30.9.2022 Leccoonline
“Questa margotta è segno di legalità, di trasparenza, di amore verso il prossimo. Rappresenta la speranza di dare vita ad un mondo migliore”. Sono state parole perentorie quelle che Daniele Cavalleri, segretario Fai CISL Lombardia, ha utilizzato nel descrivere la margotta riposta nel vaso lì vicino. Prelevata dall’ulivo posto dove fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino, quella margotta è stata la protagonista di una staffetta per la legalità organizzata dalla Federazione Agroalimentare e Ambientale della CISL in occasione del trentennale delle stragi di Capaci e Via d’Amelio. Dopo aver ricevuto la benedizione del Pontefice a Roma ed essere passata per Milano, la piccola pianticella è stata posizionata nel giardino dell’istituto Maria Ausiliatrice qui a Lecco. Di fronte a Cavalleri, assiepati sugli spalti del palazzetto in cui di solito fanno educazione fisica, c’erano gli studenti, coloro che da ora in poi dovranno trasferire nei loro comportamenti quotidiani i valori che questo ulivo rappresenta. Erano centinaia, delle medie e delle superiori. Il loro ruolo a sostegno della legalità è fondamentale.
“Quello che piantiamo oggi è un seme che, crescendo, aiuterà tutti ad abbracciare i valori della legalità. La mafia non appartiene solo a realtà lontane. È presente anche qui, nella nostra regione” ha sottolineato Enzo Mesagna, segretario CISL Lombardia. “A Lecco la criminalità organizzata ha soprattutto il volto dello spaccio di stupefacenti. Sono le persone che potrebbero avvicinarvi magari in stazione, rotelle di un ingranaggio molto più grande. Dovete segnalare simili incontri, parlandone per esempio con i professori o con i vostri genitori. Con il vostro comportamento potete contribuire davvero a migliorare la comunità” ha aggiunto Mauro Gattinoni, sindaco di Lecco. “Queste iniziative non sono finalizzate a stimolare nella popolazione una cultura antimafia ma una cultura della legalità. L’opposizione al malaffare, alla violenza, all’oppressione passa per ogni comportamento improntato al rispetto delle regole e al rispetto degli altri. Se ci si impegna in questo senso è più difficile che manifestazioni come la mafia si riescano ad affermare” ha spiegato il Prefetto Sergio Pomponio. Dopo le autorità, è arrivato il turno di don Walter Magnoni responsabile non solo della Comunità Pastorale “Beata Vergine di Lourdes” di Lecco ma anche della pastorale sociale del lavoro dell’arcidiocesi. “Sono contento che si sia scelto di piantare questa margotta a Lecco, un po’ periferica rispetto a Milano. Le periferie sono luoghi strategici, dove è fondamentale far crescere la legalità” ha evidenziato. “Don Bosco sosteneva la necessità di essere buoni cristiani e onesti cittadini. Ecco, noi cerchiamo di spronare i nostri giovani ad essere costruttori di pace e di dialogo, a impegnarsi per un mondo migliore. Eventi come questo rappresentano un incoraggiamento a proseguire lungo questa via” ha aggiunto suor Francesca Robustelli, direttrice di IMA. La proiezione di un video con immagini e testimonianze raccolte durante i quattro giorni del viaggio che ha portato l’ulivo sulle sponde del lago ha introdotto la parte emotivamente più intensa della mattinata.
