ADDIO PIZZO, AVANTI CON LE MAZZETTE

 

– IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI PALERMO, IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA (A PAROLE) CONTRO IL RACKET, BECCATO MENTRE INTASCA UNA STECCA DA 100 MILA EURO

I carabinieri lo hanno arrestato mentre aveva ancora i soldi sulla scrivania e un assegno in tasca. Si era fatto pagare per la proroga di una concessione commerciale all’aeroporto. I suoi negozi erano falliti. La vedova di Libero Grassi: “Prendeva tangenti sul tavolo con la foto di mio marito”…

 

1.LUNEDÌ 50MILA EURO, POI LE RATE MENSILI

Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera

 

L’assegno «a copertura dei 100 mila» se l’era già messo in tasca, mentre la busta con 30 mila euro in contanti campeggiava sulla scrivania, accanto alla foto di Libero Grassi. Eppure, quando i carabinieri sono sbucati nel suo ufficio, il presidente della Camera di commercio Roberto Helg, 78 anni, vice presidente della Gesap, società che gestisce l’aeroporto Falcone e Borsellino, per tanti anni alla guida di prestigiosi negozi nel cuore di Palermo, a parole baluardo della legalità, mille convegni con vittime di mafia, ha solo balbettato di non sapere, non capire: «Che ne so io di quella busta?». E l’assegno? «Mi sembrava un bigliettino, non so come sia finito in tasca».   

Hanno dovuto fargli risentire le sue parole pronunciate con l’atteggiamento e lo slang di un mafioso davanti al pasticciere che aveva chiesto il rinnovo dell’affitto per il suo negozio in aeroporto, Santi Palazzolo. Ma Helg preferiva parlare di piccioli (soldi ndr ): «Cinquanta (mila ndr ) lunedì, prima del Consiglio. L’ avutri (gli altri ndr ), dieci al mese». 

Pronto a tranquillizzare l’imprenditore imbottito dai carabinieri di microspie, alla vigilia di un consiglio di amministrazione dove questo dottor Jekyll e mister Hyde assicurava di potere pilotare l’assegnazione: «Ho detto, ne rispondo io». Senza fare nomi degli eventuali complici. Fissando le modalità: «Tu hai un risparmio di 104 mila 440… E sei dentro, al dieci… L’assegno mu tegnu sarbatu (lo tengo conservato ndr ). E poi dai dieci (mila) a marzo, aprile, maggio, giugno, luglio. Questo è il quadro». E Palazzolo, stando al gioco: «Tu ci dici che dal 2 di aprile, ogni mese, li do a te».   

Crolla così un pezzo di sedicente antimafia che si fa mafia, alla stregua di un boss: «Perché se non si fa come dico io, sei fuori». E Palazzolo: «So che ti debbo ringraziare». Glielo aveva detto giovedì scorso il pasticciere di considerare quel rinnovo «una questione di sopravvivenza». Ed Helg aveva prospettato il «quadro», riproposto lunedì sera nel suo ufficio, accanto allo «sportello» per le denunce dei commercianti vessati dal racket. Ma nella sua stanza, fra le targhe di tanti convegni antimafia, si recitava il copione opposto. Ignaro che Palazzolo si fosse rivolto ai carabinieri del comandante Giuseppe De Riggi, del colonnello Salvatore Altavilla e del maggiore Alberto Raucci, Helg è caduto nella trappola convocando la sua vittima in un palazzo a quell’ora deserto.   

Aeroporto di Palermo Falcone e Borsellino

Lo stesso dove ieri mattina i collaboratori lo aspettavano per un convegno sull’imprenditoria femminile, i lavori avviati con la scusa di un ritardo, senza sapere che dal suo ufficio Helg era finito dritto in caserma, davanti al procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, fino a mezzanotte, per poi transitare in carcere con l’accusa di estorsione. 

In cella Helg ha sostanzialmente confessato, legando la richiesta di denaro al fallimento dei negozi: «L’ho fatto perché mi hanno perfino pignorato la casa». Di qui la decisione di tanti di costituirsi parte civile, dalla Confcommercio alla Gesap, mentre rinuncia al mandato difensivo l’avvocato Fabio Lanfranca, vicino agli imprenditori antiracket. 

