A Catania “dinamica e fluida”, a Palermo “rigida struttura organizzativa”: come cambia la mafia in Sicilia

 

In tutta l’isola, come dimostrato da diverse indagini locali, spesso gli imprenditori si rivolgono al boss per il recupero crediti, per l’eliminazione della concorrenza, per ricevere “protezione”

 

“In Sicilia Cosa nostra continua ad evidenziare l’operatività delle sue articolazioni pressoché in tutto il territorio dell’isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e con rinnovati rapporti con famiglie ormai radicate da tempo all’estero, anche oltreoceano”. Si apre così la relazione della Direzione Investigativa Antimafia che fa riferimento al primo semestre 2022 e che pone, inoltre, l’attenzione sugli appetiti delle mafie verso i fiumi di soldi del PNRR.

La figura di Matteo Messina Denaro

L’ampia disamina della DIA, nell’analizzare la presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso in Sicilia, anche se l’arresto di Matteo Messina Denaro è avvenuto durante la stesura della relazione, indica l’ex latitante come colui che “avrebbe rappresentato per oltre un trentennio la figura di vertice della mafia in provincia di Trapani e non solo” ed evidenzia come «le molteplici e ininterrotte attività investigative degli ultimi anni, avviate a carico dei molteplici fiancheggiatori del boss, hanno contribuito ad indebolire la fitta rete di protezione, rendendone la latitanza sempre più difficoltosa”, come dimostrato dai recenti arresti.

Le attività della criminalità organizzata in Sicilia

La criminalità organizzata siciliana, si legge nella relazione, continua ad annoverare tra le principali fonti di guadagno il traffico di stupefacenti, la gestione del giro di scommesse on line, le estorsioni declinate in tutte le loro forme e, con particolare riferimento alla zona di Palermo, la ricettazione e il riciclaggio di metalli preziosi, provento di rapine e furti, mediante la complicità di alcune imprese commerciali che rientrano nella categoria dei “compro oro” tanto da scrivere che “gli esiti investigativi e le dichiarazioni dei collaboratori documentano come cosa nostra incoraggi i suoi accoliti a «raccogliere” quanto più oro possibile in considerazione dell’alto valore del metallo”.

Le strutture organizzative

Se nel versante occidentale dell’Isola permane una rigida struttura organizzativa, in assenza di un organismo decisionale di vertice non ancora formalmente ricostituito, nelle zone del catanese le famiglie di Cosa nostra si confrontano con altre organizzazioni mafiose ugualmente strutturate e non meno aggressive, stringendo talvolta alleanze criminali finalizzate al raggiungimento di reciproci obiettivi criminali. I sodalizi più strutturati, ai quali non manca la manovalanza criminale poiché attingono alle sacche di emarginazione radicate nelle periferie degradate delle città, risultano avere esteso la propria operatività in tutta Italia.

Il ruolo dei gruppi criminali stranieri e non

Nella relazione si evidenzia come evoluzione dei rapporti tra famiglie mafiose e gruppi criminali formati da stranieri e, in particolare, dai nigeriani, sodalizi basati sul cultismo e identificati da varie sigle, sul conto dei quali sembra essere ormai consolidato. Ad esempio nel palermitano, il loro ruolo di gregari nello spaccio di droga per conto di Cosa nostra ed indica che “nel territorio siciliano non manca, tuttavia, la presenza di altre organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che coesistono prevalentemente con cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di equilibri” e che “nell’area di Agrigento continua a registrarsi la presenza anche della Stidda e di altri sodalizi para-mafiosi, come paracchi e famigghiedde”, mentre nelle province di Siracusa e Ragusa “tangibili risultano le influenze di Cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della stidda gelese, molto diffuse nel solo territorio ibleo”. In tutta l’isola, come dimostrato da diverse indagini locali, il rapporto tra mafioso e imprenditore si è emancipato perché, oltre a pagare il “pizzo”, spesso gli imprenditori si rivolgono al boss per il recupero crediti, per l’eliminazione della concorrenza e per ricevere “protezione”. Questo segnale, rilevano gli investigatori, dimostra un’ulteriore sconfitta dello Stato perché la compagine mafiosa diventa l’entità che tutela, anche con minacce e episodi intimidatori, garante così, a suo modo, la tranquillità dell’imprenditore.