Tre interventi che sono entrati nel cuore dei presenti. “Il sindacato è vero impegno civile. Noi come Fai poi rappresentiamo un settore molto importante. Ci sono tanti lavoratori che vivono in veri e propri ghetti e ogni giorno vanno a lavorare nei campi senza alcuna tutela adeguata” ha esordito Onofrio Rota, segretario generale Fai Cisl. L’emozione nella sua voce è salita lenta ma inesorabile. “Sapete, in Puglia, vicino a Foggia, c’è un ghetto che si chiama Borgo Mezzanone. Ogni giorno seimila braccianti vanno a lavorare illegalmente. Cerchiamo di aiutarli, di portarli fuori da quella situazione così difficile. Un giorno una baracca ha preso fuoco. Una ragazza nigeriana è rimasta coinvolta”. Improvviso silenzio, la platea ha colto l’emozione e ha sostenuto il segretario con un intenso applauso. “La ragazza è morta il giorno dopo a seguito delle ustioni riportate. Un fatto gravissimo. Noi ci siamo attivati per cercare di capire chi fosse questa donna. Abbiamo scoperto che, oltre a lavorare nei campi, era costretta a prostituirsi. Le abbiamo dato un nome: Hope, speranza. Dopo mesi siamo riusciti anche a darle una degna sepoltura”. Di nuovo un applauso da parte dei ragazzi. “Questa storia ha rafforzato ulteriormente il nostro impegno civile a favore di coloro che soffrono” ha concluso Onofrio Rota. Probabilmente ancora più emozionata del segretario della Fai Cisl, Chiara Corrao, nipote di Rita Borsellino, ha esordito salutando i presenti e ricordando come non abbia lasciato i banchi delle superiori poi da così tanto. “L’ulivo di via d’Amelio è carico di simboli. Arriva dalla Terra Santa ed è stato voluto con forza da Maria Pia Lepanto, madre di Paolo Borsellino nonché mia bisnonna. Voleva sostituire alla guerra, la pace. Voleva sostituire la vita alla morte non solo di suo figlio ma anche di tutti i ragazzi della scorta. Uno dei suoi primi pensieri dopo l’esplosione è stato andare proprio dalle loro famiglie”. Sentire parlare una giovane ragazza come loro ha catturato l’attenzione anche dei più distratti nelle ultime file.
Tra i ragazzi non parlava nessuno nonostante fossero lì da più di un’ora. “Per tanto tempo mi sono chiesta che diritto avessi io di parlare di legalità. Fiammetta e i suoi fratelli hanno sentito la carne che si lacerava, hanno vissuto l’aprirsi della ferita. Noi nipoti in quella ferita ci siamo trovati e l’abbiamo dovuta capire”. La genuinità nella voce di Chiara Corrao metteva in risalto l’intensità delle sue parole. “Per me legalità è mettersi in cammino, lasciarsi guidare dall’incontro con le persone senza perdere di vista i propri valori. Legalità è poter stare bene insieme, poter vivere secondo la legge” ha ricordato la giovane. “Quell’albero si è nutrito della resistenza all’oppressione che noi non abbiamo vissuto. Della forza di persone che sono scese in strada e hanno saputo dire di no. Spero che anche qui la margotta possa nutrirsi di tanto affetto. Abbiatene cura”. Un nuovo grande applauso ha salutato la nipote di Rita Borsellino ed ha accolto l’ultimo attesissimo intervento previsto per la mattinata. “Mio padre concepiva il suo lavoro come una missione di responsabilità. Credo che il coinvolgimento umano nel lavoro faccia la differenza e lui di umanità ce ne metteva tantissima. È una cosa che vale anche per voi quando studiate” ha esordito Fiammetta Borsellino. “La criminalità organizzata si nutre del consenso giovanile, senza i giovani non saprebbe dove andare. Sono i ragazzi come voi le principali vittime del commercio di stupefacenti. È proprio per questo che mio padre dedicava qualsiasi momento libero a parlare con i ragazzi”.
Il ritmo dell’intervento della dottoressa Borsellino era rapido e deciso, il suo sguardo era fisso verso gli spalti pieni di studenti. “Dopo la morte di mio padre, io e i miei fratelli non ci siamo lasciati sopraffare dalla rabbia, dal dolore e dal desiderio di vendetta. Abbiamo continuato a studiare. La cultura è ciò che vi permette di ragionare con la vostra testa” ha sottolineato la figlia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992. Infine, la chiosa: “Questo ulivo è un simbolo di una resistenza che spero possa contraddistinguere il viaggio di ciascuno di voi. Questo ulivo rappresenta la vittoria della vita sulla morte. Puoi uccidere fisicamente una persona ma non puoi uccidere le sue idee. Fare memoria significa riappropriarsi delle testimonianze di chi ha vissuto prima di noi per poter portare avanti i loro valori”. L’ennesimo applauso molto sentito ha sciolto la tensione creatasi nel palazzetto. “Ora procederemo alla piantumazione della margotta” ha annunciato Elena Mattiuzzo, addetta stampa della CISL. Ed è stato proprio nel giardino dell’istituto, sotto una pioggia battente, che si è conclusa questa mattinata di testimonianza. Un seme che si spera possa crescere rigoglioso nel cuore di questi studenti.