Gli angeli custodi di Falcone e Borsellino

 

Gli angeli custodi di Paolo Borsellino

Gli Angeli custodi di Giovanni Falcone


I membri della scorta di GIOVANNI FALCONE, morti nella strage di CAPACI

  • Rocco Di Cillo, 30 anni, di Triggiano (Bari). Quando superò il concorso in polizia interruppe gli studi universitari e partì per Bolzano, prima sede di servizio. Nel 1989 iniziò a fare parte della scorta di Falcone, e con altri colleghi contribuì a sventare l’attentato alla villa dell’Addaura. 
  • Antonio Montinaro, 30 anni, di Calimera (Lecce). Agente scelto, era stato inviato in Sicilia e temporaneamente assegnato al servizio scorte di Falcone. All’inizio sognava di tornare a casa, poi decise di rimanere e aprì un piccolo negozio di detersivi per la moglie. Quando Falcone lavorava a Roma seguiva altre personalità, ma non mancava mai all’appuntamento quando il magistrato tornava in Sicilia nel weekend. Era padre di due figli piccoli. 
  • Vito Schifani 27 anni, di Ostuni (Brindisi). Guidava la prima delle tre auto che scortavano Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Lasciò la moglie di 22 anni, Rosaria, e un figlio di 4 mesi. L’immagine di Rosaria ai funerali è rimasta nella memoria di molti. Sull’altare, piangendo, urlò ai mafiosi: «Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare…».

 

 


I componenti della scorta di PAOLO BORSELLINO , morti nella strage di VIA D’AMELIO

  • Agostino Catalano, 43 anni, di Palermo. Era un veterano dell’Ufficio scorte. Da molti anni garantiva la sicurezza dei magistrati, si era appena risposato e aveva 2 figli. Poche settimane prima aveva salvato un bimbo che stava per annegare dinanzi alla spiaggia di Mondello.
  • Walter Eddie Cosina, 31 anni, Norwood (Australia). Da una decina di giorni era stato assegnato alla scorta del magistrato. Era arrivato nel capoluogo siciliano da Trieste, dove per 10 anni aveva lavorato nella Digos, frequentando corsi speciali di addestramento per fare parte delle scorte. Dopo la strage di Capaci aveva chiesto di andare come volontario a Palermo nell’Ufficio scorte. Era sposato e aveva un bimbo in tenera età.
  • Vincenzo Li Muli, 22 anni, di Palermo. Era entrato nel gruppo dopo la strage di Capaci per sostituire i colleghi caduti. L’aveva chiesto lui al giudice e non aveva detto niente ai suoi genitori, perché sapeva che sarebbero stati in pena. Quel giorno sua madre sentì alla televisione che Borsellino era morto con la scorta e disse: «Poveri ragazzi e povere mamme». Non sapeva che fra loro c’era anche suo figlio.
  • Emanuela Loi, 24 anni, di Sestu (Cagliari). Dopo la strage di Capaci fu assegnata al nucleo scorte di Palermo. Bionda, fisico minuto, è stata la prima donna a entrare a far parte di una scorta assegnata a obiettivi a rischio e la prima a morire. Quando arrivò a Palermo disse: «Se ho scelto di fare la poliziotta non posso tirarmi indietro. So benissimo che fare l’agente di polizia in questa città è più difficile che nelle altre, ma a me piace». Quella domenica non doveva essere lì. Era a disposizione e fu aggregata alla scorta all’ultimo minuto.
  • Claudio Traina, 27 anni, di Palermo. Agente scelto, neo-padre. Nel corso di un viaggio in Brasile aveva conosciuto una ragazza e l’aveva portata in Italia. Il loro figlio, al momento dell’attentato, aveva pochi mesi

 

 

 

 


A cura di  Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro le mafie – Progetto San Francesco