30 Gennaio 2023 GLI STATI GENERALI di Roberto Greco
In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo, avvenuta lo scorso 28 gennaio, durante il suo intervento, Lia Sava, Procuratore Generale della Repubblica di Palermo ha indicato come «proprio la cattura di Matteo Messina Denaro dimostra che Cosa Nostra esiste ancora e, superata la frattura fra corleonesi e perdenti, prosegue nei suoi traffici attraverso la strategia della sommersione che ha consentito al latitante più ricercato dell’organizzazione di farsi curare in una clinica di Palermo per un lungo periodo, come negli anni ottanta, allorchè le reti di protezione e l’omertà, ben miscelate, consentivano ad altri mafiosi latitanti di girare indisturbati per le vie della città» e definisce la mafia «liquida, capace di passare attraverso i differenti stati della fisica. A volte è allo stato gassoso e la respiriamo in certi contesti ambigui, dove è difficile toccarla ma se ne avverte l’olezzo della compiacenza e dell’ammiccamento. A volte è solida, fredda come il ghiaccio, taglia e ferisce, perché al bisogno è capace di uccidere ancora. Nel suo stato naturale è fluida, si insinua in ogni spazio lasciato libero dallo Stato e dall’etica ed abbiamo motivo di ritenere che questo spazio abbia dimensioni significative, nonostante i nostri immani sforzi e quelli delle Forze dell’Ordine».
Pizzo e controllo del territorio
Lia Sava, inoltre, afferma che non è terminato il controllo del territorio da parte di Cosa nostra e che «ne è dimostrazione il pagamento del pizzo, ancora troppo esteso, a volte divenuto “un costo di impresa” ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezioni, prassi sconfortante che ha una precisa definizione, dobbiamo dirlo con assoluta chiarezza: si chiama connivenza (…) Perché la mafia scivola individuando le strategie per controllare ogni segmento del nostro territorio, come è avvenuto in certe zone di Palermo durante il Covid, allorchè intercettando bisogni primari, sono stati loro, i mafiosi, a distribuire pacchi di generi alimentari dove gli aiuti pubblici tardavano ad arrivare. E risulta dalle indagini che in tutto il distretto le famiglie mafiose tentano di imporre le proprie decisioni per la risoluzione delle problematiche più varie, dai litigi familiari alle occupazioni abusive di case popolari, alle intercessioni per intraprendere attività economiche, ai rapporti di vicinato, alle modalità e tempi di pagamento di debiti insoluti e provvedono al recupero di oggetti di furti, frequentemente commissionati dagli stessi sodali e sono sconcertanti gli episodi di compravendita di voti in occasione di competizioni elettorali».
Lucida la sua analisi sul territorio evidenziando che «Cosa Nostra vitale nel territorio della provincia di Agrigento, ove si muove anche con omicidi ed attraverso ingente disponibilità di armi. Cosa Nostra vigorosa nella provincia di Trapani, dove le indagini evidenziano l’inquietante riservata e putrida interlocuzione, al di là della rilevanza penale, fra esponenti mafiosi ed amministratori locali. Un territorio melmoso nel quale rischia di sprofondare la speranza dei tanti cittadini onesti».
Il suo intervento non dimentica l’infiltrazione della mafia nel tessuto imprenditoriale indicando che «Cosa Nostra in tutto il distretto sfrutta abilmente i subappalti per la realizzazione dei suoi obiettivi. La semplificazione di certi meccanismi del sistema degli appalti ci è richiesta dall’Europa, ma dobbiamo fare i conti, e dirlo ancora una volta con estrema franchezza, con le nostre peculiarità criminali e che «dobbiamo agire in fretta anche sul fronte del dark web che stimola la voracità di Cosa Nostra ed è terreno fertile per traffici di armi e trasferimento di criptovaluta di dimensioni inquietanti».
Le carenza di organico
Non manca di evidenziare le carenze di organico della «Procura della Repubblica di Palermo senza dirigente amministrativo e con solo otto sostituti nella Direzione Distrettuale Antimafia, con una carenza di organico complessivo di quindici sostituti. Il quadro desolante non cambia se volgiamo lo sguardo alle altre Procure del Distretto».
