LUCIA BORSELLINO: “La borsa ci venne riconsegnata dal questore Arnaldo La Barbera, ma mancava l’agenda rossa.”

 

Dopo la strage – ha spiegato Lucia Borsellino – la borsa ci venne riconsegnata dal questore Arnaldo La Barbera, ma mancava l’agenda rossa. Mi lamentai subito della mancanza di quell’agenda rossa. Ho avuto una reazione scomposta. Me ne andai sbattendo la porta. Chiesi con vigore che fine avesse fatto la borsa e La Barbera, rivolgendosi a mia madre, le disse che probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologico perché era particolarmente provata. Mi fu detto che deliravo. La Barbera escludeva che l’agenda fosse nella borsa”. Sulla scomparsa del diario di Borsellino è già stato celebrato a Caltanissetta un processo (concluso con l’assoluzione) a Giovanni Arcangioli, il carabiniere immortalato pochi attimi dopo la strage mentre si muove in via d’Amelio con in mano la borsa del giudice.

Lucia BORSELLINO: «Vent’anni fa con mio fratello andammo a consegnare l’unica agenda rimasta a casa, quella grigia dell’Enel, l’unico documento in cui si evince che mio padre incontrò l’onorevole Mancino e qualcun altro. Quella testimonianza sarebbe divenuta verità processuale se solo allora fosse stata depositata agli atti dalla procura di Caltanissetta.
Quell’agenda l’andai a consegnare personalmente, un commesso me la stava sottraendo dalle mani perché fosse messa agli atti. Chiesi che venissero fatte le fotocopie davanti a me, pagina per pagina, e me le sono portate a casa.
Ricordo dei volti quasi infastiditi. Quando Arnaldo La Barbera venne poi a casa mia a consegnare la borsa di mio padre ho scoperto, dopo vent’anni, che questa consegna non era stata verbalizzata agli atti. E quando l’aprii e vidi che non c’era l’agenda rossa che ho visto aprire e chiudere da mio padre quella mattina del 19 luglio, perché dormivo nel suo studio, dissi: “Come mai questa agenda non è presente?”
Mi risposero: “Ma di quale agenda sta parlando?”.
Ho sbattuto la porta e La Barbera ebbe il coraggio di dire a mia madre: “Faccia curare sua figlia perché sta male, sta vaneggiando”.
Io queste cose le ho raccontate alla Procura di Caltanissetta. E dopo vent’anni sono tornata lì e non c’era nulla, non c’era una traccia nei verbali».   
da “La Repubblica” del 20 giugno 2014