BAIARDO, GRAVIANO, DELL’UTRI, BERLUSCONI … e i conti in rosso di “Non é l’Arena”…


 

 

4.5.2023 Giletti e la cancellazione di Non è l’Arena prima delle puntate sulle stragi: «La Dia dice che Graviano copre Berlusconi»

Prima della cancellazione di Non è l’Arena il conduttore Massimo Giletti aveva detto a Marco Lillo, vicedirettore de il Fatto Quotidiano, che la trasmissione si sarebbe occupata delle indagini sui rapporti tra Silvio Berlusconi, Marcello dell’Utri e Cosa Nostra. Lo racconta oggi proprio Lillo, specificando che Giletti gli aveva chiesto di partecipare in qualità di esperto. E che gli aveva spiegato la scaletta della trasmissione, che si sarebbe occupata delle conversazioni intercettate e dei milioni di euro da Berlusconi a Dell’Utri. Oltre che dei rapporti tra quest’ultimo e la mafia. Il 12 aprile Giletti aveva mandato a Lillo un messaggio: «Poi ci dobbiamo vedere per pianificare». Il giorno dopo Non è l’Arena è stata cancellata da La7.

L’informativa

Per questo adesso sotto la lente torna l’indagine dei pm di Firenze sulle stragi del 1993. E su quella mancata del 1994. Con un occhio particolare a Giuseppe Graviano. Madre Natura, capo del mandamento di Brancaccio, avrebbe infatti confidato al compagno di detenzione Umberto Adinolfi un segreto che riguarda il fallito attentato ai carabinieri allo stadio Olimpico di Roma. Luca Turco e Luca Tescaroli indagano sui mandanti occulti. Il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza ha raccontato che poco prima del giorno pianificato per la strage incontra Graviano nel bar Doney di via Vittorio Veneto a Roma. Nell’occasione questi gli confida di aver trovato un accordo con Berlusconi e Dell’Utri per la risoluzione dei suoi problemi giudiziari. Ma l’attentato all’Olimpico deve andare in scena lo stesso, come ultimo avvertimento.

L’incontro al bar Doney

Graviano ha negato l’incontro al bar Doney con Spatuzza. Ha confermato invece gli incontri con Berlusconi, ma all’interno di una tesi piuttosto complottistica che vedeva alcuni imprenditori della Palermo Bene intenti a foraggiare il Cavaliere per le sue imprese con addirittura 20 miliardi di lire dell’epoca. E ha negato la presenza di Dell’Utri. Oggi, scrive ancora il Fatto, un’informativa della Direzione Investigativa Antimafia di Firenze ipotizza che Graviano voglia coprire Berlusconi. E punta il dito sulla conversazione del boss con Adinolfi. Durante la quale Graviano avrebbe detto che la strage mancata del 1994 gli sarebbe stata chiesta proprio da Berlusconi. Scrive la Dia: «Adinolfi sembra convinto che Silvio Berlusconi avesse anch’egli interagito con Giuseppe Graviano al fine far terminare il periodo stragista (“per bloccare l’azione”), ma al contrario, quest’ultimo prima risponde negativamente: “Noo!” e poi aggiunge: “Anzi meglio, anzi… lui mi disse, dice: ‘Ci volesse una bella cosa’”. Secondo l’interpretazione della Dia la “bella cosa” sarebbe l’attentato di cui Graviano parlò ai tavolini del bar Doney a Gaspare Spatuzza nel gennaio 1994 per chiedergli di dare ‘il colpo di grazia’».

L’interrogatorio di Graviano

Giuseppe Graviano, però, sentito nel 2020 e nel 2021 dai pm di Firenze, ammette che si riferiva a Berlusconi solo quando parlava degli investimenti del nonno e della sua delusione per le leggi sul 41 bis. E a domanda specifica “Ci dica se Berlusconi è stato il mandante delle stragi?” il boss glissa: “Non lo so se è stato lui”. Ciò nonostante, nella sua informativa la Dia lo scrive chiaro e tondo: «Graviano ha inteso ‘coprire’ Berlusconi, non lo ha voluto tradire raccontando tutto quello che sa, sia nei rapporti con suo nonno e suo cugino, sia in rapporti ulteriori e diversi di cui Berlusconi era attore, ma che non ha voluto specificare». Resta il fatto che a fine gennaio 1994 Graviano viene arrestato a Milano. E da quel giorno è al 41 bis.

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21.4.2023 – Mentana rinvia la trasmissione sul caso Giletti-La7

Il conduttore di “Non è l’Arena” ha chiesto espressamente di rinviare l’approfondimento previsto per domenica dopo un incontro in procura a Firenze “Massimo Giletti mi ha appena inviato un breve messaggio video all’uscita dalla Procura di Firenze. Lo potete vedere sul sito e sui social del tgLa7. È ovvio che di fronte alle argomentazioni che potete sentire non si può che raccogliere la richiesta di Giletti di rinviare la trasmissione di domenica prossima. Nel colloquio immediatamente successivo all’invio del video, si è convenuto di riprovarci appena le ulteriori indagini che si sono aperte potranno consentire una testimonianza televisiva adeguata per lo scopo della trasmissione”. Lo scrive sul suo profilo Instagram il direttore del TgLa7, Enrico Mentana. AGI 


18.4.2023 Enrico Mentana e La7 annunciano lo speciale sul caso Giletti: “Non nascondiamo nulla”

“Sul caso Giletti continuo a pensare che queste crisi si superano solo con la chiarezza. So che Giletti non informò l’editore Cairo né della foto fantasma fattagli intravedere da Baiardo, né della conseguente convocazione dai pm fiorentini. È nelle prerogative di un editore sospendere un programma, ma forse Urbano Cairo non poteva immaginare che sarebbero poi emersi tutti questi elementi, che rischiano di dare allo stop di Non è l’arena un segno diverso. Massimo Giletti è ancora sotto contratto, e la domenica resta libera. E allora per domenica prossima stiamo pensando a una trasmissione che affronti tutte le questioni più scottanti emerse attorno a questa vicenda, adeguata testimonianza del fatto che da noi non si nasconde nulla, soprattutto quando si parla di mafia. E chissà che poi…” 



«Non è l’Arena? Ha chiuso per l’Auditel. E Baiardo voleva dare una mano per trovare pubblicità»

Entrate e uscite

Quella che racconta il Foglio è una storia di contabilità spicciola. Per Non è l’Arena nell’ultimo mese la situazione si stava facendo insostenibile. La trasmissione raccoglieva nell’ultimo mese 50 mila euro di pubblicità e ne costava 200 mila. Ovvero più del normale costo di un talk show, secondo il quotidiano. Dunque in passivo. Per questo Cairo ha fermato il programma. Che agli esordi, ovvero nella stagione 2017.2018, aveva una media spettatori di un milione e quattrocentomila. Nei successivi cinque anni li ha però dimezzati: la media è arrivata a 779 mila. In questa stagione l’Auditel era tornato a crescere. Ma la pubblicità non entrava comunque. «Praticamente nessuno è disposto a pagare per avere uno spot di biscotti dentro a una trasmissione che quando hai finito di vederla ti fa venire voglia di uscire di casa e spaccare le vetrine», dice l’amministratore delegato di una concessionaria in anonimo.