Il caso ha anche richiamato l’attenzione del capo dell’autorità anticorruzione Raffaele Cantone: «Fermo restando la presunzione di innocenza, è evidente – ha detto – come in questo mondo ci sia tanta ipocrisia e questa fa molti più danni, ulteriori danni rispetto alla stessa corruzione. Se un soggetto del genere parla di contrasto alla corruzione e poi viene arrestato il rischio vero è che si mette in discussione anche la battaglia oltre alle sue parole». 

2. DAL FALLIMENTO DEI SUOI NEGOZI ALLA RETORICA NEI CONVEGNI ANTI-RACKET

F.C. per il “Corriere della Sera

libero grassi

È stato il procuratore aggiunto Dino Petralia a manifestare lo stupore e il fastidio per questa mazzetta da centomila euro trattata «dentro uno dei palazzi del potere e della borghesia palermitana». Un modo per sottolineare come l’arresto di Roberto Helg alla Camera di commercio sia una bomba tutta interna al mondo dei colletti bianchi e di una certa antimafia che riesce a farsi beffare dagli impostori. Categoria della quale per tanti colleghi e amici di convegni antiracket Helg diventa ora l’emblema. Con disappunto di Pina Grassi, la vedova del coraggioso commerciante caduto nel 1991 per non essersi piegato alle estorsioni. Schifata: «Questo prendeva le tangenti sul tavolo con la foto di mio marito e veniva ai nostri convegni…». 

Già, aveva anche aperto un ufficio anonimo, uno «sportello amico» per seguire con garantita massima discrezione imprenditori e negozianti pronti a denunciare soprusi e richieste di pizzo. Deciso a istituire dei corsi dell’antiracket in tutte le camere di commercio. Usando parole che finivano per proiettarlo accanto ai ragazzi di Addiopizzo, adesso disgustati come la vedova di Libero Grassi. 

Ma pochi s’erano accorti che il presidente dei commercianti con una sfilza di incarichi collezionati come le onorificenze di Cavaliere del lavoro o di commendatore al merito della Repubblica era fallito. Paradosso tutto palermitano. Con il megastore di Carini, con i negozi di via Ruggero Settimo, via Emilia e via Parisi chiusi o passati di mano dal 2012, anno del crollo di una famiglia che agli articoli da regalo e arredo aveva legato il suo nome dal 1954. Cancellando infine tutto, compreso l’elegante ristorante della figlia Cinzia, a due passi da via Libertà, recentemente trasferitasi in via Mazzini, un localino alla buona, in prova con altre signore di una Palermo azzoppata dalla crisi. 

Un tracollo da Helg sempre indossato bene, come le sue giacche curate, l’atteggiamento signorile, un’educazione che fa a pugni con la registrazione della mazzetta, pronto a minacciare querela se qualcuno s’azzardava a parlare di fallimento: «Chi può dirlo? Falliscono le società, non gli uomini. E io sono qui in trincea». Tuonava, deciso, anche contro il Giornale di Sicilia che a dicembre aveva sbandierato il paradosso dando voce a Giuseppe Todaro, un imprenditore sotto scorta, vice presidente di Confindustria a Palermo, deciso a criticare i commercianti: «Nel centro della città il 90 per cento paga il pizzo e tace». 

S’era infuriato Helg, chiedendo a tutti di non rompere il fronte antimafia, evitando così ulteriori attacchi da altre componenti come Addiopizzo o Libero Futuro. Fino al recente ritorno sulla scena per esprimere solidarietà ad Antonello Montante, il leader di Confindustria Sicilia a sua volta sotto inchiesta per le presunte rivelazioni (tutte ancora da vagliare) di alcuni pentiti. 

Ecco il quadro che inquieta davanti a questa nuova caduta di un colletto bianco con libero accesso nei labirinti del potere, cavaliere dal 1976, dal 2000 per dieci anni console onorario della Repubblica Slovacca a Palermo con giurisdizione sull’intera isola, protagonista immancabile a ogni ricevimento, elegante alle prime del Teatro Massimo, la passione per burraco e buon cibo al Circolo Unione, il più esclusivo. 

Una vita doubleface, come spesso capita nella città dove non solo politici, ma anche burocrati e professionisti vengono beccati con le mani nel sacco, stando all’ultima pesante denuncia della Corte di Conti che Helg non ha avuto il tempo di commentare. Ma forse avrebbe ripetuto la litania del «codice etico» coniato per «spazzare via il pizzo», come diceva e non faceva. 
DAGOSPIA