Audio degli interventi di Paolo Borsellino in Commissione Antimafia

BORSELLINO uff

BORSELLINO uff

 

 

Sono stati desecretati dalla Commissione parlamentare antimafia gli archivi relativi alle audizioni di Paolo Borsellino davanti alla commissione di Palazzo San Macuto.

In totale sono stati resi pubblici oltre 1.600 materiali e atti dal 1963 al 2001, che partono dall’istituzione della Commissione parlamentare antimafia, nel 1963, sino ai documenti del secondo governo Berlusconi, nel 2001, per un totale di 42 anni di audio, più altri documenti, note, prove e intercettazioni.

Dal sito del Parlamento Italiano sono ora accessibili le audizioni inedite di Paolo Borsellino. In particolare:

  • Sopralluogo a Palermo dell’8 e 9 maggio 1984
  • Sopralluogo in Sicilia (Caltanissetta e Trapani) dell’11 e 12 dicembre 1986
  • Sopralluogo a Palermo del 2, 3, 4 e 5 novembre 1988
  • Sopralluogo a Trapani del 4 dicembre 1989
  • Riunione del “gruppo di lavoro” della Commissione del 20 aprile 1990
  • Sopralluogo a Trapani del 24 settembre 1991


“Non vedo che senso ha perdere la libertà la mattina per essere libero di essere ucciso la sera”. E’ un Paolo Borsellino stanco, preoccupato ma al tempo stesso forte e battagliero quello che viene ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia nel maggio 1984 e che con parole semplici racconta a deputati e senatori di allora quanto sia diventato difficile lavorare ad alcuni processi senza computer, con scarso personale negli uffici giudiziari e scorte che proteggono di giorno ma poi sono insufficienti la sera, per cui lui stesso prende la propria auto il pomeriggio per tornare in tribunale e rientra a casa da solo e senza alcuna protezione verso le 22 ogni sera. “Con la gestione di alcuni processi che hanno una mole incredibile di lavoro – spiega il magistrato, all’epoca giudice istruttore a Palermo – è diventato indispensabile l’uso di attrezzature più moderne, come i computer … quanto al personale – prosegue – non si tratta solo di dattilografi e segretari di cui avremmo bisogno di aver garantita la presenza per tutta la giornata, non solo per la mattinata; ma mi riferisco anche agli autisti giudiziari: la mattina con strombazzamento di sirene la gran parte di noi viene accompagnata in ufficio dalle scorte ma il pomeriggio c’è una sola macchina blindata e io sistematicamente vado in ufficio con la mia auto per poi tornare a casa verso le 21-22”.



Sopralluogo a Palermo dell’8 e 9 maggio 1984  Nel corso della seduta dell’8 maggio 1984, Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura) nella sua qualità di giudice istruttore a Palermo. Alla data dell’audizione, il dottor Borsellino svolgeva le funzioni di giudice istruttore a Palermo già da nove anni ed era pienamente operativo il cosiddetto “pool antimafia”, istituito dal Consigliere Rocco Chinnici (ucciso il 29 luglio 1983). Il momento storico era particolarmente delicato: Tommaso Buscetta era stato da poco arrestato in Brasile (ottobre 1983), ma ancora non era stato estradato; inoltre, dopo gli omicidi, tra gli altri, del dirigente della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano (21 luglio 1979) e del Consigliere Chinnici, il problema della sicurezza e della protezione dei magistrati e degli operatori della Polizia giudiziaria era drammaticamente avvertito. Non a caso, nell’audizione oggetto di pubblicazione il dottor Borsellino affronta anche il tema della sicurezza personale e della gestione dei dispositivi di scorta, evidenziando al riguardo alcune importanti criticità. È stata reperita altresì la fonoregistrazione dell’audizione. Per quanto concerne il regime dell’atto, lo stesso risultava classificato come “libero”, ancorché finora mai pubblicato.


