Depistaggio Borsellino, Palma in aula in lacrime: “Indagata ingiustamente e attaccata dalla famiglia”

 

13 Dicembre 2019

“Io a questo Stato ho regalato il 50 per cento della mia salute oltre all’affetto che mi ha fatto perdere di mio figlio per avere poi che cosa? Per essere indagata ingiustamente. Mi scuso, ma questo cosa non la tollero, soprattutto perché mi trovo nelle condizioni di dovere essere attaccata dai familiari del giudice Borsellino che io ho adorato, non la tollero perché profondamente ingiusta”. E’ scoppiata in lacrime durante la deposizione Annamaria Palma, la pm che coordinò le indagini sulla strage di via D’Amelio, al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Palma è indagata per calunnia aggravata in concorso con un altro magistrato, Carmelo Petralia, dalla Procura di Messina.

“Faccio parte dello Stato e voglio contribuire alla ricerca della verità, intendo rispondere alle domande. Anche se il mio giudice naturale in questo momento è a Messina”, ha detto Annamaria Palma, ex pm della procura di Caltanissetta. “Vincenzo Scarantino si voleva accreditare come collaboratore di giustizia, mostrava la volontà piena di collaborazione” ha detto Palma. “In quella prima fase a me Scarantino non diede affatto l’impressione sulla base di quello che dichiarava, di un collaboratore che non voleva collaborare. Cercava di rispondere al meglio alle domande, poneva anche delle precisazioni, faceva di tutto per accreditarsi come collaboratore insomma”. Il falso pentito Vincenzo Scarantino “secondo me era molto furbo”. “Scarantino era molto nervoso – ha detto Palma – era sempre fortemente preoccupato. Era geloso della moglie in maniera abnorme, geloso “come una scimmia”, come si dice. Era furbo, riusciva ad afferrare le cose, capiva il senso di quello che uno diceva”. E ha aggiunto: “Si può essere stupidi e avere una certa furbizia, ma le mie sono impressioni. Secondo me era anche furbo”.

Palma – attualmente avvocato generale di Corte d’appello a Palermo e difesa dall’avvocato Roberto Tricoli – è stata citata, assieme al collega dell’epoca Carmelo Petralia, nel processo in cui sono imputati – in ordine al depistaggio delle indagini sulla strage del 19 luglio 1992 – di calunnia aggravata i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, componenti della squadra “Falcone-Borsellino” guidata da Arnaldo La Barbera che, tra le altre cose, arrestò Vincenzo Scarantino, il “picciotto” della Guadagna che si rivelò un “pupo vestito”, un falso pentito. Palma e Petralia, (quest’ultimo è aggiunto a Catania), sono indagati per calunnia aggravata dalla procura di Messina.

“Preparare un collaboratore è una cosa che si è sempre fatta e molti pm continuano a farlo anche oggi. Non ha un significato di suggerimenti ma di spiegare a un collaboratore che non è mai entrato in un’aula di giustizia, come si svolgerà il dibattimento, chi si troverà davanti. Non c’è nessuna norma che vieti la cosiddetta preparazione”, ha detto in aula la Palma. Nell’intercettazione, depositata solo di recente al processo sul depistaggio, Petralia, indagato con Palma a Messina per calunnia aggravata, diceva: “Scarantino, ci dobbiamo tenere molto forti perché siamo alla vigilia della deposizione”, annunciandogli una visita con il procuratore Giovanni Tinebra e il capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera. Era l’8 maggio 1995. “Ci sarà tutto quanto lo sfaff delle persone che lei conosce, potrà parlare di tutti i sui problemi così li affrontiamo in modo completo e vediamo di dargli una soluzione – diceva Petralia – Contemporaneamente iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione alla deposizione al dibattimento”. E oggi l’Avvocato generale di Palermo parla di una consuetudine da parte dei magistrati.