L’azienda di olio d’oliva di Corleone

Giletti, in questo quadro, era consapevole del calo di introiti pubblicitari e se ne lamentava. Tanto che a un certo punto Salvatore Baiardo si sarebbe offerto lui di trovare degli inserzionisti pronti a investire nella trasmissione. E qui, visti i precedenti, magari qualcuno a La7 si è preoccupato. Tanto che Freemantle, la casa di produzione che confeziona il programma, ha dovuto far ricontrollare tutti i passaggi pubblicitari di questa stagione. Per verificare che non fossero spuntate le pubblicità di qualche azienda di Corleone che commercia in olio d’oliva. Come nel Padrino parte II. Intanto Giletti potrebbe tornare in Rai. Anche se lo stesso Baiardo ha detto di non crederci. E viale Mazzini ha smentito. Fino a luglio il conduttore non potrà parlare della chiusura. Visto che è sotto contratto con La7.


Lo stop a “Non è l’Arena”, Cairo: “Giletti ha avuto totale libertà”

“Giletti ha condotto in 6 anni 194 puntate di “Non è l’Arena” dove ha potuto trattare in totale libertà tutti gli argomenti che ha voluto inclusi quelli relativi alla Mafia sulla quale ha fatto molte puntate, con tutti gli ospiti che ha voluto invitare. Gli auguro di trovare la stessa libertà incondizionata nella sua prossima esperienza televisiva o di altro genere”. Così, l’editore de la7 Urbano Ciaro chiude la polemica attorno allo spegnimento della trasmissione “Non è l’Arena” in onda fino a domenica scorsa sulla rete Ieri, all’ora di pranzo, il comunicato (stringato) dell’azienda: “La7 ha deciso di sospendere la produzione del programma “Non e’ l’Arena” che da domenica prossima non sara’ in onda. Si ringrazia Massimo Giletti per il lavoro svolto in questi sei anni con passione e dedizione. Massimo Giletti rimane a disposizione dell’Azienda”.  Quindi, poco dopo la replica del giornalista: “Prendo atto della decisione di La7. In questo momento, l’unico mio pensiero va alle 35 persone che lavorano con me da anni e che da un giorno all’altro – senza alcun preavviso – vengono lasciate per strada”.  Due comunicazioni, due virgolettati, a impacchettare una notizia il cui contenuto è ancora misterioso, ma che riguardando la televisione, in particolare uno dei volti più noti, era gioco forza attirasse su di sé molte attenzioni e curiosità di giornata, anche perché non capita tutti i giorni che un programma venga fulminato così, a cielo a quanto pare solo apparentemente sereno. Di Massimo Giletti, però, negli ultimi tempi, in effetti si era parlato, in due contesti diversi, a dire il vero. C’era il Gilletti finito nell’occhio del ciclone per aver raccolto a NON E’ L’ARENA le rivelazioni del pentito di mafia salvatore Baiardo, che aveva rivelato le difficili condizioni di salute di Messina Denaro ipotizzando una resa ormai prossima prima che il latitante venisse arrestato (ed è lo stesso Giletti tornato di recente a  denunciare di aver subito minacce di morte). E c’è il Giletti tornato a vedere nei giorni scorsi il suo nome avvicinato alla RAI, l’azienda di Stato dalla quale nel 2017 era venuto via non senza polemiche, al punto da voler anteporre al suo programma andato in onda qui, su questa rete, un bel NON davanti al suo ex programma L’ARENA. Così fino, appunto, fino a domenica scorsa, in questa storia in pollici le cui uniche certezze, finora, come in una famosa opera d’arte di Man Ray, sono proprio i contorni… A promettere la soluzione dell'”enigma”, è lo stesso Giletti: “tutto si chiarirà al momento giusto”.

 


Giletti, “sdegno assoluto”. Reazione dell’avvocato di Berlusconi alle accuse su Graviano

Una reazione forte ad accuse gravi. “Non posso che manifestare il mio più assoluto sdegno per quanto è stato pubblicato oggi da varie testate. Sono accuse infondate e offese gravissime che calpestano la storia di un uomo che, oltre ad essere uno dei più grandi imprenditori italiani, ha ricoperto per ben quattro volte il ruolo di Presidente del Consiglio”. A scriverlo in una nota è l’avvocato di Silvio Berlusconi, Giorgio Perroni, in merito agli articoli di stampa sull’esistenza di una presunta foto risalente al 1992 che ritrarrebbe il Cavaliere – al momento ricoverato in terapia intensiva – insieme al boss mafioso Giuseppe Graviano e al generale dei carabinieri Francesco Delfino. “Del resto – prosegue Perroni – da almeno un quarto di secolo tutte le più assurde accuse di presunta mafiosità contro Silvio Berlusconi si sono sempre dimostrate false e strumentali, tant’è vero che ogni volta gli stessi inquirenti hanno dovuto ammettere che erano infondate, disponendo l’archiviazione di tutti i vari procedimenti penali. Ora viene riattivato il circo mediatico, questa volta attorno a una foto spuntata all’improvviso dopo trent’anni, la cui esistenza è smentita dal diretto interessato”. Secondo le ricostruzioni di alcuni quotidiani, della foto avrebbe parlato il giornalista Massimo Giletti ai magistrati della procura di Firenze che indagano sulle stragi del 1993. La foto sarebbe stata mostrata a Giletti dal pentito Salvatore Baiardo, ospitato dal conduttore nel suo programma Non è l’Arena, sospeso dalla rete La 7 due giorni fa. “Devo poi rilevare – afferma ancora l’avvocato di Berlusconi – che tutto questo avviene perché la stampa ha in mano documenti che non potrebbero circolare in quanto coperti da segreto istruttorio, senza che peraltro la magistratura si attivi in modo deciso per mettere fine a una fuga di notizie che va avanti da troppo tempo. A tal proposito, ci riserviamo di adire tutte le competenti sedi giudiziarie contro questo uso indegno di informazioni riservate”. “Va poi detto che questa fuga di notizie e il clamore mediatico che ne consegue sono ancor più intollerabili, e lo dico in questo caso non solo da avvocato di Silvio Berlusconi, ma anche da cittadino, perché si verificano proprio nei giorni in cui il Presidente è ricoverato e sta combattendo una battaglia molto delicata” sottolinea il legale, che conclude così il suo messaggio, attaccando il sistema giudiziario: “Quanto dovremo continuare a tollerare un sistema in cui i processi si fanno prima sui giornali che nei tribunali, in violazione della legge e senza alcun rispetto per le persone?”.  