Testo estrapolato


Sopralluogo in Sicilia (Caltanissetta e Trapani) dell’11 e 12 dicembre 1986  Nel corso dell’audizione dell’11 dicembre 1986, a Trapani, Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, ufficio nel quale si era insediato da appena tre mesi.   Al momento dell’audizione, il cosiddetto maxi-processo di Palermo era entrato nella sua fase dibattimentale da pochi mesi (10 febbraio 1986); alla fase istruttoria di questo processo, come è noto, avevano lavorato strenuamente Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e gli altri magistrati del “pool”: anche grazie alla “rivoluzionaria” collaborazione di Tommaso Buscetta, il 29 settembre 1984 erano stati emessi 366 ordini di cattura (ai quali se ne aggiunsero altri 127 il mese successivo, sulla base delle dichiarazioni rese da Contorno); nell’estate del 1985 Borsellino e Falcone erano stati trasferiti, con le loro famiglie, nella foresteria del carcere dell’Asinara, per completare la redazione della ordinanza-sentenza del maxi-processo, un testo di circa 8000 pagine che rinviava a giudizio 476 affiliati mafiosi (tra cui, i vertici della crescente “ala corleonese” di Cosa Nostra). Anche per questo, nel corso dell’audizione oggetto di pubblicazione il dottor Borsellino affronta molteplici temi concernenti la situazione della Procura di Marsala, soprattutto con riferimento alle precedenti indagini che aveva istruito a Palermo: a titolo di esempio, quelli della operatività di Cosa Nostra nella provincia di Marsala, dei rapporti di interesse di Salvatore RIINA e Bernardo PROVENZANO con soggetti e località presenti nel territorio di Marsala, delle indagini patrimoniali e misure di prevenzione, nonché del complesso coordinamento delle varie Forze di Polizia nelle indagini di criminalità organizzata. Viene inoltre affrontato il tema del rapporto tra il traffico internazionale di stupefacenti e soggetti operativi nel territorio di Castelvetrano (Comune di provenienza dell’affiliato mafioso Matteo Messina Denaro, tuttora latitante). È stata reperita altresì la fonoregistrazione dell’audizione. Per quanto concerne il regime di pubblicità, il documento è stato definitivamente qualificato come libero in forza di quanto disposto nella seduta della Commissione Antimafia del 10 luglio 2019, alla luce, peraltro, della risalente delibera della Commissione parlamentare sul fenomeno della Mafia del 12 maggio 1987.


Testo estrapolato


Sopralluogo a Palermo del 2, 3, 4 e 5 novembre 1988  Nel corso dell’audizione del 3 novembre 1988 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Alla data dell’audizione, il maxi-processo di Palermo si era già concluso in primo grado (16 dicembre 1987), con 342 condanne che rappresentarono complessivamente una preziosa conferma della articolata attività istruttoria svolta, con sacrificio, da Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e dagli altri magistrati del “pool”. Nel corso dell’audizione il dottor Borsellino affronta molteplici temi, concernenti – tra l’altro – l’evoluzione del fenomeno mafioso nel territorio di Marsala, le condizioni organiche e strutturali di tale Ufficio, le possibili riforme legislative in tema di accorpamento dei Tribunali, ma – soprattutto – il problema delle connessioni tra mafia e politica, quello dei rapporti tra i reati di criminalità organizzata e le fattispecie di corruzione, nonché quello dei rapporti della criminalità organizzata operante a Marsala con la massoneria. Oggetto particolarmente significativo dell’audizione è anche quello, molto problematico, dei rapporti con il “pool antimafia” di Palermo, all’epoca diretto dal Consigliere Antonino MELI (preferito a Giovanni Falcone, il 19 gennaio 1988, nel cruciale ruolo di vertice dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo). Viene fatto infine riferimento alle indagini del Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo con riferimento al sequestro di Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo. Per quanto concerne il regime dell’atto, lo stesso risultava classificato come “segreto funzionale” ed è stato fatto oggetto di classificazione “a regime libero” con delibera della Commissione parlamentare antimafia del 10 luglio 2019 (XVIII legislatura).