Anche perché «con le allettanti risorse del PNRR, ci sarà un’espansione delle attività di Cosa Nostra indirizzate al fine di lucro per aggiudicarsi ricchezza ingente, attraverso il riciclaggio e l’acquisizione di aziende, con l’obiettivo di realizzare posizioni monopolistiche in settori commerciali nevralgici, sfruttando fetide e ben collaudate relazioni con settori corrotti della Pubblica Amministrazione» anche perché «non è facile ricostruire reati contro la pubblica amministrazione ed, invero, da un monitoraggio del mio Ufficio si rileva che, nell’anno trascorso, nel distretto, la maggior percentuale di sentenze di condanna in primo grado ha riguardato reati di competenza del giudice monocratico, a fronte di una percentuale inferiore all’uno per cento di sentenze di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. Le particolari insidie e la vischiosità del contesto ambientale creano, evidentemente, non pochi inciampi nell’acquisizione delle fonti di prova con la conseguenza che per contrastare efficacemente fenomeni corruttivi occorrono anche le intercettazioni, strumento che non va spuntato ma che impone, ne siamo assolutamente consapevoli, il rigorosissimo rispetto delle regole codicistiche, senza perniciose fughe di notizie, così scongiurando in radice ogni oscena invasività nella sfera di terzi estranei al reato».
Emergenza droga e supporto ai deboli
Lia Sava, inoltre, indica che «nella zona del centro storico di Palermo ci sono stati centinaia di reati contro il patrimonio realizzati da bande criminali composte anche da minorenni, a volte in stato di astinenza. Le forze dell’ordine sono impegnate in modo diuturno in tale contrasto e di ciò occorre dare loro doveroso ringraziamento. Ma lo sforzo titanico dovrà proseguire perché le piazze di smercio del crack sono diventate un’emergenza di proporzioni ingenti che rischia di annientare il nostro futuro generazionale ed i soggetti più deboli. Già, i deboli: le donne, i bambini, gli anziani, gli extra comunitari, i lavoratori costretti a prestare la loro opera in luoghi di lavoro senza protezioni adeguate. Ecco i nostri deboli. Il panorama è desolante, con fenomeni di reclutamento di manovalanza, a volte sfruttata senza ritegno, sottoponendo uomini e donne ad iniqui trattamenti lavorativi, per realizzare cospicui guadagni in spregio alla normativa prevista a tutela dei loro diritti».
Morti sul lavoro e femminicidi
Non dimentica di sottolineare quelle che potremmo definire le “stragi infinite”, perchè «a duecento anni dalla rivoluzione industriale, non si deve morire per lavorare. La tutela del lavoratore è sacra, nessuno lo dimentichi» e che «siamo in emergenza anche con riguardo ai femminicidi, ai maltrattamenti e ad episodi di persecuzione che insorgono una volta venuti meno i legami affettivi di coppia e familiari. Ed è un ennesimo scenario inquietante, che non è destinato a mutare senza un salto etico collettivo che educhi al “rispetto dell’altro”».
«Le sfide che dovremo sostenere insieme sono innumerevoli, non ultima quella dell’ormai prossimo avvio del processo penale telematico che, senza un sostanzioso e ad un tempo sofisticato potenziamento dei sistemi informatici in uso, rischia di metterci in ginocchio. In questo scenario complesso la magistratura requirente infonderà grande impegno per far sì che i concetti di tempo, di ottimizzazione, di impegno siano funzionali ad amministrare la giustizia in maniera eccellente per tutti, anche per gli ultimi, per quelli che, forse più di altri, hanno fame e sete di verità. Daremo il massimo perché la corsa contro il tempo per attuare le riforme e la necessità di ottimizzare risorse insufficienti non restituiscano una giustizia in due proiezioni perché, al contrario, intendiamo declinare un unico paradigma di giustizia dove il carcere, umanizzato, sia l’estrema ratio per i reati più gravi e non una pena afflittiva solo per i soggetti più deboli e poveri. Vogliamo un servizio giustizia che sia uno dei cardini attraverso cui realizzare una società di eguali, non solo declamata nelle pubbliche manifestazioni ma davvero realizzata, in ossequio all’art.3 della Costituzione» ha concluso Lia Sava.