 


 

LA STAMPA 16.4.2023

Cairo risponde a Deaglio: “Mai stato spaventato, Giletti sempre libero”

Gentile Direttore, ho letto l’intervista rilasciata al suo giornale da Enrico Deaglio. In merito ad un nostro incontro, a gennaio di quest’anno, sostiene che mi trovò spaventato per la trasmissione di Massimo Giletti alla quale aveva partecipato con Baiardo in studio. Non ero per nulla spaventato, lo dimostra il fatto che Giletti è andato in onda tranquillamente per molte puntate dopo il nostro incontro, affrontando lo stesso argomento in totale libertà. Ricordo anche che lo stesso Deaglio partecipò subito dopo, ospite in studio, ad una puntata di Atlantide con Andrea Purgatori, sulla cattura di Messina Denaro. In merito alla battuta su Dell’Utri, ovviamente si parlava di questioni legate a dinamiche e rivalità tutte aziendali, di tempi passati e lontani. LA STAMPA

 


Giletti via da La7, Deaglio: “Cairo spaventato. Quando lavorava con Berlusconi fu messo in guardia su Dell’Utri”. L’editore smentisce


 


 

 


BAIARDO MI FECE VEDERE UNA FOTO DI B. CON GRAVIANO”

Massimo Giletti ha raccontato ai pm di Firenze che Salvatore Baiardo gli mostrò una foto nella quale, a suo dire, erano ritratti insieme il generale dei carabinieri Francesco Delfino, l’allora imprenditore Silvio Berlusconi, e il boss – probabilmente latitante allora – Giuseppe Graviano.
Indubbiamente una foto scoop, se vera: un generale dell’arma passato anche dai Servizi Segreti, l’uomo più ricco e potente d’Italia e il boss che ha concepito assieme a Totò Riina le stragi del 1992 e 1993, quelle nelle quali sono morti bambini innocenti e magistrati eroi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Niente male. I tre, secondo la ‘didascalia’ orale, riferita da Giletti ai pm come un de relato di Baiardo, stavano seduti da qualche parte. Furono ritratti di nascosto da qualcuno. Chissà chi. Comunque, secondo Giletti, poteva esserci sotto un ricatto.