Sopralluogo a Trapani del 4 dicembre 1989  Nel corso dell’audizione del 3 novembre 1988 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Alla data dell’audizione, il maxi-processo di Palermo si era già concluso in primo grado (16 dicembre 1987), con 342 condanne; molti imputati condannati si erano dati alla latitanza ed era stata pertanto ulteriormente potenziata, dal punto di vista investigativo, l’attività volta alla loro localizzazione. È allora significativo che, nel corso dell’audizione, il dottor Borsellino affronti anche il tema della possibile presenza di importanti latitanti mafiosi, anche dell’ala corleonese, nel territorio di Marsala. Viene altresì affrontato il tema dell’impatto del nuovo codice di procedura penale sulle condizioni strutturali degli uffici giudiziari impegnati sul versante della lotta alla criminalità organizzata. È stata reperita altresì la fonoregistrazione dell’audizione. Per quanto concerne il regime dell’atto, lo stesso è stato declassificato e pubblicato in occasione della seduta della Commissione parlamentare Antimafia del 21 febbraio 2018 (XVII legislatura).


Testo estrapolato


Riunione del “gruppo di lavoro” della Commissione del 20 aprile 1990  Nel corso dell’incontro organizzato dalla Commissione parlamentare antimafia sul tema del “Nuovo processo penale e criminalità organizzata” (X legislatura), Paolo Borsellino intervenne in qualità di esperto e nella veste di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Nel corso dell’intervento viene affrontato il tema dell’impatto del nuovo codice di procedura penale sulle condizioni strutturali degli uffici giudiziari impegnati sul versante della lotta alla criminalità organizzata, con particolare riferimento alla Procura di Marsala e alla questione del coordinamento dei rapporti con le sezioni di Polizia giudiziaria. È stata reperita altresì la fonoregistrazione dell’audizione. Per quanto riguarda il regime dell’atto, lo stesso è stato pubblicato sulla base dei criteri dettati nella seduta della Commissione parlamentare antimafia del 15 aprile 1992 (X legislatura).


Testo estrapolato


Sopralluogo a Trapani del 24 settembre 1991   Nel corso dell’audizione del 24 settembre 1991 Paolo Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (X legislatura) nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Si tratta dell’ultima audizione del dottor Borsellino in Commissione antimafia prima dell’eccidio del 19 luglio 1992. L’audizione concerne principalmente l’annosa questione – che suscitò profondo scoramento in Paolo Borsellino – della raccolta, della valutazione e della indebita pubblicazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore Rosario Spatola. La questione affrontata offre una paradigmatica occasione per apprezzare, ancora una volta, l’estremo rigore morale e professionale del dottor Borsellino, la sua indipendenza e professionalità, la profonda lealtà nei confronti dei suoi colleghi. È stata reperita altresì la fonoregistrazione dell’audizione. Per quanto concerne il regime dell’atto, lo stesso è stato declassificato e pubblicato in occasione della seduta della Commissione parlamentare antimafia del 21 febbraio 2018 (XVII legislatura).


Testo estrapolato

 


