16 Novembre 2021 IL NOTIZIARIO NET
Due poliziotti in borghese, impegnati in un’operazione di pedinamento e osservazione a Turate, sono stati scambiati per emissari mandati dalla Calabria e aggrediti da sei presunti affiliati alla cosca che sono tra i 54 arrestati questa mattina in Lombardia, tra Varese e Como.
L’episodio emerge dalle 1.500 pagine del decreto di fermo della Dda Milanese eseguito nell’ambito di una vasta operazione contro la ‘ndrangheta che oggi ha portato complessivamente ad oltre 100 arresti su tutto il territorio nazionale.
Il 19 ottobre 2019, mentre si trovavano a Turate in un’area riservata al parcheggio di camion e rimorchi di un’azienda che stamane è stata sequestrata per infiltrazioni, i sei soggetti tenuti sotto controllo si sono accorti della presenza dei poliziotti in borghese e si sono avvicinati all’auto con fare minaccioso. Uno del gruppo, ha iniziato ad inveire in dialetto calabrese: “Scendi dalla macchina, ti taglio la testa, tu sei calabrese?… tu sei calabrese? … questo è territorio dei Piromalli, sei venuto nella tana del lupo, non passare più di qua, mi devi pagare i teloni, tu l’altra volta sei venuto, mi avete tagliato i teloni, scendi merda, scendi che vi taglio la testa, vi ammazzo…” L’uomo avrebbe anche colpito con uno schiaffo uno degli ufficiali di Polizia, che successivamente si è qualificato.
Anche questo episodio, come molti altri, è finito nel voluminoso incartamento che oggi ha portato agli arresti effettuati in diversi comuni tra le province di Como e Varese per episodi che coinvolgono, tra gli altri, Turate, Lomazzo, Fino Mornasco.
Si tratta di una lunga e articolata indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Milano e condotta dalla Squadra Mobile di Milano, unitamente al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Como.
La complessa attività di indagine, sviluppatasi in coordinamento tra la DDA di Milano e la DDA di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire la storia di circa quindici anni di presenza della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra le province di Como e Varese, evidenziandone la vocazione sempre più imprenditoriale e
svelandone le modalità di mimetizzazione e compenetrazione con il tessuto economico-legale.
Si tratta di persone di origine calabrese provenienti dalla piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, che, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne è derivata, hanno in un primo periodo posto in essere, in modo stabile e continuativo, una serie indeterminata di delitti di estorsione, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione, costringendo gli imprenditori lombardi al pagamento di ingenti somme di denaro per
poi acquisire la totale gestione e controllo di attività economiche.
La ndrangheta in Lombardia in tre periodi distinti dal 2007 ad oggi
In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:
– periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali;
– periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;
– periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi su larga
scala gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.
Molteplici sono stati i settori in cui vi sono indizi gravi che gli indagati siano riusciti ad estendere il loro controllo, dal settore del trasporto conto terzi alla ristorazione ai servizi di pulizia e facchinaggio, caratterizzandone ognuno con il marchio dell’acquisizione illegale e/o della gestione illegale, in spregio di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori.
Agli indagati viene, altresì, contestato in via indiziaria l’utilizzo di modalità estorsive, di violenze e di fatti di illecita concorrenza che avrebbero consentito di gestire i sub appalti di una nota e storica società lombarda operante nel settore della produzione di bevande e connessa logistica. Le commesse di trasporto così illecitamente acquisite venivano poi spartite tra i vari affiliati consentendo a tutti lauti guadagni accresciuti, altresì, dal ricorso sistematico a false fatturazioni.
‘Ndrangheta, aggrediti poliziotti della Mobile scambiati per affiliati a un clan rivale
L’episodio, avvenuto nel parcheggio di una ditta comasca sequestrata per infiltrazioni mafiose, emerge nel decreto di fermo della Dda Milanese
Turate (Como) – Hanno aggredito due agenti della squadra mobile di Milano durante un servizio di pedinamento, scambiandoli per calabresi mandati al Nord da altre famiglie per il controllo del territorio.