Il protagonista, il narratore e regista della storia della foto del generale con il boss e il futuro premier è il solito Salvatore Baiardo, divenuto famoso per la profezia sull’arresto di Messina Denaro, ospite dal 2021 in più puntate di Non è l’arena su La7, noto ai lettori del Fatto da una dozzina di anni, già gelataio a Omegna sul lago d’Orta, vicino a Novara, dove ospitava e portava in giro per il Nord Italia i fratelli Graviano latitanti, e per questo condannato nel 1997 per favoreggiamento.
Giletti ha messo a verbale la storia della foto e tante altre cose.
Per esempio che Baiardo collegava nei suoi discorsi la questione dei tempi di pubblicazione della foto (a suo dire ritraente Berlusconi e Graviano) con l’ABOLIZIONE DELL’ERGASTOLO OSTATIVO per i boss non pentiti, come Graviano appunto.
Giletti ha raccontato il tutto ai pm. Anche di quando Baiardo si disse in grado di mostrargli un documento che riguardava la trattativa Stato-mafia, documento che sarebbe stato necessario distruggere.
Tutto questo Giletti, essendo impossibilitato a verificarlo e narrarlo in tv, decide di metterlo a conoscenza dei pm, più di tre mesi fa, per una sua scelta di coscienza.
I pm fiorentini ritengono attendibile la sua versione. Per capire se l’immagine esista davvero, se sia una foto vera o meno, se ritragga i soggetti indicati secondo Giletti da Baiardo o meno, i pm hanno ordinato alla Dia di cercare la foto chiedendola prima a Giletti, che però ha confermato di non averla mai avuta.
Nessuna perquisizione quindi né acquisizione di atti nei confronti del giornalista.
Men che meno un’indagine sui compensi (che ci sono ma non sono il focus dell’inchiesta nonostante le notizie uscite ieri) pagati a Baiardo.
L’ultimo fronte dell’indagine, è bene ribadirlo, ha il suo centro nella ricerca di una foto che potrebbe essere, “ove esistente”, scrivono i pm, la prova dei rapporti il boss Graviano e Berlusconi prima dell’arresto di quest’ultimo.
Per questo i pm hanno ordinato di perquisire Baiardo, altro che i compensi pagati da Giletti come soffiato ieri a giornalisti in buona fede da qualche fonte imbeccata ad arte.
Il Fatto ha letto il decreto di perquisizione. Le sette pagine firmate il 23 marzo dai pm Luca Turco e Luca Tescaroli descrivono una storia davvero inquietante per varie ragioni.
Poiché si tratta di una questione delicatissima, di un racconto (tutto da verificare) che accosta l’uomo più potente per decenni e tuttora più famoso d’italia, Silvio Berlusconi, al boss stragista più carismatico e importante in vita (e in salute) e poiché c’è un giornalista minacciato e scortato che è stato ‘rimosso’ in tronco dalla sua rete tv e che è molto esposto per quel che ha dichiarato ai pm su questioni importanti, la cosa migliore è far parlare le carte dell’accusa.
Non prima di aver premesso che Berlusconi ha sempre negato di avere avuto rapporti con Graviano, che Baiardo è un ex favoreggiatore e che Graviano è un boss non pentito che sta facendo certamente il suo gioco.
Il decreto di sequestro porta il numero del procedimento 16249/2022 R.G.N.R.
E questo fa pensare che siamo alla quinta apertura delle indagini sulle stragi a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’utri.
I pm, come già fatto negli anni Novanta, 2000, 2010 e 2020 hanno chiuso l’inchiesta nel 2022 alla scadenza, per riaprirla subito con l’autorizzazione del Gip, alla luce degli ultimi elementi raccolti.
Per giustificare la perquisizione a Baiardo a caccia della foto di Berlusconi con Graviano, i pm nel primo paragrafo elencano gli elementi del “fumus commissi delicti”. Baiardo è terzo non indagato. Indagati sono Berlusconi e Dell’utri.
Scrivono i pm che il 19 dicembre 2022 hanno sentito come persona informata dei fatti “il giornalista Massimo Giletti, in quanto, sabato 5 novembre 2022, è stata mandata in onda, durante la trasmissione che conduce Non è L’arena ( . . .) un’intervista rilasciata da Salvatore Baiardo”.
Lo scopo era farsi “spiegare come sia nato il rapporto con il predetto e se abbia avuto modo di verificare se lo stesso avesse la disponibilità di materiale relativo ai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, inerente agli indagati Berlusconi e Dell’utri”.
Giletti ha raccontato tra l’altro: “Baiardo mi ha raccontato, ai primi di luglio (3-4-5) di quest’anno (2022, ndr) dell’esistenza di una foto che ritrae il generale Delfino, che abitava sul lago d’Orta, Silvio Berlusconi e Graviano Giuseppe.
In una circostanza… me l’ha fatta vedere, senza consegnarmela, tenendola lontana da me, eravamo in un luogo scuro in un bar (…) vicino a Milano.
Mi è parsa una foto del tipo di quelle ‘Autoscatto macchinetta usa e getta’, ho visto raffigurate tre persone sedute in un tavolino.
Berlusconi l’ho riconosciuto, era giovane, credo fosse una foto degli anni Novanta. Sono certo – mette a verbale Giletti – fosse lui anche perché in quel periodo lo seguivo giornalisticamente”.
A quel punto i pm chiedono al giornalista perché Baiardo gli avesse mostrato quella foto.
Giletti replica: “Dal momento che ho sempre messo in dubbio le sue dichiarazioni. Il fatto ad esempio che Dell’utri chiamasse a casa sua e che lo stesso Baiardo passasse a Graviano le telefonate di Dell’utri, che giungevano sia sul fisso sia sul cellulare, in quanto Graviano non aveva nulla di intestato personalmente.
Credo, quindi, che per dimostrare che i rapporti li teneva mi abbia fatto vedere la foto. Ritengo che abbia tentato di verificare quanto fossi interessato e che cosa fossi disponibile a fare per renderla pubblica.
Fece anche cenno a un proposito di mandarla ai magistrati: 
‘Questa potrebbe un domani arrivare ai magistrati se le cose non vanno in un certo modo’”.
Così gli avrebbe detto Baiardo, lasciando intendere di poter tenere sotto scacco Berlusconi.
Giletti prosegue: “Gli risposi che la foto non solo io la dovevo toccare, ma anche far esaminare, per verificare se fosse un falso, perché dovevo essere sicuro di quanto pubblicavo. Ritengo che Baiardo abbia voluto verificare la mia reazione. Non posso escludere che volesse anche del denaro”.
Quindi Giletti dice di avere visto, ma di non aver potuto toccare né verificare l’autenticità della foto. I pm aggiungono: “Va sottolineato, altresì, che al termine dell’escussione, Massimo Giletti ha evidenziato di avere intenzione di continuare ‘a cercare il contatto con Salvatore Baiardo al fine di recuperare detta fotografia’, specificando che la ‘circostanza la riteneva importante anche per la mia professione. Se riuscissi ad averla sarebbe uno scoop’”.
I PM hanno a quel punto intercettato e videoregistrato due incontri tra Giletti e Baiardo avvenuti il 21 gennaio scorso a Roma, alla vigilia di una trasmissione dove è stato ospite l’ex gelataio.
Giletti in quegli incontri riparla della foto e Baiardo non lo prende per matto. Anzi.
Così i pm fiorentini si convincono che Giletti è attendibile.
L’ex gelataio su Tik Tok, giovedì scorso, ha negato che la foto esista e ha smentito Giletti sul punto annunciando che probabilmente ora non farà più interviste a La7, ma a Mediaset, che al Fatto smentisce.
I pm di Firenze nel decreto danno conto di quel che Giletti dice sui due incontri e nello stesso decreto spiegano che li hanno videoregistrati, quindi i magistrati sanno dove stia la verità.
“Nel corso del successivo verbale del 23 febbraio 2023 – continua il decreto di perquisizione – Giletti ha riferito di ricordare che nel primo appuntamento in cui si è incontrato con Baiardo ‘il 21 gennaio 2023’ aveva chiesto ‘per quale motivo Berlusconi si sia fatto fotografare con Graviano, gli ho detto che era comprensibile che l’avesse fatto con il generale Delfino, ma l’averlo fatto con Graviano mi sembrava ingenuo per una persona come lui. Da quanto mi ha detto ho compreso che la foto è stata scattata di nascosto e che non era stata fatta con il consenso di Berlusconi. Era dunque stata effettuata per fini di ricatto’”. Giletti quindi inserisce l’ombra del ricatto ma la sua è una considerazione basata su varie conversazioni con Baiardo.
Mi parlò di un documento molto importante sulla Trattativa
PROSEGUONO i pm che Giletti “ha aggiunto che ‘nel corso del secondo incontro che ho avuto con Baiardo mi ha detto che la foto c’è e che, se le cose non dovessero andare in un certo modo, me la potrebbe dare. Baiardo ha anche detto che con tale foto si potrebbe fare un sacco di soldi, ma che non gli interessava la circostanza. Mi ha detto che questo regalo professionale me lo vorrebbe fare entro non molto tempo’.
Alla domanda sul perché Baiardo stesse temporeggiando nella consegna della foto, il giornalista ha risposto: ‘È collegato a un’evoluzione della situazione sull’ergastolo ostativo.
Faccio notare che Baiardo mi ha chiesto di mandare in onda l’intervista prima dell’8 di novembre, giorno della decisione della Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo’ (Giletti sta parlando dell’intervista fatta nel 2022 a Baiardo sull’arresto di Messina Denaro, ndr)”.
“E ancora – proseguono sempre i pm – (Giletti, ndr) ha evidenziato che Baiardo ‘mi ha parlato di un documento molto importante, nel corso del primo incontro di sabato 21 gennaio prima della trasmissione, che mi avrebbe fatto vedere, senza consegnarlo e che avrebbe poi strappato. Questo documento che avrebbe fatto chiarezza sulla trattativa’.
I due incontri tra il giornalista e Baiardo – scrivono sempre i pm – sono avvenuti all’hotel Hilton Garden Inn (a Roma, ndr) e sono stati oggetto di intercettazione e di ripresa video.
Orbene, la verifica dell’effettiva disponibilità di tale effigie e del documento afferente alla trattativa è dato significativo per dimostrare i rapporti e la frequentazione tra Giuseppe Graviano, che si assume essere parte dell’accordo stragista, e Silvio Berlusconi, controparte dello stesso, posto che tale foto, ove esistente, può essere stata effettuata prima del 27 gennaio 1994, data dell’arresto di Giuseppe Graviano”.
“Quest’ufficio – concludono i pm – ha necessità di riscontrare le recenti dichiarazioni rese a questa Procura da Giletti, in relazione al possesso attuale di documenti utili alle indagini da parte di soggetti a lui vicini (i pm evidentemente indicano ‘lui’ riferendosi a Baiardo, non a Giletti, ndr), al fine di verificare la sussistenza dei rapporti finanziari dallo stesso indicati che costituirebbero antefatto rispetto alla strategia che ha portato all’esecuzione delle stragi del biennio 1993-1994”.
Nel decreto i pm accennano solo a una “previa richiesta di consegna a Salvatore Baiardo e/o al giornalista Massimo Giletti”. 
Poi però, in caso di mancata consegna, dispongono la perquisizione del solo Baiardo, non di Giletti.
I pm scrivono chiaramente che cercano “la fotografia ritraente Silvio Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale Francesco Delfino, nonché il documento che si assume idoneo a fare chiarezza sulla Trattativa”.
A tal fine, la perquisizione è “finalizzata al rinvenimento dei documenti e dei relativi flussi comunicati anche conservati nei supporti informatici”. Marco Lillo sul Fatto del 15/04/2023


Giletti e lo stop a ‘Non è l’Arena’: “L’Italia non è ancora pronta ad ascoltare certe verità, fa più comodo tenerle nei cassetti”

