Messina Denaro e le polemiche: l’antimafia non sorride mai

 

 

I cattivi piangono, ma i buoni non sorridono mai. Viene catturato Matteo Messina Denaro, dopo una latitanza trentennale, grazie a uno splendido colpo investigativo. Uno si aspetta il giubilo commisurato al peso criminale del personaggio. Invece, quello che tutti, quando non era ancora compiuto, avrebbero definito il più clamoroso arresto degli ultimi anni, si è come successivamente dissolto e banalizzato, nel giudizio di troppi, nel suo divenire realtà.

Proprio come una sorta di strano meccanismo psicologico che toglie valore a ciò che si è, finalmente, concretizzato. Per non parlare dei sospetti, così, tanto per sospettare a vanvera, senza elementi di conforto. L’attitudine a porsi delle domande è sacrosanta, purché ci si basi su dati di fatto. Al contrario, si è assistito all’insorgere di una sfiducia morbosa, qualunquista e ingenerosa nei confronti di chi ha lavorato notte e giorno per assicurare alla giustizia un latitante di prima grandezza, nella classifica dell’orrore mafioso.

Correttamente, il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, ha annotato:“Non c’è stato nemmeno il tempo di ringraziare le forze dell’ordine che già si sentiva di ombre sull’ attività investigativa condotta. Ciascuno può fare i commenti che vuole, d’altronde esistono anche i terrapiattisti, ma le speculazioni devono fermarsi davanti ai fatti”.

Già il professore Costantino Visconti aveva detto a LiveSicilia.it: “Ci fa paura la prospettiva di vivere senza mafia. Come se non potessimo psicologicamente rinunciare a un punto di riferimento anche negativo, a una orrenda certezza, ma pur sempre certezza. C’è una radice di fondo, un vaso comunicante tra chi sta dalla parte dei cattivi e alcuni che, stando dalla parte dei buoni, non riescono a non riempire ogni evento di retro-pensieri complottisti. Questo legame oggettivo è, appunto, la sfiducia nello Stato”. 

Nuovo giro, altra polemica, differente nello specifico e, tuttavia, profonda come una crepa. Qualche giorno fa il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha incontrato Maria Falcone, sorella di Giovanni, con tanto di foto social. Una ricucitura dopo le tensioni dei mesi scorsi, quando la stessa Falcone aveva aspramente criticato il candidato sindaco del centrodestra, sulla vicenda dei cosiddetti ‘impresentabili’. “E’ inaccettabile – diceva la professoressa Falcone – che in una città che per anni è stata teatro della guerra che la mafia ha dichiarato allo Stato e che ha contato centinaia di morti sia ancora necessario ribadire che chi si candida a ricoprire una carica importante come quella di sindaco e qualsiasi altra carica elettiva debba esplicitamente prendere le distanze da personaggi condannati per collusioni mafiose”.

Ancora una volta il riferimento scontato – scrivemmo allora – era a Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento di Cosa nostra, e a Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il primo alleato, nel centrodestra, il secondo simpatizzante di Lagalla.

Ieri, una lettera pubblicata da ‘Repubblica’ ha registrato il cocente disappunto del giudice Alfredo Morvillo, fratello di Francesca: “Caro direttore, avendo appreso dal suo giornale del clamoroso riavvicinamento della professoressa Maria Falcone al sindaco Lagalla, le sottopongo una mia breve riflessione. Ancora un episodio tipico di una Palermo che non trova il coraggio di posizioni di chiusura intransigente verso scelte inaccettabili in tema di lotta alla mafia. Poco importa chi siano i singoli protagonisti di questa triste storia infinita di una città, che non riesce ad acquisire una mentalità di grande rigore verso tutto ciò che ha anche il più lieve odore di mafia”.

Una posizione durissima, chiosata dalla replica di Maria Falcone: “Una volta che i cittadini l’hanno eletto, Lagalla è il capo dell’amministrazione. Non legittimo nessuno. Lo hanno legittimato gli elettori. Giovanni mi ha lasciato un insegnamento. Le istituzioni vanno rispettate e Lagalla è il sindaco di Palermo”.

Quali che siano i pensieri circa il terrapiattismo sulla cattura di Messina Denaro o sull’ennesimo squarcio nel fronte dei buoni, di coloro, cioè, che dovrebbero portare, con spirito di condivisione, il vessillo della memoria e della militanza, l’evidenza delle cose appare sconsolante. La mafia sta, verosimilmente, abbastanza male, grazie ai colpi inferti dagli onesti servitori dello Stato. Ma l’antimafia non sta affatto bene. O, perlomeno, non sorride mai.