La peculiarità di Catania

Sul versante orientale dell’Isola operano altri sodalizi mafiosi non inseriti in Cosa nostra ma altrettanto pericolosi. In particolare “a Catania la peculiarità del fenomeno mafioso è confermato dalla contestuale operatività di plurimi sodalizi: quelli costituenti vere e proprie articolazioni di cosa nostra e altri, con la medesima connotazione, ma ben distinti”, segno della propensione dei sodalizi catanesi ad espandere la loro zona di influenza nei contesti circostanti. Alla luce di quanto scritto dalla DIA, chi detiene lo scettro del potere catanese? Cosa nostra continua a essere il gruppo criminale di stampo mafioso più forte continua che è rappresentato a Catania “dalle storiche famiglie Santapaola-Ercolano e Mazzei” e nel calatino dalla famiglia “La Rocca”.

Le famiglie catanesi

Dalla mappatura effettuata dalla DIA emerge che in tutta la provincia gli aderenti ai clan Santapaola-Ercolano e Mazzei hanno i loro referenti come dimostra la creazione di una terza famiglia ad Adrano da parte dei Lo Cicero, alleati dei Mazzei. Ma, sempre nel catanese, anche i clan non organici a Cosa nostra hanno forza e grandi capacità criminali e la relazione fa riferimento ai “clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro, Sciuto, Cursoti, Piacenti e Nicotra”. Sembrerebbe consolidata la tendenza di Cosa nostra a trasferire le attività criminali di minore profilo a gruppi organizzati meno strutturati, riservandosi gli ambiti maggiormente remunerativi quali il traffico di stupefacenti su larga scala e, soprattutto, l’infiltrazione nel mondo imprenditoriale creando così una sorta di sub-appalto criminale. La relazione, inoltre, evidenzia come “sebbene ridimensionata da provvedimenti giudiziari succedutisi negli anni e indebolita da una leadership spesso affidata a ‘reggenti’ privi del necessario carisma criminale, continua a rappresentare ‘l’espressione più pericolosa della forza e della aggregazione che ancora oggi il nome Santapaola- Ercolano esercita sulla città e sui paesi della provincia’”.

Il traffico delle droga

Sul fronte del contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, investigazioni concluse nel semestre di riferimento hanno portato alla disarticolazione di varie “piazze di spaccio” dimostrando come il mercato degli stupefacenti rappresenti ancora uno dei settori criminali più redditizi nel quale risulta investire non solo cosa nostra ma anche le altre organizzazioni criminali, italiane e straniere, come dimostrano gli “esiti dell’operazione ‘Empire’, eseguita il 5 aprile 2022 dalla Polizia di Stato di Catania, a carico di alcuni soggetti responsabili di traffico internazionale di mdma, ketamina e marijuana. Le indagini hanno chiarito come le sostanze vietate, vendute con l’utilizzo di criptovalute sul dark web, provenissero da canali olandesi con numerose spedizioni di droga anche in USA, Canada, Australia, Ucraina, Thailandia, India, Israele, Pakistan, Giappone, Nuova Zelanda, Iran e Grecia”.

L’infiltrazione nella pubblica amministrazione

La relazione indica non trascurabile “l’interesse delle organizzazioni criminali nell’infiltrazione della Pubblica amministrazione per condizionare ovvero gestire l’iter di aggiudicazione di appalti pubblici mediante manovre corruttive che possono coinvolgere, tra gli altri, impiegati, imprenditori e tecnici allettati dai facili guadagni” come evidenziato “dagli esiti dell’operazione “Pecunia Portuum” conclusa dalla Guardia di Finanza di Catania il 14 gennaio 2022 con l’esecuzione di un’ordinanza a carico di un funzionario pubblico e di imprenditori edili ritenuti responsabili di turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture e corruzione in relazione alle opere realizzate nel porto di Riposto in difformità al progetto approvato con l’appalto assegnato”.