Il 12 luglio 2017, la commissione antimafia ascoltò i magistrati Massimo Russo e Alessandra Camassa.  Vengono rieriti.  episodi che riguardano i mesi antecedenti a via D’Amelio. Signorino, il senatore Inzerillo, Parisi, Contrada, Giammanco, e molto altro. La  trascrizione è ancora una bozza come c è scritto sullo stesso sito, quindi può contenere imprecisioni rispetto all’audizione. Ad esempio, sul giudice Signorino.
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato.
“In questo dossier c’era un’agenda dove c’era scritto il nome Signorino ma, cosa che comprendemmo dopo, in questa cassetta c’era anche una lettera intestata Il Circoletto, un club privato di Palermo, una lettera di raccomandazioni a firma del dottor Signorino, una lettera di raccomandazione rivolta a Gunnella perché raccomandasse per un esame di maturità una tale Misia Caterina. La cosa non sarebbe stata particolarmente rilevante se nelle dichiarazioni di Mutolo, che però sono successive, non si fosse appreso che questa Misia Caterina era la figlia del famoso costruttore amico di Riccobono, che aveva realizzato quella casa a Palermo in contrada Pallavicino che, secondo le dichiarazioni di Mutolo, era stata costruita e donata da questo Misia su incarico di Riccobono. [….]
PRESIDENTE. Borsellino era al corrente?
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Borsellino era al corrente. Dovete considerare che io seguivo i processi alla mafia di Partanna e all’epoca, nel novembre del 1991, ci fu il trasferimento della competenza dalle procure circondariali alle direzioni distrettuali antimafia, ma, siccome il processo di Partanna l’avevo seguito io, ogni settimana andavo a riferire al dottor Borsellino, quindi i miei rapporti con lui non si erano assolutamente affievoliti e in una di queste occasioni ci disse: «con questa nota diretta al procuratore generale, dove avete detto che Signorino… pensano tutti che dietro a queste vostre iniziative ci sia io», in realtà onestamente lui non c’era dietro le nostre iniziative in questo caso, c’era stato in tante altre prima, ma in questa sicuramente no.
PRESIDENTE. Di Signorino che idea aveva?
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Di Signorino non aveva una grande idea, e non era soltanto lui, ma anche il dottor Falcone. Perché lo dico? Quando si seppe della revoca del dottor Signorino ai primi di maggio, perché il procuratore generale lo revocò dall’incarico di applicato alla procura della Repubblica di Marsala, arrivò una nota dal Ministero della giustizia Direzione affari penali (c’era ancora il dottor Falcone) che chiedeva le motivazioni della revoca del dottor Signorino, perché in tutto questo sono quasi coeve e comincia lì Mutolo, che probabilmente già aveva dato alcune indicazioni, che poi darà a Paolo Borsellino.”
E poi ci sono racconti che riguardano l incontro del giudice Borsellino con Parisi e Contrada.
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato
“Apprendo solo dopo la morte di Paolo che Sinesio invece non era un poliziotto come ritenevo erroneamente, ma apparteneva ai servizi segreti, quindi io ricordo di un incontro di Paolo, perché me ne parlò Sinesio, per una segnalazione, e ricordo che in questo incontro c’era sicuramente Parisi e verosimilmente anche Contrada. Questo mi disse Sinesio.
La vicenda di Sinesio forse è nota alle cronache, perché quando Paolo morì il 19 luglio…
PRESIDENTE. Lui fa il capo della segreteria tecnica del Ministro.
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Sì, dopo sì, ma non ci siamo più incontrati, lui venne a trovarmi il mercoledì successivo alla morte di Paolo a casa mia, due settimane prima dovevamo andare a Taormina ospiti a casa sua, io dissi: «guarda io posso anche venire, ma credo che Paolo sarà impegnato e non potrà venire» e poi così fu.
Due giorni dopo la morte di Paolo lui si presentò a casa mia e mi chiese tante cose sulle indagini che stava facendo Paolo, su chi stava indagando.
PRESIDENTE. Questo dopo la morte di Paolo?
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Sì, dopo la morte di Paolo, due giorni dopo, forse faceva semplicemente il suo mestiere.
PRESIDENTE. Era ancora ai servizi?
