Corsico-Buccinasco, operazioni anti-‘ndrangheta contro i narcos che si rigenerano.

 

Atteso il processo ‘Quadrato 2’, dopo le condanne per droga riportate l’anno scorso dai fratelli Barbaro: chiaro il nesso associativo tra gli esponenti arrestati lo scorso luglio. Ma ci sono anche gli elementi per riconoscere l’aggravante mafiosa. Si chiama ‘ndrangheta, ma più che un’organizzazione è un metodo. Una modalità di gestione capillare di reti di relazioni che, forte di un atavico imprinting familiare, viene applicata sistematicamente da chi ne è membro a porzioni rilevantissime di mercato illegale: in primis al traffico di stupefacenti. L’organizzazione smantellata lo scorso 6 luglio dai carabinieri della Compagnia di Corsico ne è l’esempio più eclatante: 17 ordinanze esecutive di misure cautelari emesse nei confronti di soggetti coinvolti in episodi di spaccio di droga fra i territori di Corsico (quartiere Lavagna), Buccinasco e Cesano Boscone (quartiere Tessera), a sud-ovest di Milano. Tra gli arrestati vi sono Saverio Barbaro (30 anni), originario della Locride, noto anche come ‘ngioiaMassimo Delmiglio (34 anni) di Sesto San GiovanniAngelo L’Arocca (37 anni) di MonzaFabio Di Fatta (44 anni) di Palermo e Luigi Virgara (45 anni) di Platì, quest’ultimo cugino di Domenico Agresta (32 anni), detto Micu Mcdonald, padrino dissociatosi dalla cosca di ‘ndrangheta di Volpiano dopo la condanna all’ergastolo riportata nel processo ‘Minotauro’ per un omicidio commesso a Borgiallo nel 2008, le cui fondamentali dichiarazioni hanno fornito agli inquirenti le basi per l’operazione ‘Cerbero’ del novembre 2019. Per gli uomini del clan Virgara era “l’uomo da giù”, cioè dall’Aspromonte. Si sarebbe trasferito a Milano per prendere in mano le redini dell’attività di spaccio, rimasta scoperta dopo l’arresto (insieme ad altri 11 soggetti) dei fratelli FrancescoAntonio e Salvatore Barbaro, tutti e tre di Locri, nell’ambito di un’inchiesta che il 23 ottobre 2018 aveva portato all’arresto dei principali narcotrafficanti imparentati da parte di madre e di nonna con la ‘ndrina Papalia, radicata a Buccinasco. ‘Quadrato’ il nome dell’operazione, come quello della vasca di cemento al Villaggio Giardino dove sono soliti giocare i bambini, resa fatalmente teatro di scambi di bustine e valigie anche alla luce del sole, ed anche a minorenni. I Barbaro vengono condannati con rito abbreviato il 7 giugno 2019 per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti: Francesco a 12 anni e 8 mesi, Antonio a otto anni (entrambi con l’aggravante del metodo mafioso), Salvatore a sei anni e 8 mesi. Nella loro attività si sarebbero serviti di un gruppo di spacciatori maghrebini a loro completa disposizione, mentre il ‘corriere’ Federico Pellegrini (condannato a 9 anni con rito abbreviato) avrebbe rifornito di cocaina i pusher delle principali piazze di spaccio controllate dalla cosca. Base operativa per lo stoccaggio era l’appartamento in zona Navigli di Francesco Truglia (condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione), per lo smercio il bar Night and Day di Corsico, di proprietà dei Trimboli. Come Natale Trimboli (condannato a 3 anni di reclusione e 14mila euro di multa), fratello del titolare di un bar prima appartenuto ai Papalia. D’altra parte, e per motivi diversi, anche nel ramo di questi ultimi si vantano cospicue condanne (con tanto di 41-bis): due all’ergastolo, nei confronti di Antonio e Domenico Papalia, rispettivamente capo-bastone della ‘ndrina di Platì e boss di spicco legato al clan De Stefano, e una durata 25 anni (fino all’ammissione a una casa lavoro e alla successiva revoca della sorveglianza speciale) a carico di Rocco Papalia, per il suo coinvolgimento – al pari di Antonio – nell’inchiesta ‘Duomo Connection’ di fine anni ’80 sui boss siciliani e  gli amministratori milanesi coinvolti in un fitto giro di droga, mazzette e concessioni edilizie. Altro importante legame quello fra la moglie di Francesco Papalia – ossia la nonna dei fratelli Barbaro – e il cognato Francesco Barbaro, detto Ciccio u castanu, padre di Rocco Barbaro, detto U sparitu, che – stando alle intercettazioni alla base dell’operazione ‘Platino’ – avrebbe