Lo sfogo dell’ex boss Di Carlo: “Il servizio di protezione non funziona” Francesco Di Carlo, da 22 anni collaboratore di giustizia, denuncia: “Sono stato abbandonato dallo Stato, sfruttato e poi buttato via. Come un calzino vecchio…”. E ricorda Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: “Avevano una certa idea di cosa fare. Mentre poi sono subentrate una serie di nuove situazioni” “Nonostante io sia un libero cittadino, che ha scontato la pena prima ancora di collaborare con la giustizia, oggi vivo come un latitante di mafia. Faccio finta di essere un boss latitante. Perché non mi sento sicuro. Il Servizio di protezione non funziona bene e io non mi sento al sicuro. E i fatti di Pesaro lo dimostrano…”. E’ l’amaro sfogo di Francesco Di Carlo, l’ex boss di Cosa nostra e da 22 anni collaboratore di giustizia. “Sono stato abbandonato dallo Stato, sfruttato e poi buttato via. Come un calzino vecchio. ..”, racconta Di Carlo in un’intervista all’Adnkronos. Francesco Di Carlo era stato condannato nel 1987 insieme a cinque complici per aver importato in Inghilterra eroina e cannabis per un valore di 78 milioni di sterline pari a 180 miliardi di lire. Da sempre “titolare” insieme ai fratelli Giulio e Andrea dei grandi traffici internazionali di eroina, Francesco Di Carlo era stato già arrestato in precedenza in Inghilterra. Gli investigatori accertarono che, dietro il paravento di una società di import-export, Di Carlo aveva creato a Londra il centro di smistamento degli stupefacenti dalla Sicilia ai mercati del Nord America. Di Carlo divenne capo famiglia mafiosa di Altofonte a metà degli anni 1970, nel 1996 Di Carlo decise di collaborare con le autorità italiane. Venne, così, trasferito dalla sua prigione del Regno Unito a Roma, dove venne considerato come il “nuovo Tommaso Buscetta“. Oggi, Francesco Di Carlo, che vive all’estero sotto falso nome, non lesina critiche al Servizio di protezione. “Così come è non funziona lamenta – Il sistema è stato creato in un certo modo e all’inizio che c’erano magistrati che si interessavano, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che avevano una certa idea di cosa fare. Mentre poi sono subentrate una serie di nuove situazioni. E ognuno ha cercato di fare carriera nei propri settori, sia in magistratura che in altri settori”. PALERMO TODAY