Strage di via D’Amelio, pm Cardella rivela: “Nessun verbale di sequestro su borsa Borsellino” Il Procuratore generale di Perugia, che faceva parte del pool di magistrati di Caltanissetta che nel 1992 indagavano sull’attentato, è stato ascoltato come teste al processo sul depistaggio: “E c’era anche il problema dell’agenda rossa…” “Subito dopo la strage di via D’Amelio la borsa del giudice venne prelevata e portata in Questura ma non fu mai fatto un verbale del sequestro”. A rivelarlo oggi in aula è il Procuratore generale di Perugia Fausto Cardella, sentito come teste al processo sul depistaggio: nel 1992 faceva parte del pool di magistrati di Caltanissetta che indagavano sull’attentato che causò la morte del giudice Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. “La collega Boccassini si rese conto subito che c’era una situazione da sanare perché non c’era un verbale di sequestro della borsa del giudice Borsellino – ricordo che lo chiedemmo all’allora dirigente della Squadra mobile Arnaldo La Barbera e lui ci disse: ‘Io me la sono trovata, onestamente non so come ci sia arrivata’. Quindi scoprimmo che non fu mai fatto un verbale di sequestro e in quel momento non ci fu una spiegazione diversa. A quel punto la Boccassini disse ‘Dobbiamo vedere subito’ e fui incaricato di andare a Palermo. Allora andai a Palermo e fu fatto questo verbale”. Cardella parla anche dell’agenda rossa. “Connesso al problema della borsa – dice ancora rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Gabriele Paci – c’era anche il problema dell’agenda rossa. Ricordo che c’era stata una fonte che mi parlò dell’agenda. Era l’allora maresciallo Carmelo Canale. Ricordo benissimo, e lo collego a Canale, che se ne parlasse. Cercammo di capire chi fosse andato sul luogo del delitto e cosa avesse preso. Facemmo degli accertamenti su Bruno Contrada, sentimmo delle persone, ci fu anche un commissario di polizia che disse qualcosa su Contrada“. Poi ricorda il periodo in cui arrivò a Caltanissetta, distaccato da Perugia, per indagare sulla strage di via D’Amelio. “Era il primo novembre del 1992 – racconta – arrivai a Caltanissetta con la dottoressa Ilda Bocassini e trovammo subito una situazione di stasi investigativa. Vincenzo Scarantino era già stato arrestato sulla base di intercettazioni ambientali fatte nel carcere in cui erano Candura e un altro detenuto”. Iniziò, quindi, un rapporto con “gli organi investigativi che lavoravano sul caso Borsellino, essenzialmente la Squadra Mobile, ma c’era anche la Dia, in un secondo tempo, il reparto operativo dei carabinieri di Palermo”. Alla sbarra ci sono tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che facevano parte del gruppo Falcone-Borsellino, accusati di calunnia aggravata. PALERMO TODAY