Sono passate ventiquattr’ore dallo stop alla produzione di Non è l’Arena decisa da La7: ventiquattr’ore di ipotesi, smentite, polemiche. Dalle ospitate retribuite del prestanome dei fratelli Graviano, Salvatore Baiardo, alle indagini dell’Antimafia. Dal futuro del conduttore Massimo Giletti all’ultimo strappo con Urbano Cairo.
Giletti racconta di essere rimasto “basito” dalla decisione della rete, alla luce del fatto, fa notare, che il programma vanta “una media di circa il 6%”. A Valerio Staffelli di Striscia la notizia che è andato a consegnargli il solito tapiro, ha aggiunto scherzando: “Bisogna chiedere a Urbano Cairo il perché mi abbiano mandato via, forse l’ha fatto perché sono juventino. Magari vengo a Mediaset”. E sulla discussa messa in onda dello speciale su Matteo Messina Denaro, ha risposto: “L’Italia non è ancora pronta ad ascoltare certe verità, fa più comodo tenerle nei cassetti”.
Una frase a cui a stretto giro ha risposto proprio Cairo: “Giletti ha condotto in 6 anni 194 puntate di Non è l’Arena dove ha potuto trattare in totale libertà tutti gli argomenti che ha voluto inclusi quelli relativi alla Mafia sulla quale ha fatto molte puntate, con tutti gli ospiti che ha voluto invitare. Gli auguro di trovare la stessa libertà incondizionata nella sua prossima esperienza televisiva o di altro genere”.
Dunque il futuro è già lontano da lì? Giletti non “rimane a disposizione dell’Azienda”, come si leggeva nella nota stampa di Cairo che ieri annunciava la sospensione della trasmissione domenicale? Neanche a farlo apposta, si direbbe, domenica al posto di Non è l’arena andrà in onda il film Un colpo perfetto.
A La7 intanto le bocche sono perlopiù cucite. “Alle 13.41 di ieri, 13 aprile, stavamo lavorando al programma che sarebbe dovuto andare in onda domenica. Alle 13.42 eravamo senza lavoro”, racconta una delle 35 persone che collaboravano alla realizzazione di “Non è l’Arena”. Sandra Amurri, giornalista della trasmissione, aggiunge ipotesi personali: “Mi chiedo: c’è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete, possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni al programma? E non sia, invece, scaturita dal susseguirsi di inchieste su fatti di mafia-politica-servizi deviati-massoneria, già in parte noti, ma prevalentemente, solo agli addetti ai lavori? E, aggiungo, non sia invece scaturita dalle inchieste in cantiere su altre verità nascoste sui cosiddetti “intoccabili”?”. Poi aggiunge, confermando il via vai alla Dda fiorentina: “Non resta che sperare che la Procura di Firenze che ha ascoltato Massimo come persona informata dei fatti, e interrogato Baiardo, possa dare le adeguate risposte in tempi ragionevoli”.
Giletti è stato ascoltato due volte dalla Dda di Firenze che indaga anche sulle stragi del 1993: una prima volta a dicembre, dopo l’intervista che il 5 novembre del 2022 Baiardo rilasciò a Non è l’arena con la profezia dell’arresto di Matteo Messina Denaro; una seconda volta a febbraio dopo la seconda apparizione nel programma tv del prestanome dei mafiosi. Con il procuratore Luca Tescaroli, Giletti avrebbe parlato anche del cachet erogato a Baiardo per le partecipazioni. Un compenso confermato anche dalla produzione del programma televisivo.
Di certo c’è l’indagine della Direzione distrettuale antimafia fiorentina che già dallo scorso anno ha acceso un faro attorno alla partecipazione del factotum dei Graviano. Partecipazione interrotta proprio ieri, poco prima che venisse reso noto lo stop alla trasmissione di Giletti, da un video su TikTok dello stesso Baiardo: “Ho abbandonato un po’ La7, adesso ci sono delle nuove iniziative con nuove tv, non sono più a La7, probabilmente mi vedrete in Mediaset: lì almeno lasciano dire quello che uno pensa, non ti condizionano nel parlare”, ha detto il gelataio di Omegna, anche stavolta profetico.
Di certo ci sono state anche le indiscrezioni su un riavvicinamento tra Giletti e la Rai, la prima azienda in cui ha lavorato da conduttore. Nulla più che indiscrezioni però secondo il giornalista che ha smentito “categoricamente incontri sia con dirigenti che con funzionari della televisione pubblica aventi per oggetto questo tema”, ovvero il suo futuro. “Voglio che sia chiaro per il rispetto che devo ad entrambe le aziende, sia a quella per cui ho lavorato in passato, sia a quella per cui resto a disposizione oggi”.
Anche Giampaolo Rossi, possibile futuro direttore generale Rai, ha affermato che “nessun incontro, neppure casuale, è mai avvenuto tra il dottor Giletti e me” e che la notizia di “presunti ripetuti incontri è destituita di ogni fondamento”. La Rai ha spiegato che Giletti non avrebbe mai visto, se non per un breve scambio di saluti il 10 gennaio in occasione della conferenza stampa del programma Mixer, nemmeno Roberto Sergio, direttore di Rai Radio e “indicato come prossimo amministratore generale”. Nessuno spiega ancora però chiaramente le ragioni di una così clamorosa cancellazione.  LA REPUBBLICA 14.4.2023


Un ritorno di Massimo Giletti in Rai? Salvatore Baiardo: «Non credo, magari si apre un canale YouTube» – Il video

«Non so se Massimo Giletti riuscirà a firmare un contratto in Rai. Mi auguro che ci riesca perché è una persona che sa fare il suo lavoro, però nutro dei forti dubbi». Salvatore Baiardo – l’ex gelataio molto vicino ai fratelli Graviano – torna a parlare della recente sospensione di Non è l’arena e lo fa con una nuova diretta sul suo canale TikTok. Ieri il programma di Giletti su La7 è stato sospesodall’editore Urbano Cairo, che però non ne ha spiegato i motivi. Una delle ipotesi è che il conduttore abbia pagato in nero Baiardo in cambio di alcune sue rivelazioni a Non è l’arena. Fu proprio l’ex gelataio infatti a profetizzare l’arresto di Matteo Messina Denaro e a rivelare che era molto malato. «L’unica cosa per cui mi dispiace della sospensione di Non è l’arena sono le 35 persone che ora sono senza lavoro. Sono persone fantastiche, che si sono messe a disposizione su tutto con una gentilezza e squisitezza che non ho mai trovato altrove», ha aggiunto Baiardo nella sua diretta social.
In merito al suo futuro, Baiardo ha confermato il suo imminente passaggio a Mediaset. «Ve l’avevo annunciato: perché non vado più da Giletti? Perché non c’è più Non è l’arena. Perciò ho preso contatti con Mediaset e adesso vi aggiornerò su quando sarà la prima serata, perché ho molte cose da dire», assicura. E a chi gli chiede un parere sulle indagini a carico di Silvio Berlusconiin relazione alla presunta trattativa Stato-mafia, Baiardo risponde così: «Bisogna smetterla con questa storia per cui Berlusconi è un deliquente. Sono fantasie delle procure che lo tirano in ballo da trent’anni». L’ex gelataio e amico dei fratelli Graviano annuncia che «a giugno ci saranno belle sorprese». Per quanto riguarda il futuro di Giletti, invece, Baiardo aggiunge: «Ormai tutti hanno un canale YouTube. Se non firmerà il contratto con la Rai, magari ne aprirà uno anche lui».