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Sì, io credevo che fosse un poliziotto, poi ero molto traumatizzata in quei giorni. Andammo a pranzo fuori, c’era anche mio marito per fortuna, e lui mi fece tante domande.
Il lunedì avevo appreso in procura che il dottor Borsellino (ma questa è una vicenda nota nei processi) aveva raccolto le dichiarazioni di Mutolo su Signorino e su Contrada, che non era riuscito ancora a verbalizzare, raccontai purtroppo questa vicenda al dottor Sinesio, che cominciò a tossire fortemente e si alzò, il locale era fornito di un telefono pubblico e seppi poi dai processi che questa notizia che avevo dato arrivò immediatamente a De Luca della polizia e poi a Contrada.
La particolarità sta nel fatto, che poi ho saputo dai processi o forse dai giornali, che poi lui disse: «non è possibile che io abbia fatto questa telefonata, non è vero, perché eravamo a casa della dottoressa Camassa», ma non eravamo a casa della dottoressa Camassa e la telefonata, se fu fatta da lì… comunque che la notizia che io gli fornii arrivò a Contrada tramite lui non ci sono dubbi. “
proprietà molto transitiva.
[….]
PRESIDENTE. Vorrei chiedere una cosa al dottor Russo. Se ho capito bene, quando ci ha richiamato le date, Capaci, via D’Amelio, fallito attentato a Germanà, caso Inzerillo in mezzo: ci può essere un collegamento? Questo richiamo come lo dobbiamo interpretare?
MASSIMO RUSSO, magistrato. Io ritengo che quella vicenda, per come l’ho narrata, per come la ricordo e per come l’ho fissata, presenti contorni inquietanti. Il tema è perché bisognava allontanare il più possibile le indagini dal nome di Inzerillo, perché è in quel momento…
PRESIDENTE. Poi Inzerillo per cosa è stato condannato?
MASSIMO RUSSO, magistrato. Per 416-bis,forse 110 e 416-bis. A quell’epoca non sapevamo chi fosse Inzerillo…
PRESIDENTE. È ancora vivo?
MASSIMO RUSSO, magistrato. Sì, era l’assessore. Vi do un altro elemento che poi emerge nelle indagini Ghibli: Inzerillo si incontrava con soggetti di Mazara del Vallo, un avvocato romano ma di Mazara amico di Giovanni Bastone, uomo d’onore della famiglia di Mazara, che è colui che, come sa solo chi ha letto la sentenza delle stragi di Firenze, fa avere l’ordigno bellico che mettono a Boboli, annunciando la campagna delle stragi che purtroppo ci saranno dopo. Sono dei filoni…
PRESIDENTE. Quindi c’è anche un collegamento con il periodo stragista successivo.
MASSIMO RUSSO, magistrato. Poi Sinacori riferisce (ma non è soltanto Sinacori, credo anche qualche altro collaboratore) che il senatore Inzerillo lo vide lì a questa riunione, ma questo è tutto documentato dalle sentenze.
Questo lo sapremo nel 1997, però all’epoca ci stupì questa sorta di presa in giro nei confronti dei giovani magistrati della procura (all’epoca la vivemmo così), ci rifilarono la vicenda Culicchia che non era iscritto da nessuna parte, indagate, guardate lì, poi ci mandano Signorino, il quale ci chiede subito i fascicoli e, come scrivo anche nella relazione, io dissi: «guarda che ci stiamo apprestando a fare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Culicchia» e rispose: «questo si vedrà», perché era la condizione per proseguire le indagini, e lo metto nei miei ricordi.
Certo è che il riferimento alla P2, il procuratore della Repubblica di Palermo che non conosce questa vicenda e che avverte il bisogno di scrivere a sua volta quello che aveva sentito dal presidente della corte d’appello che era al Comitato per l’ordine e la sicurezza, la discrasia che c’è tra il tema d’indagine e poi le dichiarazioni, certo qualche perplessità mi rimane su come sono andati realmente i fatti, a cominciare dalla vicenda in cui Scaduti narra del rapporto con Ferraro, perché se si conoscevano avrebbe potuto chiedergli «chi ti manda?», non Enzo politico trombato di area manniniana, che mi sembra un arzigogolo inverosimile.”
[…]
questi sono fatti, qua ci sono le carte, purtroppo non ho gli allegati…
PRESIDENTE. Questi però li ha la procura di Caltanissetta.
MASSIMO RUSSO, magistrato. No, questi li diedi a Giancarlo Caselli quando era a Marsala, che conosceva bene questa vicenda e gli dissi che ci stavamo occupando di questa storia.