L’episodio emerge dalle 1.500 pagine del decreto di fermo della Dda Milanese eseguito nell’ambito di una vasta operazione contro la ‘ndrangheta che oggi ha portato in tutta Italia a un centinaio di misure cautelari. Come si legge nell’atto, sei dei presunti affiliati alle cosche, il 19 ottobre 2019, mentre si trovavano a Turate (Como) in un’area riservata al parcheggio di camion e rimorchi, ossia i mezzi pesanti riferibili alla Sea Trasporti Srl (stamane sequestrata per infiltrazioni), al termine di una sorta di riunione si sono accorti dei due estranei. Quindi hanno accerchiato i due poliziotti, che si trovavano suun’auto civetta.
Poi, uno dei fermati, brandendo un bastone lungo un metro, e dopo aver preso a calci una delle macchine, ha minacciato gridando in dialetto calabrese: “Scendi dalla macchina, ti taglio la testa, tu sei calabrese?… tu sei calabrese? … questo è territorio dei Piromalli, sei venuto nella tana del lupo, non passare più di qua, mi devi pagare i teloni, tu l’altra volta sei venuto, mi avete tagliato i teloni, scendi merda, scendi che vi taglio la testa, vi ammazzo…”. Dopo di che l’indagato ha preso a schiaffi sulla guancia sinistra uno dei due ufficiali, i quali infine si sono qualificati.
Una grossa operazione della Guardia di Finanza di Como e della Squadra mobile della questura di Milano ha portato al fermo di 54 persone legate alla cosca Molè della ‘ndrangheta. Le forze dell’ordine hanno sequestrato oltre una tonnellata di cocaina e beni per 2,2 milioni di euro.
La presunta associazione di stampo mafioso operava a Como, Varese e Reggio Calabria, ma aveva diverse ramificazioni all’estero. Le accuse riguardano, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, spaccio di stupefacenti, traffico di armi, frode fiscale, bancarotta e voto di scambio. Gli investigatori hanno raccolto molte intercettazioni, dove si fa chiaramente riferimento a pratiche di ‘ndrangheta.
Questa è solo l’ultima delle tre operazioni di un’inchiesta portata avanti Direzione distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze. Complessivamente, fino ad ora, sono state ordinate 104 misure cautelari, che vanno dal fermo, agli arresti domiciliari, al carcere. Tra gli indagati c’è anche Marino Carugati, l’ex sindaco di Lomazzo, in provincia di Como.
L’inchiesta ha messo in luce un complesso traffico di stupefacenti provenienti dall’estero. La cocaina sequestrata martedì era stata importata dal Sudamerica e fatta arrivare in Italia dal porto di Livorno e soprattutto da quello di Gioia Tauro, in Calabria, luogo d’origine della cosca Molè. Lo scalo marittimo calabrese è uno dei principali snodi del traffico di stupefacenti e nel 2020 sono stati sequestrati nel porto più di 6.000 chili di cocaina, rispetto ai 2.200 dell’anno prima.
In generale, il mercato della cocaina è in costante crescita da anni. Nell’ultimo anno i quantitativi sequestrati sono aumentati del 62 per cento e la diffusione del Paese ha registrato un incremento del 30 per cento (sulle base delle segnalazioni e dell’analisi delle acque reflue).
Cocaina: rotte e strategie delle bande criminali
Nell’ultima relazione annuale al Parlamento sulle droghe, si legge che nel traffico di cocaina “la frontiera marittima si conferma lo scenario operativo dove sono state intercettate le maggiori quantità di cocaina: i porti interessati, da sempre la principale via di ingresso della sostanza in Italia, negli ultimi anni si sono moltiplicati confermando la posizione strategica che il nostro Paese riveste per le rotte del narcotraffico”.
La quasi totalità di questi traffici sono controllati dalle associazioni di stampo mafioso, che incassano dalla droga la massima parte dei loro proventi. E la cocaina è la sostanza più diffusa dopo marijuana e hashish.
Il Servizio sanitario nazionale segnala che le persone in trattamento per uso di cocaina presso i Servizi pubblici rappresentano il 39 per cento del totale. Sono aumentate anche le ospedalizzazioni direttamente attribuibili all’uso di cocaina che in un decennio sono passate dal 10 al 23 cento.
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