“Non è l’Arena”, quando Dell’Utri si arrabbiava con Giletti per la puntata sulla mafia e la cena rivelata da Baiardo

L’intercettazione

Il quotidiano oggi racconta di un dialogo con l’avvocata Enrica Mascherpa che risale al 24 giugno 2021. Al centro del colloquio c’è la puntata di “Non è l’Arena” in cui si è parlato della trattativa. La Direzione Investigativa Antimafia di Firenze scrive in un rapporto inviato a Luca Tescaroli e Luca Turco che durante la telefonata la legale di Fininvest propone una “contro-comunicazione” mediatica. E invita Dell’Utri a un pranzo nel ristorante Quattro mori di Milano insieme ad Alfredo Messina, vicepresidente di Mediolanum e tesoriere di Forza Italia. Dell’Utri invece è preoccupato perché in vista del processo la puntata «può influenzare i giudici. Questi sono dei delinquenti con cui non c’è niente da fare». Giletti ha continuato a fare puntate sulla mafia dopo questa cena. E soltanto successivamente ha invitato Baiardo a parlare in tv. Secondo il conduttore però proprio le puntate su Cosa Nostra hanno portato alla chiusura.

La cena e Baiardo

Intanto ieri Baiardo ha parlato di una cena tra Giletti e Urbano Cairo, l’editore di La7. Sostenendo che il conduttore avrebbe taciuto l’esistenza del colloquio tra i due nel ristorante Pierluigi di Roma. Il Fatto Quotidiano oggi dettaglia i contorni di quella cena. Una decina di giorni dopo la puntata di febbraio con Baiardo ospite Giletti e Cairo erano con il sottosegretario alla cultura del governo Meloni GianMarco Mazzi e l’a.d. di La7 Marco Ghigliani. Non si parlò, secondo la ricostruzione dei protagonisti, di Baiardo. Ma invece dei costi del programma. Considerati da Cairo un po’ alti. Successivamente, è la ricostruzione, l’azienda aveva mandato segnali rassicuranti al conduttore sul rinnovo del contratto. Al contrario di quello che invece si sosteneva ieri riguardo la chiusura causatadall’Auditel.


 

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E Dell’Utri mobilitò Fininvest contro Giletti: “Questi sono delinquenti influenzano i giudici”

Alla vigilia della sentenza del processo d’appello per la trattativa Stato-mafia, l’imputato Marcello Dell’Utri si preoccupa delle trasmissioni televisive in cui si parla di Cosa nostra e dei complici dei boss. L’informazione che vede in tv o legge su alcuni libri di saggistica lo rende nervoso. E così, il 24 giugno 2021, l’ex senatore di Forza Italia chiama al telefono la responsabile dell’ufficio legale di Fininvest, l’avvocata Enrica Mascherpa, e accenna la situazione che lo preoccupa: è la diffusione della puntata della trasmissione di La7 Non è l’Arena di Massimo Giletti, andata in onda pochi giorni prima. Da


Chiusura di Non è l’Arena, ecco gli audio del processo ‘Ndrangheta stragista che non andranno in onda su La7

LaC News24 ha seguito e approfondito tutte le fasi dell’inchiesta condotta a Reggio Calabria, dalla quale Massimo Giletti avrebbe voluto attingere per le prossime puntate della sua trasmissione

Quella foto sbiadita, brandita da Salvatore Baiardo e sulla quale Massimo Giletti avrebbe riconosciuto con certezza il solo Silvio Berlusconi e non gli altri due uomini ritratti, potrebbe essere il tassello mancante di un mosaico che passa da Firenze, prim’ancora da Roma e Reggio Calabria, ma che inizia a Palermo e termina Milano: la stagione delle stragi del ’92-’93, iniziata in Sicilia e proseguita nel Continente, non un semplice attacco diretto allo Stato per piegarlo al “papello” di Cosa nostra, ma una strategia della tensione ben più cinica e raffinata, ordita con la complicità di poteri e mandanti occulti per instaurare un nuovo ordine politico e istituzionale all’alba della Seconda Repubblica.

La foto esiste davvero?

Secondo la Verità, l’ex gelataio con la passione del poker amico dei fratelli Graviano avrebbe mostrato il presunto scatto anche a Paolo Mondani di Report, anche in questo caso senza consegnarlo. Ci ha quindi provato con il conduttore di Non è l’Arena, il quale – ha scritto Marco Lillo sul Fatto Quotidiano, nel riportare un passaggio chiave del verbale reso ai pm di Firenze il 19 dicembre 2022 – ha riferito di non averla mai avuta in mano e di aver comunque dubitato della genuinità della sua fonte, procedendo con cautela alle necessarie verifiche. La foto è autentica? Gli altri due uomini sono davvero il boss mafioso e stragista Giuseppe Graviano e il defunto generale dei carabinieri e già al funzionario dei servizi segreti Giuseppe Delfino? Giletti sarebbe stato intenzionato ad andare avanti ricomponendo i pezzi del mosaico, nell’attesa di chiarire (o scoprire) l’autenticità del tassello mancante.

Cono d’ombra sul processo ‘Ndrangheta stragista

Ed i pezzi del mosaico – in sostanza – erano già però già stati riordinati, dopo anni di indagini e udienze dibattimentali, dal più importante procedimento giudiziario in corso in Italia, che le grandi cronache nazionali (salvo rare eccezioni) hanno sin qui ignorato: ’Ndrangheta stragista, istruito dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo. Un maxiprocesso che è tale malgrado abbia soltanto due imputati – entrambi condannati all’ergastolo anche in appello – ritenuti (dai magistrati requirenti) gli ingegneri delle stragi ma non i soli committenti: Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio espressione della Cupola di Cosa nostra, in Sicilia e fuori dalla Sicilia, e Rocco Santo Filippone, espressione dell’alta ‘Ndrangheta, in Calabria. Rimasto in un cono d’ombra, la fine anticipata di Non è l’Arena su ‘Ndrangheta stragista finisce con l’accendere i riflettori paradossalmente più di quanto non abbia fatto la messa in onda della trasmissione stessa, chiusa – secondo quanto riportato da Salvatore Merlo su il Foglio – non per ragioni di censura ma per il calo degli ascolti, degli introiti pubblicitari e, quindi, della sua anti-economicità lamentata dall’editore Urbano Cairo.

Gli audio che Non è l’Arena non potrà rilanciare

Resta che la fine di Non è l’Arena ferma la ricostruzione del mosaico e a spiegarlo è un articolo di Paolo Orofino su Il Quotidiano del Sud, il quale evidenzia non solo il crescendo di attenzione del programma verso il materiale acquisito nel fascicolo del pubblico ministero di Reggio, ma anche la circostanza che lavorava ad alcuni file audio di ’Ndrangheta stragista. Fonte qualificata, essendo il cronista calabrese uno dei giornalisti che collaborava con Giletti nel reperimento del materiale processuale, in gran parte cristallizzato nel prezioso archivio di Radio Radicale. Quali erano gli audio? E quali connessioni esistono tra le deposizioni dibattimentali davanti ai giudici reggini e la presunta foto ritraente Berlusconi assieme a Graviano e al generale Delfino, la cui esistenza ora è addirittura negata da Baiardo che però – secondo quando scrive Lirio Abbate su Repubblica – ne ribadiva l’autenticità nelle intercettazioni acquisite dai pm di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco.

