «Potrebbe prendere servizio nel Comune in cui si trova». Ma il Comune di Palermo dovrebbe farsi carico di pagare lo stipendio. «Ho parlato con il sindaco Orlando e con i suoi funzionari, spiegando la situazione – dice Fiammetta – ho ribadito che questo è un caso importante, ho parlato pure con il servizio centrale di protezione, lo Stato dovrebbe farsi carico di chi ha accettato di sostenere la ricerca della verità». Dopo mesi, la situazione sembrava essersi sbloccata. Ma, poi, lo spettro di un intervento della Corte dei Conti ha bloccato tutto.

«Se non può il Comune, allora intervenga lo Stato – dice il legale di Tranchina, l’avvocatessa Monica Genovese – c’è una legge che impone di assistere i familiari dei collaboratori di giustizia». L’ex boss di Brancaccio ha dato un contributo importante per svelare molti dei segreti attorno alla strage, aveva accompagnato due volte Graviano in via d’Amelio, è stato condannato in appello a 7 anni e 6 mesi. «O, forse, devo pensare che si vogliono disincentivare le collaborazioni con la giustizia? – dice ancora Fiammetta – Perché questo è il segnale che sta passando. La compagna di Fabio Tranchina chiede solo di poter fare quello per cui è stata assunta: lavorare. Ma sembra che sia impossibile». Due giorni fa, un sms del sindaco Orlando ha chiuso anche l’ultima possibilità: «Carissima Fiammetta, mi dispiace. Tutte le istituzioni interpellate hanno escluso una possibilità di intervento a carico del Comune. Tale posizione ostativa è anche quella del prefetto competente per territorio». Ma Fiammetta non si arrende: «Perdere quel posto di lavoro sarebbe come dire che lo Stato ha abbandonato un uomo che ha fatto una scelta coraggiosa di rottura con il suo passato», dice. «La gente deve sapere come viene trattato un collaboratore importante e una donna che lo sostiene». Fabio Tranchina ha mandato un messaggio a Fiammetta: «Solo per averci provato la ringrazierò per tutta la vita, chi mi ha deluso profondamente sono coloro a cui ho consegnato la mia vita». Lei ha risposto: «Oggi, anche la famiglia Borsellino si sente tradita e delusa da una parte delle istituzioni». LA REPUBBLICA