PRESIDENTE. Ci ridice il passaggio su Graviano? È Inzerillo che dice a Graviano…
MASSIMO RUSSO, magistrato. Sì, ma questo si trova… c’è questa riunione a Palermo, in albergo, e mi stupì che in siciliano dicesse: «picciotti, ora basta con le bombe, finitela», come dire che già si sapeva che stavano mettendone, ma a un certo punto arrivò l’ordine «basta», e siamo nel 1993- 1994, quando poi cessano.
PRESIDENTE. Nel 1993 già…
MASSIMO RUSSO, magistrato. Ma c’è quella di gennaio 1994 all’Olimpico. Io queste vicende le ho sviluppate tutte, hanno prodotto materiale, perché sono stato il referente del povero, grande Gabriele Chelazzi, che ha fatto le indagini, mi occupavo del filone trapanese, protagonista delle stragi del 1993 (i pistolotti di esplosivo partono da Castelvetrano e vanno a Milano e a Firenze, questo dobbiamo ricordarcelo).
Non è inutile rievocarlo, perché poi Germanà si occupava di cosa nostra del trapanese, a quell’epoca non era ipotizzabile che Riina fosse a Mazara, che i mafiosi del trapanese (forse noi ci eravamo arrivati, ma gli altri non ci credevano) potessero avere un ruolo, per come poi è stato delineato, anche nelle stragi.”
E poi molto altro, come il trasferimento strano di Rino Germanà, il Commissario che Borsellino avrebbe voluto a Palermo.
MASSIMO RUSSO, magistrato.
“Il punto è che il 19 maggio deposita, viene convocato a Roma e l’8 di giugno Germanà, che Paolo Borsellino doveva portarsi a Roma perché era uno dei più bravi e brillanti funzionari di polizia che avevamo (come lui nessun altro lo conosceva le vicende di mafia del trapanese), è il primo che individua Messina Denaro Matteo in un rapporto, che sente Messina Denaro Matteo in occasione del duplice omicidio che c’è a Partanna quello di Sciacca-Piazza, viene mandato – udite udite – a Mazara del Vallo, commissariato dal quale proveniva.
Si dirà perché c’era la moglie insegnante, ma non è vero: fu una retrocessione incredibile, una sorta di punizione e come tale dai noi magistrati fu vissuta. Il 14 settembre sapete come è andata a finire, dopo le stragi, perché dobbiamo cogliere la sequenza temporale che è l’abc delle indagini, quindi abbiamo Falcone, abbiamo Borsellino e abbiamo Germanà, e a sparare a Germanà non c’è lo «scassapagliaro», come si dice dalle nostre parti, c’è Messina Denaro Matteo, Bagarella e il signor Graviano che stava latitante a Triscina, e Riina stava a Mazara del Vallo (tra l’altro io sono di Mazara del Vallo, quindi so di cosa parlo), e ricordo che fu lei a chiamarmi dicendomi: «tieniti forte, hanno sparato a Rino». Quel giorno avremmo dovuto essere insieme sul lungomare di Tonnarella.
Quindi ci sono questi fatti in sequenza, e bisognerebbe capire (qualcuno lo dovrebbe spiegare dicendo la verità) perché Rino Germanà è stato mandato a Mazara del Vallo quando Paolo Borsellino se lo voleva portare a Palermo, alla Criminalpol.
ALESSANDRA CAMASSA, magistrato. Perché lui era applicato in Criminalpol.
PRESIDENTE. Tutto questo dopo che ha scoperto chi era l’Enzo…
MASSIMO RUSSO, magistrato. Io questo non lo so, io sto raccontando una sequenza di fatti e una cronologia. Certo, un funzionario di polizia che deposita un rapporto e viene convocato dal vice capo della polizia che gli chiede delle spiegazioni, ditemi voi…
PRESIDENTE. Chi era?
MASSIMO RUSSO, magistrato. Il prefetto Rossi.

 


La Commissione parlamentare antimafia ha deciso di declassificare tutti gli atti secretati dalle inchieste parlamentari dal 1962 al 2001. A cominciare dalle audizioni del giudice ucciso in via d’Amelio nel 1992.

 Rassegna stampa – 17.7.2019


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Le audizioni di Paolo Borsellino al CSM

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE – 

Le audizioni inedite di Paolo Borsellino


RESOCONTO STENOGRAFICO AUDIZIONE DESECRETATA DEL 3.11.1988 

  1. Audizione  magistrati Camassa e Russo – 12.7.2017
  2. Audizione  Procuratore Nino DI Matteo 13.9.2017
  3. Verbale audizione Gaspare Mutolo – da pag. 1226 rif. Borsellino

 DOCUMENTAZIONE LEGISLAZIONE PRECEDENTE

 

 


A cura di  Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro le mafie – Progetto San Francesco