«Il Paese nelle mani»

Il primo, processualmente forse il più importante tra tutti, è quello relativo alla deposizione di Gaspare Spatuzza, resa tanto a Reggio in ‘Ndrangheta stragista quanto a Palermo al processo Trattativa Stato-mafia. Spatuzza, il pentito la cui attendibilità ha consentito di riscrivere la storia dello stragismo, raccontò in particolare dell’incontro al bar Doney di via Veneto, a Roma, con un Giuseppe Graviano decisamente raggiante, che gli avrebbe fatto «il nome di Berlusconi» e avrebbe fatto riferimento «al nostro compaesano Dell’Utri». Secondo Spatuzza, Graviano disse che «grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle mani». Siamo alla genesi della Seconda Repubblica e al decollo di Forza Italia, che – secondo i magistrati – rappresentava il nuovo investimento delle mafie dopo il crollo della Democrazia cristiana e della Prima Repubblica ed il tramonto dei movimenti separatisti meridionali. Ma Giletti sarebbe stato interessato anche ad approfondire non solo le intercettazioni in carcere su Giuseppe Graviano nel carcere di Ascoli Piceno, ma pure le dichiarazioni rese dallo stesso boss di Brancaccio in relazione ai soldi che dalla Sicilia suo nonno avrebbe portato nelle casse delle società immobiliari di Berlusconi per la costruzione di Milano 3.

Il generale dei misteri

E il generale Delfino? Nulla nel processo ‘Ndrangheta stragista lo accosta a Berlusconi, Dell’Utri o Graviano, ma il suo nome è stato tirato fuori da alcuni pentiti in relazione ai suoi presunti rapporti con il boss ergastolano Domenico Papalia, specie in riferimento all’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, il quale avrebbe scoperto il legame tra lo stesso Papalia ed i servizi segreti. Papalia e Delfino erano entrambi originari di Platì. Platì ad un certo punto si trasferì in Lombardia, dove a Buccinasco fondò la cosiddetta Platì del Nord. Anche Delfino, in quegli anni, prestò servizio da ufficiale dell’Arma nella regione più ricca del Belpaese, distinguendosi nella stagione dei sequestri di persona. E proprio in quegli anni – raccontò ai pm di Reggio Calabria il pentito Nino Fiume – a Papalia giunse una ‘mbasciata dalla Locride, in particolare da Peppe Morabito il Tiradrittu, a sua volta interessato da Cosa nostra: non si doveva sequestrare «il figlio di Berlusconi».   LACNEWS 19.4.2023

 


 

Massimo Giletti chiude la puntata della sua trasmissione su Rtl parlando dell’improvviso stop del suo “Non è l’Arena”. Il giornalista ringrazia La7 per il lavoro svolto in questi anni, ma dichiara di non poter parlare approfonditamente per rispetto all’azienda.

Dopo la sospensione del suo programma tv, “Non è l’Arena“, Massimo Giletti nel corso della sua trasmissione su Rtl 102.5 che conduce con Luigi Santarelli, ha commentato quanto sta avvenendo in queste settimane, in cui sono state maturate varie ipotesi sull’improvviso stop della trasmissione. Il giornalista ha esplicitamente dichiarato di non poter spiegare apertamente per rispetto nei confronti di La7, i motivi di questo blocco, ma dichiara di avere “la coscienza a posto”.

Il commento di Massimo Giletti

Un lungo commento, quello lasciato da Massimo Giletti in chiusura di puntata su Rtl, in cui sottolinea come adoperarsi per portare avanti una certa idea di giornalismo, costruendo un determinato tipo di programma, non sia talvolta ben visto dagli editori, ma dichiara di non poter spiegare come vorrebbe cosa c’è dietro lo stop della sua trasmissione: Vorrei dire tante cose, e verrà il giorno in cui potrò dirle. In questo momento ho tanto rispetto per i magistrati, data la situazione delicata. L’importante è avere la coscienza a posto, poi la verità verrà fuori. Ho un contratto che mi vincola all’azienda in cui ho lavorato per sei anni, e per rispetto a questo contratto non posso parlare senza autorizzazione e chiarire in modo serio. Il giornalista non perde occasione di ringraziare chi, anche solo con un messaggio, ha fatto sentire il suo supporto in una situazione delicata e poco chiara a chi vi assiste dall’esterno: “Devo dire grazie alle centinaia di persone che continuano a mandarmi messaggi di sostegno, non per me ma per tutto il gruppo di lavoro. Nel nostro Paese non è facile fare un certo tipo di televisione, che va a disturbare chi sta nei palazzi, ma bisogna avere il coraggio di farla“. 

Il ringraziamento a La7

Lo sfogo di Massimo Giletti si chiude con un ultimo ringraziamento all’azienda di Urbano Cairo che in questi anni gli ha permesso di portare avanti il suo lavoro, sebbene i temi trattati abbiano infastidito più personalità, secondo quanto racconta il giornalista. Il conduttore, quindi, si congeda dicendo: Quando c’è una situazione delicata, abbiamo il dovere doppio di andare nelle sedi corrette, io l’ho fatto, il resto sono chiacchiere. Ci sono intercettazioni terribili, dove qualcuno di importante dice ‘Va chiuso Giletti’. L’ho letto su La Repubblica, Marcello Dell’Utri. Sono intercettazioni che fanno capire quanto quel lavoro era importante. Ma noi non molliamo e continueremo a farlo. Lo devo alle persone che ci hanno seguito ma per rispetto dell’azienda per cui ho lavorato non posso dire altro, se non ringraziarla per ciò che mi ha fatto fare in questi ultimi anni. Ilaria Costabile 21 Aprile 2023 FANPAGE


Massimo Giletti commenta per la prima volta pubblicamente la sospensione (che in realtà è una chiusura) di Non è l’Arena, il programma che ha condotto per sei stagioni su La7. Il giornalista lo ha fatto poco fa in diretta su RTL 102.5 dove ogni venerdì conduce con Luigi Santarelli il programma Giletti 102.5:

Vorrei dire tante cose, e verrà il giorno in cui potrò dirle. In questo momento ho tanto rispetto per i magistrati, data la situazione delicata. L’importante è avere la coscienza a posto, poi la verità verrà fuori. Ho un contratto che mi vincola all’azienda in cui ho lavorato per sei anni, e per rispetto a questo contratto non posso parlare senza autorizzazione e chiarire in modo serio. Devo dire grazie alle centinaia di persone che continuano a mandarmi messaggi di sostegno, non per me ma per tutto il gruppo di lavoro. Nel nostro Paese non è facile fare un certo tipo di televisione, che va a disturbare chi sta nei palazzi, ma bisogna avere il coraggio di farla. Quando c’è una situazione delicata, abbiamo il dovere doppio di andare nelle sedi corrette, io l’ho fatto, il resto sono chiacchiere. Ci sono intercettazioni terribili, dove qualcuno di importante dice ‘Va chiuso Giletti’. L’ho letto su La Repubblica, Marcello Dell’Utri. Sono intercettazioni che fanno capire quanto quel lavoro era importante. Ma noi non molliamo e continueremo a farlo. Lo devo alle persone che ci hanno seguito ma per rispetto dell’azienda per cui ho lavorato non posso dire altro, se non ringraziarla per ciò che mi ha fatto fare in questi ultimi anni.


