Le pagine di “CIÒ CHE INFERNO NON È” dedicate a PAOLO BORSELLINO e sua figlia LUCIA

Ricordiamo grande uomo, Paolo Borsellino, proponendo la lettura di una paginetta del libro “ciò che inferno non è” di Alessandro D’Avenia.

Ciò che inferno non è” dedicate a Paolo Borsellino e sua figlia Lucia.  Nel tardo pomeriggio Roberto, un professore, collega e amico di don Pino, legge il discorso che hanno preparato insieme: «Sono le sette di mattina di un giorno di luglio come questo, il 19 dell’anno scorso. Benché sia domenica, Paolo Borsellino si è svegliato presto come sempre. Nella stanza in cui sta lavorando alla luce ancora fresca del mattino, sua figlia Lucia è seduta sulla poltrona. Non se ne accorge tanto è preso da quella lettera, l’ulti- ma pagina del magistrato. È la risposta a un’insegnante che lo ha invitato a partecipare a un incontro con dei ragazzi. Per una serie di disguidi, il giudice non è riuscito a intervenire né a scrivere, così la docente gli ha inviato un’altra lettera, lamentandosi del suo silenzio. Mortificato, Borsellino si scusa per la mancata presenza all’incontro e risponde ad alcune domande che la professoressa gli poneva.
Il lavoro di quei mesi non gli ha consentito di trascorrere del tempo con i suoi figli: dormono quando esce di casa e al rientro è così tardi che sono già a letto. Quella domenica si è imposto di passarla con la famiglia, ecco perché all’alba è già al tavolo. Lucia racconta che il padre viene interrotto da una telefonata e solo allora si rende conto della sua presenza sulla poltrona nell’angolo dello studio. Le chiede se quel giorno ha voglia di andare al mare: la preparazione di un esame universitario le ha impedito fino a quel momento di prendere il sole. “Magari riuscirò a vederti un po’ abbronzata.” Le propone di fare un tuffo a mare, poi di andare insieme a trovare la nonna e poi di nuovo a casa: lui a lavorare, lei a studiare. Lucia rifiuta perché è il compleanno di un’amica che l’ha invitata a pranzo e con la quale farà il ripasso finale per l’esame. Dalla stanza di quell’amica, mentre studiano, Lucia sentirà l’esplosione della bomba sotto casa della nonna. La bomba che uccide suo padre e avrebbe ucciso anche lei.
Era una domenica in cui si era imposto di non lavorare e aveva portato sua moglie al mare. Poi era sparito con un amico per una gita in barca, senza avvertire la scorta, che lo aspettava a riva con apprensione. Avrà osservato per l’ultima volta la sua città, il suo immenso porto, dal mare. Quello stesso mare dal quale oggi spira quest’aria fresca e pulita.
Oggi tocca a noi ricordare quest’uomo che diceva a sua moglie: “Come sarebbe bella l’Italia se ciascuno realizzasse un suo piccolo sogno e lo offrisse agli altri”, e dimenticare invece la parola scritta nell’ultima riga della sua ultima lettera alla professoressa: “consenso”. “La forza della mafia è nel consenso” scriveva Borsellino. 
Oggi noi siamo qui per ricordare un uomo che ha cercato di cancellare questa parola e ha pagato con la vita.
Ecco perché il comitato inter condominiale, con l’appoggio del centro Padre Nostro, ha richiesto ufficialmente che via Brancaccio venga re intitolata via Falcone e Borsellino. Perché, come dice sempre 3P, è dalle piccole cose che comincia ogni grande cambiamento.»
Il pubblico è numeroso. Una giornalista prende appunti. L’articolo le costerà il posto nel giornale per cui lavora. E non sarà l’ultima a commettere un simile errore: dire la verità.
Quando il professore finisce di leggere, il silenzio riempie per qualche secondo la piazza e i balconi e le finestre e il cielo. Poi un applauso porta via quel silenzio, scacciandolo insieme alla paura.

TAlessandro D’Avenia, “Ciò che inferno non è“, (pp.221-3)