La mafia a Palermo

“Le attività investigative concluse nel periodo in esame hanno confermato, ancora una volta, la capillare presenza nel territorio della provincia panormita di Cosa nostra che, malgrado la persistente azione di repressione giudiziaria e di prevenzione antimafia, continua a perseguire i propri interessi illeciti all’interno di un ampio ventaglio di ambiti criminali, insinuandosi in ampi settori dell’economia legale e infiltrando finanche le compagini elettive e amministrative degli enti locali» è l’amara riflessione con cui la relazione della DIA apre il ‘capitolo Palermo”. Le principali fonti di guadagno delle famiglie palermitane si confermano il traffico di sostanze stupefacenti e le estorsioni cui Seguono le scommesse on line e le attività di riciclaggio accompagnate da diverse forme d’infiltrazione dell’economia legale.

I mandamenti nel capoluogo

Il potere mafioso è strutturato attraverso i mandamenti: Porta Nuova, Pagliarelli, San Lorenzo-Tommaso Natale, Resuttana, Noce, Passo di Rigano-Bocca di Falco, Villagrazia-Santa Maria di Gesù e Ciaculli, segno che la tradizionale struttura organizzativa continua ad essere rigida anche in provincia, con i mandamenti Misilmeri- Belmonte Mezzagno, Partinico, San Giuseppe Jato, Corleone, San Mauro Castelverde, Trabia, Villabate-Bagheria. Riguardo al riciclaggio e alle infiltrazioni mafiose nell’economia legale, dalla Relazione sull’Amministrazione della Giustizia della Corte di Appello di Palermo si evince che “si deve rilevare che, al contrario della mafia ‘militare’, la mafia ‘imprenditrice’, nel senso più ampio del termine, non mostra segni di cedimento; anzi si può ragionevolmente presumere nel prossimo periodo, anche in considerazione dell’annunciato incremento del PIL nazionale, un’espansione di tutte le attività con fini di lucro, dall’acquisizione di aziende al riciclaggio in ambito nazionale ed internazionale”.

Le estorsioni

Le indagini e le operazioni di contrasto effettuate nel periodo di riferimento, si legge nella relazione, hanno documentato anche “le manifestazioni più tradizionali del potere mafioso esercitato nel territorio, dall’attività estorsiva alla gestione del traffico degli stupefacenti, dall’intestazione fittizia di beni e partecipazioni occulte nelle società, alla organizzazione delle feste rionali nei quartieri del mandamento e, ancora, dalla risoluzione di problematiche (non solo economiche) delle famiglie dei detenuti e la gestione dei dissidi familiari, all’infiltrazione nel settore dei giochi e delle scommesse”.
Seppur nel semestre non si siano registrati nuovi episodi d’infiltrazione nella Pubblica Amministrazione “non va sottaciuta la capacità mafiosa di condizionare, ovvero gestire, l’iter procedurale in materia di appalti pubblici mediante episodi corruttivi che coinvolgerebbero più frequentemente, imprenditori, tecnici e funzionari pubblici, allettati dai facili guadagni. In tale ambito, si evidenzia che, nel periodo di riferimento, permangono i “commissariamenti” dei Consigli comunali di San Giuseppe Jato, di Bolognetta, di Mezzojuso e di Partinico”.

“Tolleranza” verso altri gruppi criminali

Risulta confermata, secondo la relazione, “la “tolleranza” di cosa nostra nei confronti del variegato panorama criminale della provincia riguardante le organizzazioni di matrice etnica, attive in ambiti illegali secondari o di non diretto interesse. In particolare, riguardo ai gruppi nigeriani, nei cui confronti peraltro sono stati riconosciuti giudizialmente i connotati della mafiosità e che si sono insediati nel territorio cittadino palermitano riuscendo a controllare stabilmente attività illegali quali lo sfruttamento della prostituzione di connazionali, nonché il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti”.

QdS 15.4.2023 ROBERTO GRECO

 

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