Giletti in procura a Firenze: «Sono stato dai pm, situazione complessa e delicata» – Il video

«Ci sono vicende che non possono risolversi in uno studio televisivo, vanno affrontate nei luoghi deputati per farlo, cioè gli uffici di un’azienda. Altrimenti si rischia di finire all’interno di un’aula di tribunale». Massimo Giletti ha condiviso un breve video in cui annuncia che non parteciperà allo speciale di La7 dopo la sospensione di Non è l’Arena. «Di fronte alle argomentazioni che potete sentire non si può che raccogliere la richiesta di Giletti di rinviare la trasmissione di domenica prossima», ha scritto subito Enrico Mentana sui social. «Come vedete», continua il video messaggio di Giletti, «sono appena uscito dalla procura di Firenze e questo vi fa capire la situazione complessa, difficile, delicata che stiamo vivendo. Per questo, pur dicendo veramente grazie a Enrico Mentana, non mi è possibile partecipare allo speciale di domenica di La7. Lo devo soprattutto ai magistrati che stanno lavorando su questa indagine e lo devo forse per rispettare me stesso. Io parlerò sicuramente ma questo non è il momento giusto per farlo e forse non è neanche il modo giusto». Il direttore del Tg La7 Mentana ha aggiunto: «Nel colloquio immediatamente successivo all’invio del video, si è convenuto di riprovarci appena le ulteriori indagini che si sono aperte potranno consentire una testimonianza televisiva adeguata per lo scopo della trasmissione».


BAIARDO, il gelataio di Omegna che favorì la latitanza dei Graviano

 


CASO GILETTI/ Il supereroe di “Non è l’Arena” e la sua kriptonite

Quanto Massimo Giletti sia un epifenomeno della comunicazione moderna è fatto ancora poco chiaro. Le sue trasmissioni assomigliano allo scorrere dei video su di una qualsiasi piattaforma social. Come su un social si passa dalle ricette per la torta ai lanci dello Space X di Elon Musk, da Giletti si passa dalla cronaca rosa alle cose di mafia, con la stessa scenografia e la stessa faccia. Il che non vuol dire sia in sé un male. Fare informazione senza “spettacolo” è ormai quasi impossibile in tv e Giletti lo sa bene. Solo che, dopo aver affrontato tanti casi “minori” di mafia, usati come grimaldello per spiegare come vanno le cose in certe aree del Paese, si è imbattuto nella madre di tutte le questioni. Le stragi di Falcone e Borsellino, il rapporto tra i pìccioli e Berlusconi, la presunta trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia. Il supereroe delle battaglie di retroguardia (per quanto importanti) ha trovato la sua kriptonite. Esposto per alcune settimane al tema, è stato allontanato dallo schermo. I suoi messaggi al popolo della tv, che bene conosce, hanno cambiato a tal punto natura da diventare un dialogo a distanza tra i diversi attori di quegli anni, che hanno preso la telecamera del buon Giletti come un megafono per dirsi (senza dirle) cose a tratti incomprensibili, ma di sicuro inquietanti. E ora che si poteva fare chiarezza, con Chicco Mentana pronto a fare da portatore di luce per Giletti, si ferma tutto. “Meglio il silenzio”, pare sia stata l’indicazione. E quindi tutti zitti ad attendere che i fatti siano chiariti da magistrati ed inquirenti. La questione sembra indefinita e sfocata come una nave che cerca il porto immersa nella nebbia. Ed il suo capitano, smarrito, ha lasciato il comando a piloti diversi che sanno forse meglio orientarsi tra i fumi, a volte diabolici, che esalano dalle parole ambigue di chi di mafia campa.
Adesso che è lontano dalle telecamere, Giletti potrà capire meglio cosa è e cosa vuol essere. Il gioco complicato in cui si è impelagato non prevede sopravvissuti. O si porta a casa un colpevole o si è colpevoli. Giletti è della scuola di Minoli, uno che ha inventato l’infotainment in Italia e da lui ha appreso la lezione del melting pot, del mischione di fatti diversi per tenere la gente legata al video. Da lui ha anche ricavato un certo gusto per le interviste ed una certa attenzione per i personaggi del momento. Il resto ce lo ha messo lui. In primis una certa carica di populismo che serve ad indignarsi senza troppo riflettere, a cui si aggiunge una retorica “della verità” che funziona però da detonatore. Perché chiunque si occupi di informazione in tempo di guerra (e quella alla mafia era ed è una guerra), sa che la prima vittima è la verità e che cercare di tirarla fuori significa, spesso, essere usati da chi ha una sua verità da raccontare in contrapposizione ad altri, per far valere i propri interessi. In guerra conta vincere, in ogni modo, e uccidere i fatti, nascondere gli eventi, mettere a tacere quel che rende meno probabile un vittoria è cosa lecita. Solo dopo decenni, se non secoli, forse la verità può aver senso. Non è un caso che tanti misfatti degli Alleati siano venuti fuori solo dopo settant’anni dalla fine della guerra. O che ancora non sappiamo, e non sapremo fino in fondo, la verità sulle guerre in Iraq, sulla ritirata degli Usa in Afghanistan, su ciò che davvero è accaduto in Vietnam.
La verità, se torna, torna quando i fatti sono freddi, il sangue sparito, i motivi delle guerre sepolti. Interessarsi di quello che accade mentre una guerra viene combattuta significa prenderne parte, essere attori anche senza saperlo, essere usati anche senza volerlo. Ed è perciò necessario stare da una parte. E fare la propria parte in commedia per essere utili.
Stare nel mezzo, in guerra, cercare la verità a prescindere da quale sia la propria parte, significa essere accusati di collaborare con gli uni o con gli altri. Rimanendo schiacciati.
Pertanto cercare la verità rischia di trasformarsi nell’essere megafono per “una verità”, quella che più serve a chi usa quel megafono. Ci vuole quindi tanta forza per essere protagonisti di un tale sforzo, sapere che si rischia oltre alla vita (come in ogni guerra) anche la propria identità. Entrambe cose che, una volta perse, non tornano.
Giletti può scegliere cosa vorrà essere e come vorrà stare in tv. Se il suo sacrificio lontano dal video sarà funzionale a vincere la guerra, sarà stato utile, se poi verrà fuori una verità, che faccia più comodo a qualcuno, lo staremo a vedere. Per ora resta immerso nelle nebbie tutto quel che accade lontano dalle telecamere, fuori da quello spazio domenicale che riempiva di nomi, storielle, indignazioni, fatti che oggi però tacciono. In attesa che le parti in guerra decidano che fare di Giletti. Poi sarà a lui a capire come uscirne. Le vie del Signore sono infinite.