Non era il capo dei capi…

 
Il personaggio.
Non era dunque il Capo dei Capi, al massimo il capo mandamento della vecchia mafia in disarmo di Trapani, un criminale che si dedicava ai suoi affari privati e amava le cose di lusso. Non avrà successori, perché quella Cosa Nostra, la “sua” Cosa Nostra stragista, era già morta e sepolta con Riina e Provenzano. Non lo dico io, lo affermano inquirenti di esperienza (indicherei tra le altre le parole pronunciate in queste ore da Sabella, Principato, Di Lello).
 
L’arresto.
Nessuno lo copriva, gli guardava le spalle, lo difendeva in armi. Non solo non aveva una “scorta” ma neppure una “sentinella” che lo avvertisse di movimenti sospetti attorno a lui. Non tanto potente, dunque. Si è consegnato per malattia? Il ministro smentisce, ma guardiamo agli illustri precedenti, all’arresto nel corso della storia degli altri grandi latitanti: Michele Greco (del suo imminente arresto fu addirittura avvertito, e a scanso di equivoci per ben due volte, il giornale L’Ora di Palermo), Salvatore Riina, Bernardo Provenzano. Un po’ li trovano, un po’ si fanno trovare e un po’ qualcuno se li vende. Non è giallistico, non è leggendario, è solo banale, come tante altre cose della vita.
 
Le coperture.
Comunque è stato trent’anni a piede libero. E si dice chiedesse soldi a vari sodali per finanziare la sua latitanza. Lo avrebbero aiutato la “borghesia mafiosa” e la massoneria clandestina (la famosa loggia “Scontrino”, una nuova loggia, chiamata,”La Sicilia”, forse da lui fondata). Stringi stringi, a furia di genericità, dalle possibili coperture istituzionali (sempre scabrose, meglio distrarsi da esse) si scende invece al complice silenzio di bottegai e vicini di casa, al selfie con l’infermiere. Dunque, si arriva – dopo avere eluso le coperture istituzionali e politiche – al solito problema antropologico siciliano.
Ma mettetevi nei panni del cittadino che sa bene che ai latitanti di mafia lo Stato ha sempre garantito almeno tre decenni di benessere. Devo andare a denunciarlo proprio io? E se poi mi ammazza e accoppa anche la mia famiglia? Poi c’è anche una certa “voglia di mafia”: si stava meglio quando si stava peggio, perché circolavano più piccioli.
Dal 1992 a oggi, la Sicilia è indubbiamente cambiata. Ma, scriveva De André nella “Buona Novella”, a proposito del non commettere atti che non siano puri, “ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi, che hanno una donna e qualcosa”.
 
Il 41 bis.
“Marciscano e muoiano in galera”. All’inferno, all’inferno. Che l’Antimafia, in ultimo, tenga come ultima trincea il buio di una galera la dice lunga quanto si sia all’opposto di quel “profumo di libertà” invocato da Paolo Borsellino. Forse la difesa del “carcere duro” valeva quando gli stragisti erano impuniti o comandavano dalle carceri. Ma oggi? Non sarebbe il caso, specie da parte dei “liberal”, di trovare nuovi valori che non siano la vecchia ghigliottina?
 
La leggenda.
Ma se non era il Nuovo Capo della Spectre, perché se ne è fatto un mito? In tanti gli hanno dato la caccia in buona fede, non ultimo lo sconosciuto magistrato del suo arresto. Ma quanti apparati in questi tre decenni hanno vissuto all’ombra della caccia grossa al Capo dei Capi della Mafia Mondiale? Quanto è costato cercarlo in giro per il mondo? Non si conoscono le cifre. Visto il finale, non sarebbe bastata la caserma del paese?
Farne una leggenda è servito a una diffusa e capillare rete che affermava: lo Stato, i buoni, hanno sconfitto la mafia dopo le stragi del 92, ma il nostro compito non è ancora finito, Lui è libero. E adesso che è stato preso? Bisognerà comunque fare ravvedere coloro che lo hanno coperto e andare alla ricerca dei suoi segreti. Segreti che, al solito, non verranno mai svelati. Ma comunque si dovrà, ancora una volta, “rieducare” i ragazzi nelle scuole e persino l’intera società. Questo servirà ennesimamente a rifiutarsi di rileggere e riscrivere la storia di un passato che è stato semplificato e distorto dai santini, dalla retorica, dalla religione dei “eroi”. Un esempio su tutti: il depistaggio Borsellino, con tutto quel che di scandaloso comporta ancora oggi.
 
L’Antimafia.
Era già morta di naturale consunzione nel corso delle celebrazioni del trentennale delle stragi. La mafia non è uno spettacolo, ha scritto una volta Falcone. Ma lo erano, nel frattempo, diventate le sue ricorrenze, i suoi famosi “anniversari”. Una specie di “festino”. E ora che il Boss di Tutti i Boss dell’Universo è caduto, adesso che tutti ammettono che una stagione si è chiusa per sempre, che cosa succederà? Una moltitudine di esperti professionisti resterà disoccupata? Panico. Meglio fabbricare un Nuovo Capo, il Successore Designato della Camelot Nera, il novello Cavaliere Oscuro della Eterna Mafia. Senza di essa siamo orfani. Peccato che, nel frattempo, la vecchia mafia – quella reale – si sarà trasformata in qualcosa d’altro che nessuno sa, con i miliardi di un traffico di droga planetario che nessuno ha mai rintracciato e che (questo almeno lo sappiamo) furono riciclati dai big della finanza internazionale (i Sindona, i Calvi, i Gardini). Ma noi ce li siamo persi. E, come è già accaduto per il Covid, che ha sfornato montagne di Nuovi Virologi, l’esperto diffuso di oggi ha coniato nuove teorie, in una girandola di mille certezze che non vogliono giammai essere smentite, a costo di una guerra civile parolaia ma senza esclusione di colpi sui social. Io non mollo e tu mi sei nemico.
Sarebbe bello, invece, abolire per sempre l’Antimafia per ricominciare da semplici, umili domande. Perché sapete cosa c’è? Ogni nostra certezza, oggi, non è più tanto certa. Mi dispiace se questo farà venire ansia.
Benvenuti nel Mafiocene.