«La mafia prima delle stragi del 1992, effettuò dei “sondaggi” con “persone importanti” appartenenti al mondo economico e politico», ha detto sempre Giuffrè, il quale ha anche riferito che «in quel periodo erano ben pochi i sostenitori di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino», i quali «non interessavano proprio a nessuno» e non erano ben visti neppure all’interno della magistratura.
Nella decisione di eliminare i due magistrati palermitani aveva avuto un peso proprio il loro isolamento.
La strategia terroristica di Salvatore Riina traeva la sua forza dalla previsione (rivelatasi poi infondata anche a causa della paura insorta in buona parte del mondo politico e della conseguente reazione dello Stato) che passato il periodo delle stragi si sarebbe ritornati alla normalità». «Riina e Provenzano – ha aggiunto Giuffrè – erano in contatto con personaggi importanti».
A parlare dell’isolamento di Borsellino, anche la moglie, Agnese Piraino Leto. «Ricordo perfettamente – aveva detto la consorte di Borsellino – che sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini senza essere seguiti dalla scorta. In tale circostanza, Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere».
«Egli avrebbe dunque espresso la convinzione – scrivono i giudici di Caltanissetta – secondo cui personaggi estranei a cosa nostra avrebbero, di lì a poco, organizzato o comunque partecipato alla sua eliminazione, percependo dunque come proveniente da “fuoco amico” le minacce rivolte nei suoi confronti». GDS 8.4.2023
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