Paolo Borsellino, 48 anni, dall’86 procuratore capo a Marsala, può essere definito uno dei leader storici del pool antimafia dell’Ufficio istruzione di Palermo, ai tempi di Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta. Oggi sul fronte delle inchieste che investono Cosa Nostra, stanno accadendo fatti, si stanno verificando situazioni, all’interno e all’esterno del Palazzo di Giustizia, che lui non riesce più a capire. Proverbiale per la sua schiettezza, esce allo scoperto con questa intervista.
Dottor Borsellino, cos’è che non va oggi nella lotta alla mafia? In un recente convegno il giudice Falcone si è detto molto preoccupato. “Fino a poco tempo fa tutte le indagini antimafia, proprio per l’unitarietà dell’organizzazione chiamata Cosa Nostra, venivano fortemente centralizzate nell pool della Procura e dell’Ufficio istruzione. Oggi invece i processi vengono dispersi per mille rivoli. Tutti si devono occupare di tutto, è questa la spiegazione ufficiale, ma è un a spiegazione che non convince. La verità è che Giovanni Falcone purtroppo non è più il punto di riferimento principale”. Mi risulta che Falcone continui a svolgere le sue inchieste; e gli anni passati , titolare del maxi-processo, fu il capo dell’Ufficio istruzione Antonino Caponnetto. oggi invece al posto che fu di Chinnici e Caponnetto, c’è Antonino Meli.
Perchè trova strano che a Meli stia a cuore una direzione complessiva? “Senza mettere in discussione la bravura, la competenza, la buona fede di Meli, dubito che si possa rivendicare la titolarità quando si è arrivati ieri e quindi non si conosce la materia. Il precedente di Caponnetto è ben diverso: lui quelle carte le aveva viste crescere. E ai suoi tempi si era affermata una preziosa filosofia di lavoro che ha consentito l’istruzione del maxi-processo: salviamo le competenze territoriali, quando è possibile, ma ogni spunto di indagine che riguarda Cosa Nostra deve trovare riferimento nel maxi-processo e nello stralcio che da quel processo è scaturito. Con questa tecnica si chiuse la pagina delle indagini parcellizzate che per anni non riuscirono mai a centrare veri obiettivi. Ho la spiacevole sensazione che qualcuno voglia tornare indietro”.
Dottor Borsellino, tutti conoscono il clima di polemiche che ha preceduto e seguito la nomina del nuovo capo dell’Ufficio istruzione. Falcone non ce l’ha fatta. Non c’è il rischio di riaprire antiche polemiche? “Sono fra quelli che non hanno ami pensato che si dovesse dare un “premio” particolare a Falcone. Si trattava semmai di tutelare la continuità con le direzioni di Chinnici e Caponnetto. Si trattava cioè di garantire una soluzione interna all’Ufficio, senza pause o pericolose soluzioni di continuità in certe indagini”.
Lei è procuratore capo a Marsala. Vuol dire che con l’Ufficio istruzioni si sono “rotti i telefoni”? “Qui, a Marsala, ho avuto modo di occuparmi di una potente cosca di Mazara del Vallo sulla quale indagano anche i giudici palermitani. Mi sembrava quindi di fare la cosa più normale rivolgendomi all’Ufficio istruzione: non ho avuto alcuna risposta. Strano, davvero molto strano”.
Qualche che giorno fa, ad Agrigento, durante la presentazione di un libro sulla mafia in quella città, curato da Giuseppe Arnone, lei si è detto molto preoccupato anche della situazione delle forze di Polizia. “Bene: l’ultimo rapporto di Polizia degno di questo nome risale al 1982. Era il dossier intitolato Michele Greco più 161. Da allora ad oggi non è stato presentato più alcun rapporto complessivo sulla mafia nel Palermitano. Se si escludono alcuni contributi del reparto anticrimine dei carabinieri, il vuoto è assoluto: nessuno, per esempio, che si sia posto il problema di capire quali effetti ha provocato negli equilibri fra le famiglie di Cosa Nostra la sentenza del maxi-processo. Recentemente, invece, il dottor Nicchi, capo della squadra mobile di Palermo, ha dichiarato pubblicamente che lui “lavora per la normalizzazione”. Francamente non capisco una frase del genere detta da un funzionario di polizia.”
Il capo della sezione omicidi della Squadra Mobile, Francesco Accordino, è stato trasferito a Reggio Calabria e da qualche mese si occupa di raccomandate rubate, presso la polizia postale. E’ un caso? “So solo che la Squadra Mobile, dai tempi delle uccisioni dei poliziotti Cassarà e Montana, era rimasta decapitata. Lo staff investigativo è a zero”.
Qualche giorno fa il giudice Falcone ha affermato che non esistono prove dell’esistenza di un “terzo livello”, inteso come super direzione politica della “cupola” militare della mafia; ha aggiunto che molti uomini politici siciliani erano e sono adepti di Cosa Nostra. Che ne pensa? “Sull’inesistenza del terzo livello concordo con lui. Per la seconda parte del ragionamento non dispongo di informazioni particolari, poichè da due anni vivo a Marsala, ma è risaputo che esiste un’area di reticenza dichiarata, da parte di Buscetta, proprio nelle sue confessioni”. Perchè lancia oggi questo grido d’allarme? “Il momento mi sembra delicato. Avendo trascorso tanti anni negli uffici-bunker di Palermo sento il dovere morale, anche verso i miei colleghi, di denunciare certe cose”.
Saverio Lodato, giornalista de “L’Unità”, intervista Paolo Borsellino 20 Luglio 1991