Falcone e Borsellino, apre il Museo della memoria

A trent’anni dalle stragi di via D’Amelio e di Capaci il museo all’interno del Palazzo di Giustizia di Palermo

A trent’anni dalle stragi di via D’Amelio e di Capaci il museo Falcone Borsellino, situato all’interno del Palazzo di Giustizia di Palermo, apre le porte al pubblico per far riviere la memoria dei due magistrati. Determinante, per la sua realizzazione, il contributo di Giovanni Paparcuri, straordinario collaboratore dei due Magistrati ed “inventore” della informatizzazione, all’epoca rivoluzionaria, del Maxiprocesso, scampato miracolosamente all’attentato del 29 luglio 1983 in via Pipitone Federico a Palermo, nel quale persero la vita il consigliere istruttore Rocco Chinnici, il maresciallo Trapassi e l’appuntato Bartolotta dei Carabinieri, nonché il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

Dopo la “strage Chinnici” maturò la consapevolezza dell’estrema esposizione a pericolo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino i quali, già da alcuni anni, si occupavano di delicatissimi processi a carico di appartenenti a Cosa Nostra, espletando le loro funzioni in uffici ubicati al piano terra del Palazzo di Giustizia facilmente accessibili a chiunque. Per tale ragione venne deciso il loro trasferimento in un’area più riservata del Palazzo e vennero individuati, a tal fine, i locali del c.d. bunkerino (in cui oggi si trova il Museo), ove continuarono per alcuni anni il loro lavoro, potendo fruire di una maggiore riservatezza e di qualche misura di protezione, come la porta blindata e le telecamere che consentivano di vedere dalla stanza di Falcone chi intendeva accedere ai locali.
«L’ANM ha accolto con entusiasmo la richiesta del FAI di aprire al pubblico, per le giornate di primavera, insieme a luoghi di straordinaria bellezza, un luogo di memoria come il “Museo Falcone e Borsellino” – spiega il Presidente Clelia Maltese -. I visitatori entrando all’interno del “bunkerino” percepiranno immediatamente non solo il clima di pericolo che portò alla decisione di creare all’interno del Palazzo di Giustizia un’area riservata e particolarmente protetta dove Falcone e Borsellino potessero lavorare in sicurezza, ma soprattutto le straordinarie intuizioni investigative dei giudici e dei loro stretti collaboratori che si tradussero in una prima rudimentale “informatizzazione” degli atti di indagine funzionale ad una lettura complessiva degli stessi percepita come necessaria nei processi a carico di “cosa nostra».
Si è cercato di ricostituire quelle tre stanze così come erano in quel periodo, ricollocandovi i mobili e gli arredi del tempo, recuperati non senza difficoltà, corredandoli di diversi oggetti personali dei due giudici. Il Museo vuole rafforzare, soprattutto nelle giovani generazioni, la consapevolezza della necessità di un’azione determinata nel contrasto a Cosa Nostra e di un fermo impegno contro ogni forma di illegalità.
L’insegnamento di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino deve costituire, in questo percorso incessante di riscatto civile, il punto di riferimento cui dare quotidiana continuità. La loro eredità non deve essere dispersa affinché le loro idee restino e continuino a camminare sulle gambe di altri uomini.

28 marzo 2022 | CORRIERE DEL MEZZOGIORNO