svolto il ruolo di capo dei capi del crimine ‘Lombardia’ (dapprima ricoperto da Pasquale Zappia) nel periodo di reggenza e fino al suo arresto avvenuto nel maggio 2017. Nonostante la tabula rasa fatta dai militari di Corsico sotto la guida del capitano Pasquale Puca e del tenente Armando Laviola, i narcos del Villaggio Giardino si sono riorganizzati. Il metodo non è cambiato: utilizzo di nomi in codice e linguaggio cifrato, identificazione in base alla targa delle auto civili della polizia, ricorso a basi logistiche per lo stoccaggio e la vendita al dettaglio della droga. Questa volta, però, gli elementi di prova delle indagini sorte da una partita di 1,25 chili droga e sfociate nell’operazione ‘Quadrato 2’ sembrano suggerire ancora più risolutamente la pista dell’associazione mafiosa. A parlare in questo senso, le numerose intercettazioni, riprese, localizzazioni satellitari degli indagati. Come nel caso delle violenze che Saverio Barbaro minaccia di fare a chi non paga (“Lo scanno vivo”, “…con le ossa rotte te ne vai”, “Te lo dico una volta, due volte, tre, non te lo voglio più dire”), del modo con cui si rivolge a Francesco Marzano descrivendo i suoi affari come un “lavoro”, o della densità dei contatti che gli affiliati regolarmente intrattengono fra loro per decidere prezzo e quantità (e conseguente ripartizione degli utili) della vendita di cocaina. Ma il grado di pericolosità dell’associazione si coglie ancora meglio nell’insidiosa modalità di infiltrazione del platiota Luigi Virgara, il vero artefice della rigenerazione del clan, inizialmente come bidello supplente nel liceo Vico di Corsico, quindi (nel 2018) al primo posto nella graduatoria del personale ATA all’interno dell’Istituto omnicomprensivo di Corsico, per poi approdare al Don Pino Puglisi di Buccinasco. Gli stessi luoghi dove i narcos si ritrovano a discutere e a scambiarsi informazioni su come organizzare lo spaccio. Proprio Virgara, secondo quanto riferito agli inquirenti dal pentito Domenico Agresta (che di Virgara è il cugino), sarebbe stato un punto di riferimento nelle importazioni di quintali di cocaina dalla Colombia verso le piazze di spaccio di Milano e Volpiano. Di questi carichi, una parte poteva essere trattenuta a Platì “per tagliarla e rivenderla nei momenti difficili”. La cittadina della Locride con poco meno di 4mila anime rimane un punto nevralgico da cui passa tutto il commercio di cocaina destinato all’hinterland milanese. A gestirlo, sempre secondo il collaboratore Agresta, sarebbe stato il fratello di Virgara Michele Sergi, affiliato all’omonima ‘ndrina con la dote di vangelo. Questi “si occupava degli investimenti per l’acquisto di cocaina, poi le mandava al nord”, dove gli affari diventavano di competenza del fratello Luigi. A finire in carcere nell’ambito della stessa inchiesta “Quadrato 2” sono anche i gemelli milanesi Marcello e Roberto Perrone (34 anni), insieme ad altri cinque agli arresti domiciliari e altri due con obbligo di firma. Di Milano sono anche Giuseppe D’Amato (38 anni), cliente al servizio dei narcos del quale Barbaro si sarebbe lamentato alludendo alla scarsa qualità della sua ‘merce’ (“La ragazza è bella ma non balla, la macchina è esteticamente bella, ma le prestazioni sono scadenti”) e Francesco Marzano (34 anni), il cui appartamento in via Vespucci 23 sarebbe stato uno dei principali luoghi di incontro e di scambio. Tra questi anche la trattoria Da Franco di Rozzano, i parcheggi del Campo Comunale Cereda e il parco Pertini di Cesano. Barbaro, Marzano, Perrone: erano questi, insomma, i nomi che giravano negli ambienti della droga, che loro erano in grado di acquistare e rivendere agli spacciatori di Corsico. Da più parti non si è esitato a definire la zona tra i territori più difficili dove operare per far fronte alla malavita organizzata. Il vero campo di battaglia resta però il processo. È qui che potranno essere fatti valere elementi decisivi, non solo parentele pesanti, per consentire ai giudici di certificare la sussistenza dell’aggravante mafiosa. I presupposti, dal metodo dell’intimidazione al controllo del territorio, anche stavolta ci sono tutti Alessandro Girardin. Nov 4, 2020 WordNews