In aula presente anche Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso il 19 luglio 1992 in via D’Amelio, assieme agli agenti della scorta. In apertura di udienza il presidente della Corte di assise, Francesco D’Arrigo, ha comunicato che i testi non hanno dato il consenso ad essere videoripresi e fotografati. L’avvocato generale Palma ha detto, riferendosi a Borsellino:  “Dopo la morte di Paolo Borsellino andai a trovare la vedova, la signora Agnese, che mi accompagnò nello studio di Paolo. Sulla scrivania trovai un’agenda. Le chiesi se potevo sfogliarla e disse di sì. Era un’agenda in cui Paolo annotava tutti i suoi spostamenti ed era ferma al 17 luglio 1992”

Nelle scorse udienze la procura di Caltanissetta – l’aggiunto Gabriele Paci e il sostituto Stefano Luciani – ha depositato agli atti del processo le trascrizioni integrali delle conversazioni intercettate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, i suoi familiari e alcuni pm che gestivano la sua collaborazione con la giustizia. Per l’accusa queste intercettazioni provano il depistaggio sulle indagini.

In aula è anche scoppiata una bagarre che ha costretto il presidente Francesco D’Arrigo a sospendere l’udienza per cinque minuti. A fare scoppiare la lite è stata una frase dell’avvocato generale dello Stato Annamaria Palma. “Io venivo attaccata in aula dai difensori degli imputati che oggi sono parte civile”, ha detto Palma. E’ intervenuto l’avvocato Giuseppe Scozzola, che difende Gaetano Scotto e Vincenzo Orofino che furono condannati ingiustamente per il processo Borsellino. “Se noi siamo parte civile è perche siamo stati calunniati”, ha detto. E la Palma: “Lei sedeva a difendere gli imputati”. E Scozzola alzando ancora di più la voce: “Imputati che sono stati assolti e revisionati”. E ha aggiunto: “La smetta. Non permetto che un indagato di reato connesso faccia queste affermazioni”. A questo punto il Presidente D’Arrigo ha sospeso l’udienza per cinque minuti. Fiammetta Borsellino, presente in aula, è rimasta impassibile ad ascoltare il botta e risposta tra l’avvocato generale di Palermo Palma e l’avvocato Scozzola. LA REPUBBLICA


Depistaggio Borsellino, l’ex pm indagata Palma risponde alle domande: “Mai avuta percezione della falsità di Scarantino”

“Siccome faccio parte di questo Stato e voglio contribuire alla verità, intendo rispondere”. Con queste parole Annamaria Palma ha comunicato ai giudici di Caltanissetta l’intenzione di rispondere alle domande, al processo che vede imputati per calunnia aggravata Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del gruppo di investigatori che condusse l’inchiesta sulla strage di via d’Amelio. All’epoca Palma era una delle pm della procura nissena che indagò sull’autobomba che il 19 luglio del 1992 uccise Paolo Borsellino.

Palma, che ha chiesto di non essere ripresa dalle telecamere presenti in aula, si sarebbe potuta avvalere della facoltà di non rispondere visto che è indagata di calunnia aggravata insieme al collega Carmelo Petralia nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina. In pratica sia i poliziotti a giudizio che i magistrati indagati sono accusati di aver depistato le indagini su mandanti ed esecutori della strage di via d’Amelio. Secondo la ricostruzione della procura, gli inquirenti dell’epoca – pm e investigatori – avrebbero creato a tavolino pentiti imbeccandoli, costringendoli ad accusare otto innocenti e depistando così le indagini. Palma è attualmente avvocato generale a Palermo, mentre Petralia, pure citato per oggi, è in servizio a Catania.

Nei mesi scorsi i pm di Messina, che hanno la competenza sulle indagini a carico dei colleghi catanesi, ha scoperto una serie di bobine, mai analizzate prima, con le registrazioni delle intercettazioni di telefonate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, uno dei protagonisti chiave del depistaggio, alcuni investigatori dell’epoca e i due pm. A giugno la Procura della Città dello Stretto notificò ai due magistrati l’avviso di garanzia e l’iscrizione nel registro degli indagati contestualmente alla notizia che sulle bobine sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Quelle conversazioni sono ora agli atti del processo in corso a Caltanissetta a carico dei poliziotti.

Durante la deposizione ci sono stati momenti di tensione, con il presidente Francesco D’Arrigo costretto a sospendere l’udienza per cinque minuti. A fare scoppiare la lite è una frase della Palma, che se la prende con i difensori di parte civile degli imputati che furono condannati ingiustamente al processo Borsellino. “Io venivo attaccata in aula dai difensori degli imputati che oggi sono parte civile”, ha detto Palma. Insorge l’avvocato Giuseppe Scozzola, che difende Gaetano Scotto e Vincenzo Orofino. “Se noi siamo parte civile è perche siamo stati calunniati“, ha detto. E la Palma: “Lei sedeva a difendere gli imputati“. E Scozzola alzando ancora di più la voce: “Imputati che sono stati assolti e revisionati”. E aggiunge: “La smetta. Non permetto che un indagato di reato connesso faccia queste affermazioni”. A questo punto il giudice ha sospeso l’udienza per cinque minuti. Fiammetta Borsellino, presente in aula, è rimasta impassibile ad ascoltare il botta e risposta tra teste e avvocato.

