(AdnKronos) La “ricerca della verità” sulle stragi mafiose del 1992 “non si è mai fermata”, nonostante siano trascorsi 27 anni. Perché gli italiani, “anche quelli nati dopo il 1992” hanno “tutto il diritto di avere risposte su quanto accadde quella domenica”, del 19 luglio 1992 in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. E “lo sviluppo delle indagini sta via via delineando altre strade che, se doverosamente riscontrate, possono far individuare altri soggetti” anche esterni a Cosa nostra. Lia Sava, il Procuratore generale di Caltanissetta, scandisce ogni parola con fermezza. Guardando dritto negli occhi i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta. E’ iniziata così la requisitoria fiume del processo ‘Borsellino quater’. Imputati i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino e i tre falsi pentiti Calogero Pulci, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino. In primo grado Madonia e Tutino vennero condannati all’ergastolo, mentre Andriotta e Pulci a dieci anni di reclusione per calunnia. Reato prescritto per Scarantino. Il Procuratore generale Lia Sava ha già fatto sapere, a inizio udienza, che alla fine della requisitoria chiederà la conferma delle condanne di primo grado. “Il primo profilo riguarda la famiglia di Paolo Borsellino e i congiunti di tutti gli uomini della scorta, i servitori dello Stati che sono stati trucidati in via D’Amelio Essi hanno il diritto di sapere e di comprendere fino in fondo, come e perché si giunse alla stagione delle stragi, anche al fine di cercare di lenire un dolore mai sopito, ma che addirittura si amplifica di fronte agli assordanti silenzi sia all’interno di Cosa nostra che all’interno di altri e più differenti contesti”. “I magistrati devono continuare a raccogliere prove certe di responsabilità penali che consentano di addivenire a sentenze definitive di condanna per tutti coloro, anche in ipotesi, esterni a Cosa nostra, che possono avere concorso, a qualunque titolo, e per qualsivoglia scopo, alla realizzazione della strage di via D’Amelio e che, successivamente ai tragici eventi, possono avere mosso i fili, in maniera da determinare il colossale depistaggio delle relative indagini”, avverte Lia Sava che rappresenta l’accusa con l’altro pg Antonino Patti. Anche il processo della trattativa tra Stato e mafia, giunto in appello a Palermo, entra nella requisitoria di Caltanissetta: “A parere di questo ufficio, ed in attesa dell’esito definitivo del processo “trattativa”, se sarà provato in maniera inconfutabile, che l’accelerazione dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino e’ stata determinata anche dalla sua opposizione ad accordi fra elementi deviati dello Stato e Cosa nostra, avremo, quale conseguenza immediata e diretta, altri elementi utili ed importanti al fine di comporre lo scenario di quella tragica stagione stragista. Da un lato la cosiddetta trattativa e le concomitanti singolari vicende relative al rapporto mafia – appalti, possono aver contribuito, anche senza interferenze fra loro, ad indurre Salvatore Riina alla piu’ rapida eliminazione di Borsellino”, dice Lia Sava. “Tocca ai magistrati – ha detto Sava – l’arduo compito di acquisire, a distanza di numerosi anni, ulteriori elementi per la ricostruzione completa della dinamica della strage di via d’Amelio, che presenta ancora oggi, diversi punti drammaticamente irrisolti”. E poi aggiunge: “I cittadini, anche i più giovani, quelli che nel 1992 non erano nemmeno nati” hanno “il diritto di interrogarsi e di discutere, in ogni sede, in ordine a quel tragico capitolo della nostra storia, chiedendo a gran voce risposte chiare e e coerenti”. Per Lia Sava “L’Italia, dunque, ha estremo bisogno di conoscere ogni frammento del contesti, delle causali, degli autori delle stragi e ciò non solo al fine di meglio comprendere cosa accadde davvero in quegli anni, allorché venne sferrato il più violento degli attacchi alla nostra democrazia“, dice il magistrato.