Poi l’udienza è ricominciata. E nella sua deposizione Palma ha ha spiegato che all’epoca non aveva “mai avuto la percezione della falsità di Vincenzo Scarantino. Noi non ci siamo fermati a Scarantino, noi lo consideravamo un piccolo segmento. Scarantino non ci diceva di non voler più collaborare con la giustizia, si lamentava della sicurezza, dei soldi, di questioni logistiche, ma solo di questo”. Il magistrato ha sottolineato che la famiglia del falso pentito era contraria alla collaborazione del balordo della Guadagna: “Avevamo la certezza che la famiglia stesse tentando di minare la collaborazione o di inquinare le dichiarazioni e pensavamo che possibili ripensamenti fossero indotti dalla famiglia. Come si sente dalle intercettazioni alla famiglia che lo invitava a ritrattare rispondeva ‘io sono sicuro di quel che sò. Allora quella verità avevamo. Magari domani ce ne sarà un’altra, ma allora avevamo quella. Io non avevo notizia di suoi tentennamenti allora“.

Palma ha negato di aver mai “sentito parlare di rapporti tra la procura di Caltanissetta e il Sisde. Non ho mai incontrato nessuno del Sisde, nemmeno Contrada. Indagammo, però, in modo approfondito sull’ipotesi che Contrada fosse presente in via D’Amelio al momento della strage“. Secondo la pm fu approfondita già allora “l’ipotesi che il primo verbale redatto dopo l’attentato fosse poi stato strappato perché rivelava la presenza di Contrada in Via D’Amelio. Indagammo su questo verificando innanzitutto i tabulati di Contrada e dalla cella telefonica risultò che si trovava in barca al momento dell’esplosione ma non ci fermammo a questo”.

Nella deposizione di Palma spazio anche alla questione della scomparsa dell’agenda rossa, mentre venne ritrovata l’altro diario di Borsellino, di colore grigio. “Dall’agenda di Borsellino – ha spiegato – avevamo saputo poi che era andato al ministero dell’Interno il 1 luglio. Trovai l’agenda andando a persuadere la moglie di Borsellino a deporre. Lei mi portò a vedere lo studio del marito e io le chiesi se potevo sfogliare il diario in cui lui annotava gli spostamenti. Era ferma al 17 luglio. Mi fu detto che erano le stesse cose che annotava nell’agenda rossa, però, sotto il profilo degli spostamenti. “Scoprimmo dall’agenda – ha concluso – che era andato al Viminale e che lo stesso giorno era andato a interrogare Mutolo. Sapevamo già dalle dichiarazioni di Mutolo che Borsellino durante l’interrogatorio si era allontanato. Non accertammo mai però che in quell’occasione aveva incontrato Contrada. La pista Contrada fu ampiamente approfondita, ci rimase però sempre il sospetto dell’incontro con Borsellino nei corridoi del Viminale”. FQ.


Borsellino: Palma in lacrime, lo adoravo Ex pm, contro di me attacchi ingiusti. 13 dicembre 2019 (ANSA) – “Non tollero di essere indagata ingiustamente e di essere attaccata dai familiari del giudice Borsellino che io ho adorato”. E’ lo sfogo, tra le lacrime, dell”ex pm Annamaria Palma che sta deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.

Palma, che è indagata a Messina con l’accusa di aver contribuito al depistaggio delle indagini sull’attentato, si riferisce alle critiche rivolte al pool di pm che coordinò l’inchiesta dalla figlia di Borsellino, Fiammetta.
    Palma, che sta rispondendo alle domande nel processo a Caltanissetta sul depistaggio delle indagini che vede imputati di calunnia aggravata Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del pool di investigatori che condusse l’inchiesta, si sarebbe potuta avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagata di calunnia aggravata insieme al collega Carmelo Petralia nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina.